La variante che “buca” il vaccino è già qui

Dr. Joseph Mercola

articles.mercola.com

Era solo una questione di tempo prima che apparisse un ceppo di COVID-19 resistente ai vaccini, e il momento è arrivato. Come riportato da The Conservative Treehouse il 3 ottobre 2021[1]:

“I risultati di questo studio [2] concordano in pieno con quello che aveva previsto l’esperto di vaccini Geert Vanden Bossche (Belgio). La predominanza di varianti del SARS-Cov-2 resistenti agli anticorpi nelle infezioni post vaccinali [breakthrough cases] nella San Francisco Bay Area, California …

Il Dr. Vanden Bossche utilizzando dati israeliani ha dimostrato [3] che alte percentuali di vaccinazione creano una pressione [selettiva] sul virus e lo inducono a mutare verso varianti a maggior incidenza di contagio.

Il gruppo dei non vaccinati ha tenuto bassa la pressione [selettiva] eliminando il virus e arrivando all’immunità naturale. Tuttavia, poiché la popolazione non vaccinata è sempre più ridotta, la pressione che induce il virus a mutare aumenta. Di conseguenza, queste mutazioni portano a livelli di infezione più alti o maggiormente efficaci.”

Stanno emergendo varianti che sfuggono al vaccino

Lo studio, pubblicato il 25 agosto 2021 sul server di preprint medRxiv, ha concluso che coloro che sono completamente “vaccinati” contro la COVID-19 sono, in realtà, più suscettibili delle persone non vaccinate ad essere infettati dalle varianti della COVID-19.

Secondo Vanden Bossche gli anticorpi indotti dal vaccino sopprimerebbero le risposte anticorpali naturali, permettendo alle varianti di superare il sistema immunitario, e questo sembra essere ciò che sta accadendo. Come spiegato da The Conservative Treehouse 3 ottobre 2021 [4]:

“Tra gli individui vaccinati, una variante del virus COVID non viene riconosciuta dagli anticorpi specifici indotti dal vaccino e gli anticorpi naturali sono stati programmati per non intervenire.”

Secondo gli autori dello studio [5]:

“I rapporti tra i casi di sfondamento e l’infezione causata dalle varianti del SARS (SARS-CoV-2) sono in gran parte inesplorati. Qui abbiamo analizzato le sequenze del genoma intero del SARS-CoV-2 e le cariche virali di 1.373 persone con COVID-19 nella San Francisco Bay Area, dal 1° febbraio al 30 giugno 2021, di queste, 125 (9,1%) erano infezioni post vaccinali.

Le persone completamente vaccinate avevano più probabilità, rispetto a quelle non vaccinate, di essere infettate da varianti che portavano mutazioni associate ad una minore neutralizzazione degli anticorpi (78% contro 48%), ma non da varianti associate ad una maggiore infettività (85% contro 77%) …

Questi risultati suggeriscono che i casi di rottura del vaccino sono preferenzialmente causati da varianti circolanti di SARS-CoV-2 resistenti agli anticorpi e che le infezioni sintomatiche di rottura possono potenzialmente trasmettere la COVID-19 con la stessa efficienza delle infezioni in persone non vaccinate, indipendentemente dal ceppo infettivo.”

“Fate attenzione alle persone vaccinate, perché possono essere portatrici di una forma più resistente di COVID-19,” avverte The Conservative Treehouse, aggiungendo che la protezione limitata che si ottiene dal vaccino COVID richiederà inevitabilmente un richiamo per ogni nuova variante emergente resistente al vaccino.

I dati del Regno Unito mostrano un aumento della mortalità da COVID-19 tra coloro che sono completamente vaccinati

I dati britannici sollevano seri interrogativi sull’opportunità di questa campagna vaccinatoria. Nel suo Technical Briefing N° 23, [6] pubblicato il 17 settembre 2021, Public Health England riporta dati che mostrano come il tasso di mortalità COVID sia effettivamente più alto tra i completamente vaccinati rispetto ai non vaccinati.

Tra il 1° febbraio 2021 e il 12 settembre 2021, 157.400 pazienti completamente vaccinati (26,52% dei casi totali) hanno avuto una diagnosi di variante Delta. Tra i non vaccinati, ci sono stati 257.357 casi di variante Delta (43,36% dei casi totali).

Tuttavia, anche se le infezioni Delta erano molto più diffuse tra i non vaccinati, questi pazienti avevano avuto un decorso più favolrevole. Complessivamente, il 63,5% dei decessi da COVID-19 entro 28 giorni da un test positivo erano di persone completamente vaccinate (1.613 rispetto a 722 nel gruppo dei non vaccinati).

Altri segni del potenziamento anticorpo dipendente

In una lettera all’editore del Journal of Infection [7], pubblicata il 9 agosto 2021, tre ricercatori sottolineano che “gli anticorpi anti-SARS-CoV-2 sono in grado di riconoscere sia il ceppo originale Wuhan/D614G che le varianti Delta,” il che suggerisce che sta emergendo un potenziamento anticorpo-dipendente (ADE). Secondo gli autori [8]:

“Il potenziamento anticorpo-dipendente (ADE) dell’infezione è una minaccia alla sicurezza delle strategie vaccinali. In una recente pubblicazione, Li et al. (Cell 184 :4203-4219, 2021) hanno riferito che gli anticorpi potenzianti l’infezione diretti contro il dominio N-terminale (NTD) della proteina spike del SARS-CoV-2 facilitano l’infezione del virus in vitro, ma non in vivo.

Tuttavia, questo studio è stato eseguito con il ceppo originale Wuhan/D614G. Poiché la pandemia Covid-19 è ora dominata dalle varianti Delta, abbiamo analizzato l’interazione degli anticorpi potenzianti con l’NTD di queste varianti … e abbiamo visto che gli anticorpi potenzianti hanno una maggiore affinità per le varianti Delta che per gli NTD del Wuhan/D614G …

Poiché l’NTD è anche il bersaglio degli anticorpi neutralizzanti, i nostri dati suggeriscono che l’equilibrio tra anticorpi neutralizzanti e potenzianti negli individui vaccinati per il ceppo originale Wuhan/D614G è a favore della neutralizzazione.

Tuttavia, nel caso della variante Delta, gli anticorpi neutralizzanti hanno un’affinità ridotta per la proteina spike, mentre gli anticorpi potenzianti mostrano un’affinità sorprendentemente aumentata. Quindi, l’ADE può essere una eventualità per le persone che ricevono vaccini basati sulla sequenza originale del ceppo Wuhan (sia mRNA che a vettore viralei) [e che vengono poi infettati dalla variante Delta].”

Come è stato sottolineato dalla giornalista indipendente Sharyl Attkisson [9], “Nonostante il fatto che più autorità mediche abbiano previsto, detto e sperato che l’ADE non avrebbe mai avuto effetti sui vaccini Covid-19, i dati dello studio indicano invece che la cosa è successa.”

I livelli di anticorpi diminuiscono dopo la seconda dose

Anche se non si è considerati “completamente vaccinati” fino a 14 giorni dopo la prima dose del vaccino Janssen o AstraZeneca, o la seconda dose del Moderna o del Pfizer, un recente studio israeliano ha scoperto che i livelli di anticorpi diminuiscono effettivamente dopo la seconda dose del vaccino COVID di Pfizer. I risultati sono stati riportati dal Jerusalem Post, 7 ottobre 2021 [10]:

“I livelli di anticorpi diminuiscono rapidamente dopo due dosi del vaccino Pfizer, secondo uno studio [11 ] dei ricercatori dello Sheba Medical Center pubblicato … sul New England Journal of Medicine …

La ricerca ha anche evidenziato la possibilità che diversi gruppi di persone – in base all’età e allo stato di salute generale – si trovino al di sotto di una certa soglia di anticorpi dopo un periodo di sei mesi.”

In tutto, avevano partecipato allo studio [12] 4.868 membri del personale dello Sheba Medical Center, sottoponendosi a test sierologici mensili per misurare la carica anticorpale nei sei mesi dopo la seconda iniezione del vaccino Pfizer.

In tutti, indipendentemente dall’età o dal sesso, era stato riscontrato un rapido declino degli anticorpi dopo la seconda dose. Gli anticorpi IgG – che fanno parte della risposta immunitaria umorale – diminuivano ad un ritmo costante nel tempo, mentre gli anticorpi neutralizzanti calavano rapidamente nei primi tre mesi, per poi rallentare. Secondo gli autori [13]:

“Sebbene i livelli di anticorpi IgG fossero altamente correlati con i titoli degli anticorpi neutralizzanti (correlazione di rango di Spearman tra 0,68 e 0,75), la relazione di regressione tra i livelli di anticorpi IgG e neutralizzanti dipendeva dal tempo trascorso dal ricevimento della seconda dose di vaccino …

I titoli più alti dopo il ricevimento della seconda dose di vaccino (picco) erano stati osservati nell’intervallo da 4 a 30 giorni, e questo è stato definito come il periodo di picco.

Il titolo medio geometrico atteso (GMT) per le IgG per il periodo di picco, espresso come rapporto campione-taglio, era 29,3. Ogni mese è stata osservata una riduzione sostanziale del livello di IgG, arrivando ad una diminuzione di un fattore 18,3 dopo 6 mesi.

Anche i titoli anticorpali neutralizzanti sono calati significativamente, con una diminuzione di un fattore 3,9 dal picco alla fine del periodo di studio 2 (mesi), ma la diminuzione, dall’inizio del periodo 3 in poi, è stata molto più lenta, con una diminuzione complessiva di un fattore 1,2 durante i periodi da 3 a 6. Il GMT di anticorpo neutralizzante, espresso come titolo di neutralizzazione del 50%, era 557,1 nel periodo di picco ed era diminuito a 119,4 nel periodo 6 …

Sei mesi dopo aver ricevuto la seconda dose, i titoli anticorpali neutralizzanti erano sostanzialmente più bassi negli uomini che nelle donne, più bassi nelle persone di 65 anni o più anziane che in quelle da 18 a 45 anni di età, e più bassi nei partecipanti immunodepressi che in quelli non immunodepressi.”

COVID-19 non correlata alla vaccinazione in 68 Paesi e 2.947 contee USA

I dati israeliani di cui sopra possono aiutare a spiegare i risultati di uno studio [14], pubblicato il 30 settembre 2021 sull’European Journal of Epidemiology, che non ha trovato alcuna correlazione tra i casi di COVID-19 e i livelli di vaccinazione in 68 Paesi del mondo e in 2.947 contee negli Stati Uniti. Secondo gli autori [15]:

“La linea di tendenza suggerisce un’associazione marginalmente positiva, in base alla quale i Paesi con una percentuale più alta di popolazione completamente vaccinata hanno più casi di COVID-19 per milione di persone.”

L’Islanda e il Portogallo, per esempio, con più del 75% della popolazione completamente vaccinata, hanno più casi di COVID-19 per milione rispetto al Vietnam e al Sudafrica, dove solo il 10% circa della popolazione è completamente vaccinata [16].

I dati delle contee statunitensi hanno mostrato la stessa tendenza. I nuovi casi di COVID-19 per 100.000 persone sono “molto simili,” indipendentemente dalla percentuale di popolazione completamente vaccinata.

“Non sembra esserci una diminuzione significativa dei casi di COVID-19 [nelle conteee] con percentuali più alte di popolazione completamente vaccinata,” hanno scritto gli autori [17]. In particolare, delle cinque contee statunitensi con i più alti tassi di vaccinazione – che vanno dall’84,3% al 99,9% di completamente vaccinati – quattro di esse sono sulla lista “ad alta trasmissibilità” dei Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti. Nel frattempo, il 26,3% delle 57 contee a “bassa trasmissibilità” hanno tassi di vaccinazione inferiori al 20%.

Lo studio ha anche tenuto conto del ritardo di un mese che potrebbe verificarsi tra i vaccinati, poiché sembra che occorrano due settimane dopo la dose finale per avere la “piena immunità.” Eppure, “non è stata osservata alcuna associazione evidente tra i casi di COVID-19 e la percentuale di popolazione completamente vaccinata” [18].

Le ragioni principali per cui la politica vaccinatoria dovrebbe essere riesaminata

Questo studio ha riassunto diverse ragioni per cui il “solo affidamento alla vaccinazione come strategia primaria per mitigare la COVID-19” dovrebbe essere rivalutato. Per cominciare, l’efficacia del vaccino sta rapidamente diminuendo.

“È stato riportato un sostanziale declino dell’immunità dai vaccini mRNA sei mesi dopo la somministrazione,” hanno notato i ricercatori, aggiungendo che, da gennaio 2021 a maggio 2021, anche l’ospedalizzazione grave e i decessi da COVID-19, da cui i vaccini dovrebbero proteggere, sono aumentati tra i completamente vaccinati dallo 0,01% al 9% e dallo 0% al 15,1%, rispettivamente [19].

Se i vaccini funzionano come pubblicizzato, perché questi tassi hanno continuato ad aumentare invece di diminuire? “È sempre più evidente,” hanno notato i ricercatori, “che l’immunità derivata dal vaccino Pfizer-BioNTech potrebbe non essere così forte come l’immunità acquisita attraverso la guarigione dal virus della COVID-19” [20].

Per esempio, uno studio osservazionale retrospettivo pubblicato il 25 agosto 2021, ha rivelato che l’immunità naturale è superiore all’immunità da vaccini COVID-19. Secondo gli autori [21]:

“Questo studio ha dimostrato che l’immunità naturale conferisce una protezione più duratura e più forte contro l’infezione, la malattia sintomatica e l’ospedalizzazione causata dalla variante Delta del SARS-CoV-2, rispetto all’immunità indotta dal vaccino BNT162b2 dopo due somministrazioni.”

La reinfezione è molto rara

Il fatto è che, mentre continuano i casi di rottura tra coloro che hanno ricevuto una o più dosi di vaccino COVID-19, è estremamente raro contrarre la COVID-19 dopo esserne guariti. Quanto raro? Alcuni ricercatori irlandesi hanno condotto una revisione sistematica ricontrollando 615.777 persone che erano guarite dalla COVID-19, con una durata massima di follow-up di oltre 10 mesi [22].

“La reinfezione era un evento non comune,” hanno notato, “e nessuno studio ha riportato un aumento nel tempo del rischio di reinfezione.” Il tasso assoluto di reinfezione variava dallo 0% all’1,1%, mentre il tasso mediano di reinfezione era solo dello 0,27% [23,24,25].

Un altro studio ha rivelato risultati altrettanto rassicuranti. Erano state seguite per 35 settimane 43.044 persone positive agli anticorpi del SARS-CoV-2 e solo lo 0,7% si era reinfettato. Usando il sequenziamento del genoma per prevedere il rischio di reinfezione a livello di popolazione, il rischio era stato stimato allo 0,1% [26].

Non c’era stata alcuna indicazione di una riduzione dell’immunità nei sette mesi di follow-up, a differenza di quanto era successo con quella indotta dal vaccino COVID-19, cosa che aveva portato i ricercatori a concludere che “la reinfezione è rara. L’infezione naturale sembra suscitare una forte protezione contro la reinfezione con un’efficacia >90% per almeno sette mesi” [27].

Solo rischi e nessuna ricompensa?

Lo scopo del consenso informato è quello di fornire alle persone tutti i dati relativi ad una procedura medica, in modo che possano prendere una decisione consapevole prima di acconsentire. Nel caso dei vaccini COVID-19, inizialmente, tali dati non erano disponibili, visto che erano prodotti con un’autorizzazione di emergenza e, quando gli effetti collaterali sono diventati evidenti, i tentativi di condividerli pubblicamente sono stati soppressi.

Nell’agosto 2021, un ampio studio condotto in Israele [28] ha rivelato che il vaccino COVID-19 mRNA di Pfizer è associato ad un rischio triplicato di miocardite [29], che fa salire la frequenza di questa patologia da uno a cinque eventi per 100.000 persone [30]. Sono stati identificati anche altri rischi elevati in seguito al vaccino COVID-19, tra cui linfoadenopatia (linfonodi gonfi), appendicite e infezione da herpes zoster [31].

Il dottor Peter McCullough, internista, cardiologo ed epidemiologo, è tra coloro che hanno avvertito che i vaccini COVID-19 non solo stanno fallendo, ma sono un rischio per la vita [32].

Secondo McCullough, al 22 gennaio 2021, vi erano già 186 decessi segnalati al database Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS) dopo la somministrazione di vaccini COVID-19 – più che sufficienti ad evidenziare un livello di mortalità preoccupante, tale da fermare il programma.

“Con un programma di queste dimensioni, qualsiasi cosa oltre i 150 decessi avrebbe dovuto essere un segnale di allarme,” ha detto. Negli Stati Uniti “[il 22 gennaio] c’erano stati 186 morti con solo 27 milioni di Americani vaccinati.” McCullough ritiene che se ci fossero state commissioni di sicurezza adeguate, il programma COVID-19 sarebbe stato interrotto nel febbraio 2021 sulla base dei dati di sicurezza e del rischio di mortalità [33].

Ora, con i dati che non mostrano alcuna differenza nei tassi dei casi di COVID-19 tra vaccinati e non, è sempre più evidente che questi prodotti hanno un elevato rischio e offrono una ricompensa molto esigua, soprattutto in certe popolazioni, come i giovani.

La vaccinazione generalizzata porta a mutazioni

È noto che se si mettono sotto pressione organismi viventi, come batteri o virus, per esempio tramite antibiotici, anticorpi o chemioterapici, ma non li si uccide completamente, si può inavvertitamente incoraggiare la loro mutazione in ceppi più virulenti. Quelli che sfuggono al sistema immunitario finiscono per sopravvivere e selezionare mutazioni che assicurino la loro ulteriore sopravvivenza.

Molti hanno messo in guardia sulla fuga immunitaria a causa della pressione esercitata sul virus della COVID-19 durante la vaccinazione di massa [34] e, secondo un modello matematico [35], si potrebbe sviluppare uno scenario anche peggiore, con una grande percentuale di popolazione vaccinata ma con una trasmissione virale ancora alta, come sta succedendo adesso. Questa è una delle situazioni migliori per lo sviluppo di ceppi mutanti resistenti [36].

A questo punto, i fallimenti dei vaccini COVID-19 e i gravi rischi per la salute legati ad essi sono evidenti. Ora abbiamo anche dati che dimostrano che avere un alto tasso di vaccinazione non fa nulla per ridurre l’incidenza della COVID-19.

Potrebbe addirittura aumentarla leggermente, come stiamo vedendo in India. Nel Kerala, che vanta un tasso di vaccinazione del 93%, più della metà di tutti i nuovi casi di COVID sono in completamente vaccinati, così come il 57% delle morti legate alla COVID [37]. Con tutti i dati che puntano nella stessa direzione, è chiaro che i vaccini COVID non sono la risposta. Come si fa notare nell’European Journal of Epidemiology [38]:

“Stigmatizzare le popolazioni può fare più male che bene. È importante che vengano fatti tentativi di prevenzione non farmacologica (per esempio, curare l’importanza per la salute pubblica dell’igiene di base, come il mantenimento della distanza di sicurezza o il lavaggio delle mani, la promozione di forme più frequenti e meno costose di test) per trovare l’equilibrio ed imparare a convivere con la COVID-19, proprio come continuiamo a convivere, 100 anni dopo, con le varie mutazioni stagionali del virus dell’influenza del 1918.”

Se sei ‘vaccinato’ potresti essere ad alto rischio di COVID

Come previsto fin dall’inizio della campagna di vaccinazione di massa, ora stiamo iniziando a vedere prove di ADE, che rende le persone più inclini a malattie gravi piuttosto che il contrario.

Anche se il rischio di ADE è piccolo e non abbiamo ancora dati sulla sua incidenza, quelli che abbiamo suggeriscono che i vaccini non stanno ponendo fine all’epidemia e, in effetti, non sono in grado di farlo, perché sono proprio i vaccinati che stanno facilitando l’emergere di varianti in grado di sfuggire al vaccino. La vera risposta è l’immunità naturale di gregge, e questo perchè l’immunità naturale protegge dalla maggior parte delle varianti, e non solo da una.

Per andare sul sicuro, consiglio di ritenersi “ad alto rischio” di COVID grave dopo la prima e la seconda somministrazione e di attuare un trattamento efficace e conosciuto ai primi segnali di un’infezione respiratoria.

Le opzioni includono il protocollo Zelenko [39], i protocolli MATH+ [40] e il perossido di idrogeno nebulizzato, come descritto in dettaglio nel documento sul caso del Dr. David Brownstein [41]. Qualunque protocollo di trattamento usiate, fate in modo di iniziarlo tempestivamente, idealmente alla prima comparsa dei sintomi.

Dr. Joseph Mercola

Riferimenti:

Fonte: articles.mercola.com

Link: https://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2021/10/26/leaky-vaccine-breakthrough-variant.aspxhttps://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2021/10/26/leaky-vaccine-breakthrough-variant.aspx

26.10.2021

Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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