Editoriale: Cosa bolle in pentola? Verso il Forum della convergenza dei Movimenti

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di Vittorio Lovera e Marco Bersani

Il Pianeta è entrato nel terzo anno di sindemia, sul campo oltre 6 milioni di morti (ufficiali) per oltre 450 milioni di casi dichiarati. Come se non bastasse questa situazione a terrorizzare la popolazione mondiale, eccoci alla presa con l’angoscia del risiko di guerra globale, con Putin il Guerriero pronto ad invadere l’Ucraina. La geopolitica internazionale ha saputo generare anche altri scenari drammatici, meno noti ma non meno inquietanti, quali le grandi manovre per il controllo dell’area del Sahel, che grandi ripercussioni avrà anche rispetto alle migrazioni. Se, per rispondere alla crisi climatica e a quella energetica (in parte, solo in parte, legata alla questione ucraina) una delle soluzioni è il rilancio del nucleare – Macron annuncia la costruzione di 140 nuove centrali nucleari e l’Unione Europea inserisce atomo e gas naturali nella tassonomia delle risorse finanziabili per la transizione ecologica – è palese come invece di cercare di salvare il Pianeta le strategie adottate dai Potenti lo stiano definitivamente affossando.

Cosa bolle in pentola invece in Italia ?

Archiviata con un nulla di fatto la partita dell’elezione del Presidente della Repubblica, Il governo Draghi si appresta ad affrontare nodi decisivi per le strategie di uscita dalla crisi economica, sociale, ecologica e sanitaria. Lo fa con una maggioranza di governo ancor più disomogenea e rissosa; a partire dallo stesso Presidente del Consiglio, che non ha per niente gradito lo sbarramento alla propria via di fuga verso la Presidenza della Repubblica, tutti i partiti sono usciti a pezzi da un mese di spettacolo deprimente: la coalizione di centro destra è letteralmente evaporata, con la Lega ancor più spaccata al proprio interno fra l’anima populista-fascista nazionale e la parte che rappresenta gli interessi produttivi delle regioni del nord; sull’altro versante, il processo di decomposizione e sfaldamento del M5Stelle si è ulteriormente approfondito, mentre chi è sembrato reggere è il Partito Democratico, ormai definitivamente trasformatosi in un apparato della stabilità istituzionale, e, come tale, legato mani e piedi al sostegno di ogni governo di turno.

Se questo è il quadro politico che dovrebbe garantire le grandi scelte strategiche di risposta alle sfide drammatiche che attraversano la società, occorre tuttavia tener presente una caratteristica fondamentale che accomuna tutte le forze della maggioranza parlamentare: l’unanime consenso alla delega ai poteri “tecnici” di ogni dialettica politica. È il famoso “pilota automatico” che permette a Draghi e al suo gruppo di ministri piazzato nei settori strategici per la gestione dei fondi europei di governare a prescindere, relegando il Parlamento a ufficio di ratifica delle decisioni prese e rapportandosi con la più totale impermeabilità alle richieste che emergono dal Paese reale, in barba a tutte le minime norme democratiche e a quelle  Costituzionali.

La cifra di questa modalità di procedere si basa su una lettura univoca della crisi evidenziata dalla pandemia: il Covid 19 è stato un incidente di percorso, da una parte quasi benvenuto, avendo permesso di occultare gli elementi sistemici e strutturali della crisi stessa, dall’altra visto come un’occasione irripetibile per riorganizzare su basi molto più autoritarie il modello economico-sociale capitalistico.

Nasce da qui la traduzione delle parole “ripresa” e “resilienza” che attraversano la strategia di fondo dei prossimi anni. Per “ripresa” si intende il trittico crescita-concorrenza-competitività rivolto alle grandi imprese e ai grandi interessi finanziari, sulla base del convincimento che sia il benessere delle imprese a determinare il benessere della società. Per “resilienza” si intende la rassegnazione rivolta alla popolazione, sulla base del convincimento che questo sia l’unico, se non il migliore, mondo possibile.

Siamo dentro una crisi eco-climatica drammatica ed epocale? Siamo attraversati da una diseguaglianza sociale senza precedenti? Secondo la declinazione dei poteri forti, l’unico modo di affrontare queste grandi sfide è quello dell’innovazione tecnologica e green, che permette di parlare di trasformazione, a patto che si lascino immutati i rapporti di forza dentro la società. Se il modello liberista non può più contare sul consenso, dovrà fondarsi sulla rassegnazione.

Il quadro dei provvedimenti messi in campo rende chiara la perseveranza con la quale si cerca di attuare una nuova fase di accumulazione di profitti: dalle scelte sulla cosiddetta transizione ecologica, che, invece di prendere atto dell’impossibilità di una crescita infinita dentro un mondo finito, utilizzano l’ambiente come nuova frontiera della predazione estrattivista e dell’espansione del mercato; alle politiche fiscali e del lavoro, che amplificano la diseguaglianza sociale, la precarietà, le delocalizzazioni e che, con la sciagurata Alternanza Scuola-Lavoro, stanno immolando giovani vite all’altare della produttività gratuita; dalle scelte su scuola e sanità, che, messe a dura prova dalla pandemia, non vedono alcuna inversione di rotta nei confronti di aziendalizzazione e privatizzazione, alla questione del Debito e a quella del Ddl Concorrenza che ha l’obiettivo di mettere sul mercato tutti i beni comuni e i servizi pubblici locali, espropriando nei fatti di qualunque autonomia e decisionalità gli enti di prossimità; dalle politiche di riarmo, che quest’anno battono ogni record, con una possibile nuova guerra all’interno del continente europeo, alle politiche dell’Europa-fortezza contro ogni diritto a migrare; nessun significativo intervento invece sulle problematiche di genere, punto di assoluta arretratezza della nostra società o sui diritti civili, dove addirittura la Corte Costituzionale nega l’ammissibilità al referendum sull’eutanasia ( e, guarda caso, a quello sulla cannabis).

“Come prima, più di prima” sembrano dirci governo, imprese e interessi finanziari. Tutti adepti di Elon Musk e Jeff Bezos, pronti a lanciare nuovi simboli fallocratici nello spazio per il godimento turistico di una manciata di super-ricchi e, soprattutto, a negare a se stessi e al mondo una semplice verità: quella di un mondo iper-globalizzato e iper-tecnologico messo in scacco da oltre due anni da un minuscolo essere vivente, che ha fatto saltare tutte le connessioni e rinchiuso in casa oltre metà della popolazione del pianeta.

Dentro questo quadro, non tutti hanno rispettato il copione loro assegnato. Già dalla fine del primo lockdown, realtà associative, sindacali e di movimento hanno iniziato ad incontrarsi per partire da una lettura radicalmente diversa della crisi evidenziata dalla pandemia, che, lungi dall’essere un incidente di percorso, è il risultato di una visione di fondo che vede nel mercato l’unico regolatore sociale e nell’economia del profitto l’unica leva di organizzazione della società.

L’insieme di queste realtà –oggi oltre 450- ha colto i significati profondi della pandemia, assumendo da una parte l’evidenza della totale insostenibilità del modello capitalistico, dall’altra la necessità di una convergenza delle lotte per porre la sfida al livello più alto, quello dell’alternativa di società.

“Contro l’economia del profitto, costruire la società della cura” è stato il titolo del manifesto valoriale nel quale esperienze molto diverse fra loro si sono riconosciute, partendo da alcuni concetti di fondo: la vulnerabilità delle vite e delle persone, la stretta interdipendenza fra loro e con l’ambiente che abitano, il riconoscimento dei beni comuni, il paradigma della cura.  Elementi che disegnano una società radicalmente altra, capace di mettere il “noi” della condivisione al posto dell’ ”io” della solitudine competitiva, di avere come orizzonte l’interesse generale e non il particolare privatistico, di mettere la riappropriazione sociale e partecipativa contro la divisione del mondo in vite degne e vite da scarto.

Da quel manifesto, è stato intrapreso un percorso, basato sulla convergenza, intesa come il contributo, necessario e insostituibile, che ogni lotta, vertenza, esperienza e pratica messa in atto può portare alla costruzione di un altro orizzonte sociale: dalle mobilitazioni sociali nazionali e diffuse nei territori per rivendicare una gestione totalmente diversa della pandemia, alla scrittura collettiva del Recovery Planet in contrapposizione al Recovery Plan del governo; dalla costruzione nel luglio 2021 del ventennale di Genova alle mobilitazioni del G20 dello scorso ottobre.

L’insieme di questo processo si appresta ora ad un ulteriore salto di qualità, attraverso la costruzione del primo Forum della convergenza dei movimenti, che si terrà dal 25 al 27 febbraio a Roma (https://societadellacura.blogspot.com/2022/02/il-forum-della-convergenza-dei.html).

Una tre giorni di confronto politico con il doppio obiettivo di costruire una piattaforma sociale condivisa dei movimenti e di lanciare una primavera di mobilitazione sociale di convergenza, in grado finalmente di incidere sulle scelte politiche per il Paese e di consolidare la costruzione di un’opposizione sociale al governo Draghi e alla prosecuzione delle politiche liberiste.

Il Forum della convergenza dei movimenti riunirà centinaia di persone intorno a cinque sessioni di confronto, ciascuna delle quali organizzata per rispondere a una grande domanda della fase che stiamo attraversando:

  1. Crisi eco-climatica – dal cibo all’acqua, dall’energia alla produzione di beni e servizi, come si attua la transizione ecologica della società?
  2. Lavoro e nuova economia – come si attuano la redistribuzione della ricchezza, il diritto al reddito, la socializzazione dei diritti e della funzione del lavoro?
  3. Crisi internazionale – tra debito, politiche europee e commercio internazionale, politiche anti-migratorie, corsa al riarmo e guerre, come si attua una politica di pace, cooperazione e solidarietà internazionale?
  4. Democrazia del comune – tra territorio e beni comuni, spazio civico e conflitto sociale, come si attua l’autogoverno democratico delle comunità?
  5. Diritti sociali universali – quale sanità, quale istruzione, quali infrastrutture sociali per un welfare di tutte e di tutti?

L’insieme di quanto prodotto dalle sessioni di confronto politico confluirà nell’assemblea conclusiva intitolata “Costruire l’opposizione sociale, avviare una primavera di mobilitazione”.

Si tratta di una tappa importante per ridare speranza a un Paese stremato e frammentato. Una tappa la cui fertilità verrà misurata dalla capacità di costruire una contro-narrazione dal basso e di avviare un conflitto sociale diffuso e partecipato.

Il Granello di Sabbia, per favorire e diffondere la presa di parola e di responsabilità dei cittadini ha dedicato questo numero al dare voce a tutte le pratiche, le vertenzialità e le posizioni che il vasto mondo dei Movimenti e dell’Associazionismo sta proseguendo a produrre sui cinque scenari identificati dal Forum: “ Recuérdalo tu y recuérdalo a otros“ (da  “1936” di  Luis Cernuda).

Attac Italia dedicherà tutte le sue energie per creare forte consenso e convergenza verso un’immediata campagna sullo stralcio dell’ art 6 del Ddl Concorrenza e, a partire dal prossimo autunno, per lanciare “Riprendiamoci il Comune”, con la presentazione di due Leggi di iniziativa popolare, una sulla Riforma della Finanza Pubblica locale, l’altra sulla socializzazione di Cassa Depositi e prestiti.

Nell’eterno conflitto fra la Borsa e la vita, ci chiedono di rassegnarci al dominio della Borsa.

È venuto il momento di scegliere la vita. Tutte e tutti insieme, la vita.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 48 di Gennaio-febbraio 2022: “Cosa bolle in pentola?

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