È stato un 8 marzo in cui in tutto il paese ci si è riprese le strade dopo due anni di pandemia in occasione dello sciopero globale transfemminista indetto da Non Una Di Meno.
Da nord a sud una marea vera e tumultuosa si è riversata nelle strade per ribadire che la rivoluzione o sarà transfemminista o non sarà, il cambio di sistema passa tassativamente anche per l’abbattimento del patriarcato.
Anche l’Europa come il Sud America non sono rimaste silenti davanti al women strike, un fiume di corpi di donne e soggettività lgbtqia+ ha riempito le strade delle metropoli ma anche delle città più piccole.
Le parole chiave della marea transfemminista sono state intersezionali e quasi globali, dalla condanna delle guerra in Ucraina e di tutte le guerre figlie del capitalismo, con la richiesta di disertare immediatamente questi conflitti, passando per la lotta al cambiamento climatico ribadendo che corpi e territori non sono terreni di conquista.
Corpi che scendono in piazza contro la violenza maschile patriarcale e razzista che porta ad un accesso differenziale ai diritti di base chi non è bianco, uomo e benestante, che ribadiscono il diritto all’autodifesa femminista laddove le divise non sono garanzia di sicurezza ma ennesima minaccia di molestie e violenze.
La lotta transfemminista che da voce a tutte quelle donne e soggettività lgbtqia+, 120 dal 2021 ad oggi, vittimə di femminicidi, lesbicidi e tras*cidi, che pretende l’abbattimento del gender pay gap, rivendica il diritto al reddito di autodeterminazione e l’aumento cospicuo dei finanziamenti ai veri centri antiviolenza e non ai movimenti bigotti per la famiglia.
Nel 2022 le manifestazione transnazionali continua a ribadire al mondo l’accesso all’aborto libero e sicuro, senza personale obiettore o pro-life negli ospedali e consultori, continuano a volere un’educazione sessuale, al consenso e all’affettività tale di questo nome nell’ambito della formazione tutta.
La quarta ondata transfemminista dopo cinque anni e due di pandemia è più viva che mai, la sua potenza sta nell’essere davvero intersezionale nelle lotte ma anche senza età, guardandoci intorno nelle piazze di questo martedì abbiamo visto persone di ogni età, dall’infanzia fino alla pensione, tra pañuelos fucsia o verdi, cori, striscioni, scritte sui muri, attacchinaggi, spazi pubblici temporaneamente occupati, disposte a mettere il proprio corpo a favore dell’abbattimento del capitalismo e del patriarcato.
Ogni tanto qualcunə chiede dove sono le femministe, ieri ha avuto un piccola risposta di quanto i corpi in lotta non restano silenti mai e anzi continuano a costruire reti solidali nelle quali tessere percorsi di lotta interconnessi, riprendendo la foto di Michele Lapini di copertina scattata a Bologna: “Guarda quanto siamo forti quando siamo insieme”!
** Pic Credit: Michele Lapini