Storia delle invasioni dal 3000 a.C. a oggi

Modello standard funzionante in ogni epoca, ad ogni latitudine e per ogni “Grande della Terra”, tornato in voga negli anni della guerra fredda.

Immaginate, con me, che il testo che segue sia tratto da un manoscritto magari rinvenuto in siti archeologici sparsi nel mondo. Immaginiamo e riflettiamo.

Quanto segue riguarda pochi eletti, possibilmente abituati a vivere nell’ombra.

Per dare un senso all’enorme mole di spese in armamenti sostenute da una nazione ed evitare che l’umanità si rammollisca e si dimentichi che è fortunata, è necessario, doveroso e imprescindibile provocare un’invasione, o meglio una guerra, con una tempistica e una localizzazione che vanno definite con un anticipo almeno decennale.

A tal’uopo, individuate un territorio sufficientemente vasto al confine con quello del vostro peggior nemico o del vostro migliore amico (cambia poco, il mondo è volubile).

Nel tempo fate in modo di riempire quel territorio di armi, mandateci anche qualcuno a insegnare le più moderne tecniche militari, ad addestrare interi battaglioni all’impiego di ogni diavoleria tecnologica.

Coprite il tutto con una cortina fumogena di democrazia, magari insediando (o lusingando) un leader un po’ dispotico che comunque è stato eletto o acclamato dal suo popolo…

Lasciate rosolare a fuoco lento, illudete il Leader (sia esso un Re, un Faraone, un Presidente un Maresciallo) di avere il controllo della situazione, che sta diventando invincibile e che nessuno ne apprezza le doti di condottiero e, ogni tanto, fate trapelare qualche informazione che mette in luce gli aspetti deplorevoli della deriva di onnipotenza, come se fosse uno squarcio di verità nella menzogna.

Se ne avete modo, maltrattate i simpatizzanti del vicino che, inevitabilmente, ci sono a ogni latitudine tranne che al Polo Nord.

Indignatevi se ci sono violenze e maltrattamenti.

Il vicino comincerà a infastidirsi, farà piccole sortite, rosicchiando qualche metro, per vedere come realmente stanno le cose. Per capire se i simpatizzanti stanno raccontando frottole o realmente sono vessati. Alla fine prenderà una decisione, altrimenti perderebbe la faccia e, soprattutto, non avrebbe l’opportunità di provare l’ultima generazione di balestre a rinculo controllato e di lanciafiamme selettivi.

La decisione sarà, sempre e irrimediabilmente, la stessa: invadere e rendere inoffensiva la minaccia reale o presunta (sono le più diffuse e le meno costose, basta costruire qualche prova). E lo farà in modo così eclatante da dissuadere anche il patriota più convinto, l’alleato più fedele, da ogni possibile reazione.

E’ il gioco delle parti, ci si indigna a turno da dietro le scrivanie o durante i party alle ambasciate, oggi a me domani a Te, il tutto in un minuetto aggraziato con qualche voluto sfondone per rendere la teatralità più credibile. E’ un mondo adulto, si sbaglia da professionisti (come direbbe Paolo Conte).

Il tutto mentre migliaia di bambini indifesi, inermi e incolpevoli vengono catapultati in situazioni che ne distruggeranno la serenità per sempre, che li priveranno di prati su cui poter correre perché dovranno prima essere sminati e, soprattutto, li educheranno all’odio per qualcosa o qualcuno. Nulla di più lontano da quanto dovremmo dare a un bambino.

La storia delle invasioni insegna che nessun luogo è sicuro, nessuna democrazia inviolabile, perché l’unico strumento efficace nel controllo delle masse è la paura. Solo la paura educa all’obbedienza. Solo la paura fa stare chiusi in casa.

Cambia poco se la paura è chimica, biologica o esplosiva. Importante è che si passi da una paura all’altra, senza soluzione di continuità.

Quello che conta è garantire, e innalzare, sempre e costantemente le diseguaglianze per evitare la ribellione delle masse. Per questo ci si alterna nel ruolo di invasore o guerriero in un equilibrato rimpallo di morte e distruzione in un posto che si chiama “altrove”.

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