DDL Concorrenza: il nuovo attacco all’acqua e ai beni comuni

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di Paolo Carsetti (Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua)

Una delle operazioni culturali più efficaci e, contemporaneamente, più devastanti che sono state fatte passare in questi anni è la trasformazione dei diritti in privilegi.
Operazione che è andata di pari passo con tutta la vicenda del debito, shock che è servito “a far diventare politicamente inevitabile ciò che è socialmente inaccettabile”.

Ora, sfruttando l’emergenza sanitaria e la conseguente crisi economico-sociale, per chi -come il governo, gran parte del Parlamento, i poteri economici forti- vede nel mercato l’unico regolatore sociale, si presenta l’occasione per rilanciare una nuova stagione di privatizzazioni attraverso al combinato disposto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del disegno di legge sulla concorrenza.

La 4° linea d’azione “Tutela del territorio e della risorsa idrica” del PNRR contiene la cosiddetta riforma del settore idrico volta al rafforzamento della governance del servizio.
In realtà questa riforma punta alla “conquista” del Sud Italia da parte delle società multiservizi del centro nord e quindi alla definitiva privatizzazione. Le stesse, costituite con una compagine societaria pubblico-privato, si muovono in una logica del tutto privatistica, gestiscono il servizio idrico integrato con regole, a partire dal metodo tariffario, che garantiscono certezza del profitto.
La strategia di rilancio dei processi di privatizzazione appare, dunque, sufficientemente chiara e, sostanzialmente, si incentra sull’allargamento del territorio di competenza delle grandi aziende multiservizio quotate in Borsa, che gestiscono i fondamentali servizi pubblici a rete (acqua, rifiuti, luce e gas) in dimensioni territoriali significativamente ampie.
Nello specifico del servizio idrico integrato ci si appresta a utilizzare una sorta di ricatto, ossia si subordina l’attribuzione delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza all’affidamento a gestori “efficienti” che guarda caso coincidono con suddette aziende. Anche qui, peraltro, tale scelta non discende da nessuna disposizione di legge, così come l’efficienza può essere messa in pratica anche da aziende di diritto pubblico.
L’effetto di questa cosiddetta “riforma” della governance dell’acqua si risolverà, quindi, nell’ennesima esplicita violazione della volontà popolare espressa con i referendum del 2011.

Ma il più pericoloso e forte attacco all’acqua e ai beni comuni arriva dal Disegno di Legge sulla concorrenza, licenziato il 4 novembre dal Consiglio dei Ministri e attualmente in discussione al Senato. Questo provvedimento rientra tra le condizionalità imposte dalla Commissione europea per l’erogazione dei fondi del PNRR e costituisce lo strumento mediante il quale s’intende definitivamente assoggettare l’acqua e i beni comuni alle regole del mercato e del profitto.
In particolare l’articolo 6 interviene sull’intera materia dei servizi pubblici locali puntando a limitare in maniera decisa il ricorso all’auto-produzione del servizio, compresa la vera e propria gestione pubblica, indirizzando l’Ente Locale verso le forme di gestione più privatistiche (gara e società misto pubblico-privato).
Si tratta di una serie di norme ispirate da un approccio ideologico rispetto ai benefici dell’affidamento al privato nonostante la realtà dei fatti dimostri il contrario, soprattutto nel servizio idrico: aumento delle tariffe, investimenti insufficienti, aumento delle perdite delle reti, aumento dei consumi e dei prelievi, carenza di depurazione, diminuzione dell’occupazione, diminuzione della qualità del servizio, mancanza di democrazia.

Gli Enti Locali che opteranno per l’auto-produzione del servizio saranno costretti a “giustificare” (letteralmente) il mancato ricorso al mercato e dovranno dimostrare anticipatamente e poi periodicamente le ragioni di tale scelta, sottoponendola al giudizio dell’Antitrust, oltre a prevedere sistemi di monitoraggio dei costi.
Mentre per i privati la strada è in discesa avendo solo l’onere di produrre una relazione sulla qualità del servizio e sugli investimenti effettuati.
Inoltre, si prevedono incentivi per favorire le aggregazioni indicando così chiaramente che il modello prescelto è quello delle grandi società multiservizi quotate in Borsa che diventeranno i soggetti monopolisti (alla faccia della concorrenza!) praticamente a tempo indefinito. Tutto ciò in perfetta continuità con quanto previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
È eclatante la contraddizione tra la tanto decantata concorrenza e il fatto, noto a tutti, per cui nel servizio idrico questa non esiste configurandosi come un monopolio naturale.
In ultimo, questa norma rischia di restringere fortemente il ruolo degli Enti Locali espropriandoli di una loro funzione fondamentale come la garanzia di servizi essenziali e dei diritti ad essi collegati, per cui da presidi di democrazia di prossimità saranno ridotti a meri esecutori della spoliazione della ricchezza sociale.

In estrema sintesi questo provvedimento rappresenta il punto di demarcazione tra due diverse culture, quella che considera un dovere il rispetto e la garanzia dei diritti fondamentali e quella che trasforma ogni cosa, anche le persone, in strumenti economici e merci.

D’altronde il Presidente del Consiglio Mario Draghi non ha mai dissimulato la volontà di voler contraddire l’esito referendario.
Il 5 agosto 2011, solo un mese e mezzo dopo lo svolgimento della consultazione, in qualità di Governatore della Banca d’Italia firmò, insieme al Presidente della Banca Centrale Europea Jean Claude Trichet, la lettera all’allora Presidente del Consiglio Berlusconi in cui indicava come necessarie e ineludibili “privatizzazioni su larga scala” in particolare della “fornitura di servizi pubblici locali”.
Oggi Draghi, da Premier con pieni poteri, cerca di realizzare questo obiettivo, incurante che il combinato disposto del DDL Concorrenza e del PNRR si configuri come un attacco alla volontà popolare e uno schiaffo agli oltre 26 milioni di italiani che ai referendum del 2011 hanno indicato una strada diametralmente opposta: lo stop alle privatizzazioni e alla mercificazione dell’acqua.

Occorre andare in tutt’altra direzione.
In primo luogo, dando attuazione alla volontà referendaria disattesa in tutti questi anni e riconoscendo il ruolo fondamentale di servizio pubblico, va finalmente prodotta la ripubblicizzazione del servizio idrico. A tal fine, va approvata quanto prima la legge presentata dal movimento per l’acqua la cui discussione è colpevolmente in stallo da oltre tre anni in Commissione Ambiente della Camera. Una legge che si pone l’obiettivo di promuovere una gestione pubblica, partecipativa e ambientalmente ecosostenibile, con tariffe eque per tutti i cittadini, una legge che garantisca gli investimenti necessari (fuori da qualsiasi logica di profitto) e i diritti dei lavoratori. Gli oneri della ripubblicizzazione, stimati in circa 2 miliardi di € una-tantum, vanno posti all’interno del PNRR, visto che essa va considerata a tutti gli effetti intervento di carattere strutturale per il rilancio e il miglioramento del servizio idrico.

Per rendere possibile tutto ciò bisogna bloccare il DDL Concorrenza e fermare le nuove privatizzazioni dando vita a una grande campagna diffusa su tutti i territori.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 49 di Marzo-Aprile 2022: “Si scrive concorrenza, si legge privatizzazione”

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