di Paolo Carsetti (Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua)
La pandemia rappresenta uno vero e proprio spartiacque per l’impatto che avrà sulla vita delle persone, sulla società e sull’economia.
Le ragioni sono diverse: non era mai successo che interi popoli fossero sottoposti a misure così restrittive delle libertà personali; la pandemia ha acutizzato la crisi del sistema economico-sociale dominante iniziata nel 2007-2008 e mai terminata; le caratteristiche di questa nuova fase sono profondamente diverse e con effetti molto più pesanti rispetto a quelle conosciute finora; le trasformazioni del mondo del lavoro, dei servizi, del welfare imposte dall’ideologia neoliberista e dalle politiche di austerità dimostrano il loro fallimento; la pandemia e la gestione della crisi minacciano fortemente il godimento di alcuni diritti fondamentali; oggi il conflitto diventa anche tra il profitto e la vita, tra il capitale e il vivente; la “nuova disciplina” imposta a tutte e tutti al fine di contrastare il diffondersi del contagio rischia di sedimentarsi e lasciare incrostazioni molto complicate da sciogliere.
Diviene fondamentale misurarsi con queste seppur parziali considerazioni per giungere a una reale consapevolezza dell’attuale fase e per poter elaborare una narrazione in grado di impedire che la cura sia peggiore della malattia.
Per la prima volta da decenni si stanno mettendo in campo importanti risorse economiche derivanti in parte dai fondi stanziati con Next Generation EU e in parte facendo ricorso a un aumento del debito pubblico.
Ma il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ossia lo strumento attraverso cui sono stati individuati i capitoli di spesa e i relativi progetti, si ammanta di nuovo pur odorando già di vecchio: sono annunciati forti investimenti pubblici finalizzati unicamente a sostenere il mercato e le sue logiche costituendo, sotto altre forme, un elemento di continuità con le solite ricette liberiste che ci propinano da 30 anni.
Nel settore idrico il PNRR punta a realizzare una vera e propria “riforma” della governance fondata sull’allargamento verso Sud, ma non solo, del territorio di competenza di alcune grandi aziende multiservizio quotate in Borsa che vengono identificate come gestori “efficienti” ma che in realtà risultano tali solo nel garantire la massimizzazione dei profitti mediante processi finanziari.
Il combinato disposto tra PNRR e Disegno di Legge sulla concorrenza (una condizionalità imposta dalla Commissione europea per l’erogazione dei fondi) punta a chiudere il cerchio sul definitivo affidamento al mercato dei servizi essenziali. Il DDL sulla concorrenza risulta ispirato da un’evidente ideologia neoliberista in cui la supremazia del mercato diviene dogma inconfutabile e ha finalità esplicite: rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo e amministrativo, all’apertura dei mercati.
Nell’articolo 6 emerge chiaramente la scelta della privatizzazione rendendo residuale la gestione pubblica di tutti i servizi locali e stimolando i processi di aggregazione.
Tutto ciò nonostante l’emergenza sanitaria abbia dimostrato il totale fallimento di un modello economico e sociale che ha anteposto gli interessi delle lobby finanziarie ai diritti delle persone, fondato su una forte spinta alle privatizzazioni oltre che su un’errata allocazione delle poche risorse disponibili riducendo quelle a sostegno dei servizi essenziali. Il Servizio Sanitario Nazionale è stato particolarmente attaccato nell’ultimo decennio mediante tagli e privatizzazioni.
Una società basata su tale pensiero unico non può garantire protezione alcuna ed entra in piena contraddizione con la salvaguardia della vita stessa.
La difesa del diritto alla salute, la sottrazione del servizio sanitario da qualsiasi logica di profitto e di privatizzazione, oltre al suo adeguato rifinanziamento divengono battaglie imprescindibili.
Inoltre, la gestione della crisi ha molto a che fare con la democrazia e s’inserisce nel progressivo svuotamento dei poteri delle istituzioni democratiche e nella trasformazione della propria funzione da garante dei diritti e dell’interesse generale a facilitatrice dell’espansione della sfera d’influenza dei grandi interessi finanziari sulla società.
Tutto ciò dovrebbe indurre a riprendere una riflessione sulla democrazia, sulla necessità di una sua espansione e sulle modalità mediante cui attuarla anche nella gestione dei beni comuni.
Altrimenti questa emergenza rischia di diventare un laboratorio in cui si sperimentano pratiche di eccezionalità giuridica e dispositivi di controllo “per il bene collettivo” che potrebbero divenire in futuro strumenti capaci di agire trasformazioni irreversibili della democrazia formale.
Si apre, dunque, uno spazio di iniziativa importante per rilanciare la centralità dei beni comuni e dei diritti fondamentali ad essi collegati, a partire da quelli essenziali per la vita e la salute delle persone.
Per essere parte della soluzione e non parte del problema risulta necessario connettersi su basi nuove, facendo vivere e rafforzando un pensiero e un’iniziativa che rimetta al centro l’irriducibilità e la non negoziabilità dei beni comuni e dei diritti fondamentali rispetto alle logiche del profitto e del mercato.
Si tratta di una battaglia decisiva per avviare un percorso esattamente sul terreno del conflitto reale oggi in atto tra profitto e vita.
La pandemia e la crisi economico-sociale, inoltre, s’innestano nella “crisi ecologica” provocata dalla logica estrattivista e consumista a cui il nostro pianeta è sottoposto da oltre due secoli.
Una delle conseguenze è la crescente vulnerabilità della nostra società rispetto ad eventi naturali catastrofici, al ripetersi sempre più frequentemente della diffusione di epidemie come quella del COVID-19, all’approvvigionamento delle risorse essenziali alla vita.
Inoltre, una delle manifestazioni più evidenti dell’impatto dell’attuale modello economico sull’ecosistema Terra è il surriscaldamento globale e i relativi cambiamenti climatici. Un’altra crisi su cui le straordinarie mobilitazioni, in particolare dei giovani, hanno posto l’accento richiedendo politiche efficaci e immediate di mitigazione degli effetti a partire dall’utilizzo delle ingenti risorse economiche messe in campo per superare la crisi pandemica.
E’ sempre più evidente come sia necessario avviare un confronto largo e ampio con il fine di provare a elaborare una narrazione generale che metta a nudo le contraddizioni della crisi, consenta la costruzioni di adeguati rapporti di forza e indichi alcuni temi programmatici in grado di invertire la rotta e realizzare un modello sociale alternativo:
- il primato della vita e dei diritti fondamentali rispetto al mercato e alle sue logiche;
- il riconoscimento dei beni comuni – naturali, sociali, emergenti e ad uso civico – come elementi fondanti della coesione territoriale e di una società ecologicamente e socialmente orientata;
- la ripubblicizzazione dei servizi pubblici come strumenti che garantiscono l’accesso e la fruibilità dei beni comuni e dei diritti;
- l’espansione della democrazia e della partecipazione;
- la consapevolezza che la crisi climatica e ambientale si combatte mediante la conversione ecologica dell’economia e una transizione energetica partecipata.
I movimenti sociali hanno dimostrato la disponibilità ad una convergenza reale dotandosi di un momento e un luogo di confronto come il prossimo Forum di Convergenza.
L’auspicio è che in quell’occasione si dimostri la maturità di saper praticare queste consapevolezze perché diviene imprescindibile un approccio per cui i temi specifici di ciascun soggetto possono vivere solo dentro una cornice più larga.
Viviamo tempi straordinari e si tratta di attrezzarci di conseguenza per “liberare il presente e riappropriarci del futuro, consapevoli che il tempo è ora”.
Photo Credits: Napoli 20/11/2021 – Manifestazione nazionale “Carovana dell’acqua: per un PNRR dei diritti, a difesa dell’acqua e dei beni comuni” – Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua
Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 48 di Gennaio-febbraio 2022: “Cosa bolle in pentola?”