Putin: quando conta la psicologia

Questo articolo non vuole essere una disamina della questione geopolitica che sta ruotando attorno all’Ucraina, ma, più semplicemente, vorrei sottolineare un interessante aspetto psicologico di tutta la faccenda: da una parte abbiamo la presenza di una figura solida, concreta e determinata – quella di Putin – e dall’altra la prepotente e vistosa assenza di una figura equivalente, sul fronte occidentale.

Joe Biden è lontano milioni di chilometri dal cuore della faccenda: un po’ perché l’America non può avere direttamente voce in capitolo in una questione che riguarda i rapporti diretti fra Russia e Ucraina, un po’ perché il personaggio stesso del presidente americano è totalmente inconsistente: insicuro, dubbioso, decisamente poco credibile sia nel momento delle minacce che in quello delle rassicurazioni. È come un vecchio trombone che borbotta da lontano, ma che nessuno si sente veramente in dovere di ascoltare.

Anche l’Europa non sta facendo altro che confermare la sua natura di una unione puramente formale, totalmente incapace di dimostrare coerenza o di presentarsi con una voce unita alle grandi crisi internazionali. E il goffo tentativo di Macron di riempire questo vuoto, presentandosi a Mosca come mediatore per l’occidente, non ha fatto altro che peggiorare la situazione.

Per ultima la Nato, che vorrebbe tanto poter avere voce in capitolo, ma che resta esclusa dai giochi proprio perché l’Ucraina non ne fa parte.

Ed ecco che in questo vuoto totale di rappresentanza da parte occidentale, di colpo troneggia imperiosa, sul fronte opposto, la figura decisa e compatta di Vladimir Putin.

E come se quest’uomo si fosse accorto di non avere in realtà di fronte un vero opponente valido, ma solamente un coacervo di nazioni diverse, tutte talmente prese ad occuparsi degli interessi nazionali da essere del tutto incapaci di mostrare un volto comune al presidente russo.

Ed è forse questo l’elemento che potrebbe decidere a sfavore della pace e a favore della guerra. Il fatto che Putin si sia reso conto di non avere di fronte un vero e proprio opponente compatto potrebbe fargli venire la tentazione di forzare la mano dal punto di vista militare. E di certo il riconoscimento di oggi degli stati indipendenti del Donbass sembra andare in quella direzione.

E come se un pugile si fosse preparato per molti mesi ad un decisivo incontro per il titolo mondiale, ma una volta salito sul ring si fosse accorto che l’avversario in realtà non esiste. Ci sono sono degli asciugamani, uno sgabello, e alcuni allenatori che parlottano fra loro. Ma l’avversario non c’è.

E questo potrebbe fargli venira la voglia di iniziare troppo presto la danza di vittoria, con tutte le conseguenze negative che una scelta del genere potrebbe portare.

Massimo Mazzucco

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