Nuovo speciale «La Q di Qomplotto»: la puntata 9 del podqast, interviste, altri podcast, notizie dall’estero

La Q di Podqast

Clicca per ascoltare «Forme», la nona puntata de La Q di Podqast.

Dopo le feste, con ogni probabilità, La Q di Qomplotto andrà in ristampa per la quarta volta. Cinque tirature in dieci mesi, per un totale che tra non molto toccherà le ventimila copie. Cioè il doppio di quel che contavamo di vendere nella migliore ipotesi.

È evidente che questo «romanzo di un’inchiesta» ha toccato punti sensibili, ha intercettat… No, no. «This is clumsy bullshit», direbbe Dylan. Sono formule a rischio cliché. È ancora presto per capire. Tempo al tempo.

Con questo speciale riprendiamo i fili del dibattito innescato dal libro e soprattutto riprendiamo la serie La Q di Podqast, dopo una pausa non breve. L’ultimo episodio – l’ottavo, intitolato «Lumi» e con ospite Gad Lerner – risaliva all’estate scorsa.

Anche questa nona puntata, come la precedente, è stata registrata live, di fronte a un pubblico.

Nelle scorse settimane alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Roma 2 di Tor Vergata si è svolto, suddiviso in quattro incontri, un seminario sul cospirazionismo.

Ideazione e cura si devono alla professoressa Simona Foà, docente di Teoria della letteratura e a lungo coordinatrice del corso di Laurea Magistrale in Scienze dell’Informazione, della comunicazione e dell’editoria. Il seminario traeva spunto direttamente dalla pubblicazione di La Q di Complotto.

In un certo senso, il libro è “tornato a casa”. Il suo primo nucleo narrativo e concettuale, infatti, ha preso forma proprio nelle aule di Tor Vergata, nell’anno accademico 2018-2019, quando Wu Ming 1 – per l’occasione docente a contratto –  ha tenuto il corso di Giornalismo culturale, dedicandolo proprio alle fantasie di complotto.

Università Roma 2 di Tor Vergata, corso di Giornalismo culturale, 4 aprile 2019. Schermata panoramica della lezione di Wu Ming 1 sul caso QAnon.

Il 15 novembre scorso WM1 ha inaugurato il seminario, in dialogo con Simona Foà e con Carmela Morabito, storica della psicologia e delle neuroscienze cognitive, che a Roma 2 insegna Fondamenti della psicologia e Introduzione alle Scienze del comportamento e coordina il corso di Scienze dell’informazione.

Durante l’incontro si è parlato molto del libro, della sua costruzione e dei suoi temi da angolature peculiari, fino a quel momento “improposte”. Da qui la scelta di farne la nona puntata del podqast.

Si intitola «Forme» perché la domanda a cui si cerca di rispondere è: perché il libro ha quesa forma, queste forme?

Trattandosi di un intero incontro seminariale, questa puntata dura più delle precedenti: due ore e un quarto spaccate.

Frederic Rzewski.
Ascolta le sue «36 variazioni su ¡El Pueblo Unido Jamás Será Vencido!»

Tema musicale della sigla:
Foggy Dew, ballata insurrezionale irlandese scritta da Canon Charles O’Neill (1887–1963).
Rielaborazione per pianoforte di Frederic Rzewski (1938-2021), eseguita da Thomas Kotcheff.

In background:
cut-up di frammenti da Foggy Dew rovesciati e mescolati con criterio ambarabàciccicoccò. In memoria del compagno Rzewski, che ci ha lasciati nel giugno scorso.

Come sempre, la puntata è su Vimeo, sul canale Youtube di Alegre (che in ossequio al nostro degoogling non linkiamo), su Apple Podcasts e su Archive.org.

Buon ascolto.

Altre novità e uscite riguardanti La Q di Qomplotto

■ Sulla rivista on line Limina è da poco uscita un’intervista a Wu Ming 1 a cura di Eleonora Savona.

■ Sul giornale di strada berlinese Arts of the Working Class, numero di novembre-dicembre, è uscito un articolo di WM1 intitolato «A Few Things We Need to Throw Away if We Want to Beat Conspiracism in Our Game» [Un po’ di cose di cui dobbiamo sbarazzarci se vogliamo battere il cospirazionismo nel nostro gioco]. Per chi ha letto il libro e seguito le discussioni in Italia nulla di nuovo, è una sorta di abstract… ma anche gli abstract servono.

Nella secchezza dell’esposizione, qui dovrebbe risultare ancora più chiara la radicale distanza de La Q di Qomplotto da geremiadi come quelle dell’ultimo rapporto Censis su un’Italia «in preda all’irrazionalismo», cioè a «complottismi», «negazionismi», «pseudoscienze» ecc. L’approccio del libro non è semplicemente la critica di tali geremiadi: ne è proprio l’antimateria. Il bello è che a brandire il rapporto come un randello è la stessa intellighenzia che da poco ha celebrato post mortem Roberto Calasso, uno che ha scritto:

«Irrazionale […] Sotto l’etichetta di quell’incongrua parola, disutile al pensiero, si [trova] di tutto. E si [trova] anche una vasta parte dell’essenziale».

L’irrazionale chic va bene, anzi, benissimo. La rabbia sociale, invece, fa bvutto bvutto bvutto.

■ Wu Ming 1 è uno dei partecipanti al podcast in otto puntate Reactionary Digital Politics, realizzato da Alan Finlayson, Rob Gallagher e Rob Topinka.

«In the 1990s tech evangelists told us that the internet would bring the world together; that it would help us share knowledge and learn from each other. Spoiler Alert: that didn’t happen. The world of digital politics is filled with hucksters, ideological entrepreneurs performing invective for a few likes and subscriptions. It’s a recruiting ground for far-right extremists, cultists and conspiracy fantasists. And it’s changing how all of us think, feel and do our politics.

This eight-part podcast series reports on the findings of a three-year academic research project into the political ideologies, rhetorics and aesthetics shaping the age of digital politics. Featuring interviews with leading scholars and researchers in this field – including Whitney Philips, Matthew Feldman, Becca Lewis and Wu Ming 1 – it asks why right-wing & reactionary groups have been so successful in using digital technologies to push their ideologies, exploring the history and theory to assess the prospects for politics in an age of digital communication.»

■ Il 9 novembre scorso il telegiornale della Radiotelevisione Svizzera di lingua Italiana ha intervistato Wu Ming 1 su La Q di Qomplotto.

In Italia, se dici che non vuoi apparire, quasi sempre chi fa TV cade dalle nuvole, come per dire: ma come? Apparire è la cosa più importante al mondo! E da quel momento è tutto un: dài che non dite sul serio, non è possibile, dài che è un vezzo, l’abbiamo capito… Vi riprendiamo mascherati? Vi mostriamo di spalle? Inquadriamo solo un occhio in primissimo piano? Su, non rendeteci la vita difficile, non esiste che uno va in onda senza mostrarsi, dài… ‘Sta roba va avanti da più di vent’anni. Le eccezioni – lodevoli e di cui siamo grati – a quest’andazzo le potremmo contare sulle dita e forse non le useremmo nemmeno tutte.

La troupe elvetica, invece, non ha fatto un plissé: non c’è problema, nella vita apparire non è obbligatorio, questo è il notiziario, non un talent show, non siamo mica tra pagliacci…

Di più: l’operatore ha adottato una soluzione che è l’uovo di Colombo ed è perfettamente in linea con la nostra poetica: a “parlare” è il libro.

A questo link si possono vedere sia il servizio andato in onda (video in alto) sia l’intervista completa (video in basso). Domande di Mattia Pacella. Buona visione.

■ Un’altra intervista a WM1 è uscita sul n.102 della rivista francese CQFD, ottobre 2021:
«Le complotisme est toujours la traduction d’un malaise réel».

Ricordiamo che il libro uscirà in Francia e in Québec nel 2022, per le edizioni Lux, con il titolo Q comme Qomplot. Traduzione di Serge Quadruppani e Anne Echenoz.

Per ora è tutto. Buoni irrazionalismi.

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