“No alla guerra di Russia e NATO”: iniziative in alcune città del Nord-Est

Mentre assistiamo a una frenata dell’azione diplomatica per risolvere la crisi russo-ucraina e l’Ocse denuncia un “drammatico aumento” nelle violazioni del cessate il fuoco, in alcune città del nord-est ci sono iniziative contro la guerra, che sul piano politico prendono di mira tanto la Russia di Putin, quanto la NATO. Di seguito un testo dei centri sociali del nord-est e la cronaca delle iniziative.

I timori di un’invasione, i venti di guerra, le tensioni con la Nato, il gas e i negoziati: da una parte la Russia, dall’altra l’Occidente, e l’Ucraina nel mezzo. Sono giorni che il mondo vive con grande apprensione: sullo sfondo si palesa l’incubo dell’ennesimo conflitto armato, che potrebbe avere conseguenze catastrofiche.

Quello che sta accadendo attorno all’Ucraina in realtà è già una guerra, anche se non ancora – e speriamo non lo sia mai! – guerreggiata. È la prosecuzione di uno stato di “guerra permanente” che non ha mai abbandonato il mondo, Europa compresa, negli ultimi decenni: una corsa mai sopita agli armamenti, alle nuove tecnologie militari, all’espansionismo, che oggi si lega a doppio mandato con la ristrutturazione capitalista in atto nel tempo della pandemia.

Il caso ucraino è paradigmatico, perché Russia e l’Ucraina condividono un confine di oltre 2.200 chilometri, concentrati in una posizione strategica dal punto di vista economico e geopolitico. 

Quanto sta accadendo ci parla apertamente di “transizione energetica” ed estrattivismo, essendo strettamente collegato al completamento del grande gasdotto North Stream 2, che permetterebbe alla Russia di raddoppiare i volumi di gas trasportati ed è apertamente osteggiato da Ucraina e USA.

Tutto questo si inserisce in un quadro geopolitico e militare che come sempre vede la NATO giocare un ruolo da protagonista. Ferma nel suo obiettivo di mantenere la sfera d’influenza nella regione, Mosca chiede all’Alleanza di ritirare le proprie truppe dalla Polonia e dalle tre Repubbliche baltiche, oltre che i propri missili da Polonia e Romania. La Russia accusa inoltre la NATO di riempire l’Ucraina di armi e gli Stati Uniti di fomentare le tensioni. 

Una situazione che si muove ancora nel limbo dell’indefinito, perché la NATO formalmente non può accettare nuovi membri già coinvolti in conflitti, ma che allo stesso tempo rischia di degenerare da un momento all’altro. Sullo sfondo, il nuovo asse tra Mosca e Pechino lascia presagire che qualsiasi evoluzione militare in Europa sud-orientale potrebbe immediatamente avere un “effetto domino” nel resto del mondo.

Al momento attorno all’Ucraina si muove un teatro di guerra in costante evoluzione. Si stima che la Russia abbia già schierato fino a 100.000 militari lungo il confine, ha annunciato esercitazioni navali nel Mediterraneo, nell’Atlantico e nei Mari del Nord, e in due settimane potrebbe portare altri 100.000 soldati attorno all’Ucraina. Gli Stati Uniti hanno allertato 8500 unità, mentre membri della NATO – Italia compresa – stanno inviando jet e navi da guerra in Europa orientale e sul Mar Nero. La Russia non resta certo a guardare. Da un lato, con oltre 140 navi da guerra ed almeno 10 mila soldati coinvolti.

In questo gioco al massacro, a farne le spese è la popolazione Ucraina, già stremata da almeno un decennio di tensioni continue e da una politica interna che, soprattutto negli ultimi due anni, ha fortemente aumentato le diseguaglianze sociali.

Non si può più assistere inermi a quanto sta accadendo, al fatto che le vite di milioni di persone vengano considerate pedine sacrificabili in un gioco dove le “politiche di potenza” e gli interessi economici valgono più di tutto. Tornare a prendere parola contro la guerra è un atto necessario, non solo per ribadire un’opposizione etica e politica a qualsiasi opzione militare, ma anche per contestare apertamente il fatto che – in Italia come altrove – l’aumento della spesa pubblica per gli armamenti è un vero e proprio abominio, se legato al fatto che in due anni di pandemia non c’è stato alcun investimento strutturale nella sanità, nella scuola e nell’Università, nei trasporti, nel Welfare e nel contenimento della povertà.

A Venezia calato da attiviste/i del Morion e del Rivolta in mattinata uno striscione dal Ponte di Rialto con la scritta: “Nè con la NATO, nè con Putin”.

Venezia No War

A Schio alcune decine di persone si sono ritrovate in presidio in Piazza A. Rossi per dire apertamente “No alla guerra di NATO e Russia”, “Stop alle spese militari” e “Fuori l’Italia dalla NATO”.

Schio No War

Diverse persone si sono ritrovate in piazza Santa Maria Maggiore a Trento, di fronte alla preoccupante situazione che si sta delineando in Ucraina. È stato ribadita a gran voce la solidarietà e la vicinanza al popolo ucraino che in queste ore si ritrova sotto costante tensione.
«Mentre scambi diplomatici serrati sono attualmente in corso, le parti coinvolte mostrano che non si faranno trovare impreparate in caso di un’escalation militare. Se gli Stati Uniti promettono sanzioni “senza precedenti” in caso di un’invasione russa, il Cremlino nega di avere intenzioni di portare avanti un’invasione, accusando l’azione mediatica dell’occidente di “isteria”. Il fronte occidentale intensifica i preparativi: gli Stati Uniti hanno allertato 8500 unità, mentre membri della NATO stanno inviando jet e navi da guerra in Europa orientale e sul Mar Nero. La Russia non resta certo a guardare. Da un lato ha annunciato esercitazioni navali nel Mediterraneo, nell’Atlantico e nei Mari del Nord, con oltre 140 navi da guerra ed almeno 10 mila soldati coinvolti. Dall’altro sta spostando truppe dalla Siberia verso la Bielorussia per un’esercitazione congiunta. Inoltre, dietro i motivi pratici di una guerra ci sono anche quelli di natura economica: il famoso gasdotto Nord Stream 2 che trasporta il gas naturale dai giacimenti russi alla costa tedesca. Il 40% del gas europeo arriva da Mosca: la Russia ha interessi a continuare i suoi affari, ma se dovessero arrivare le sanzioni Nato potrebbe minacciare una riduzione delle forniture che avrebbe un impatto diretto sull’Europa». 

A Treviso attaccato sotto le mura, sulla strada principale.

Treviso No War

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