Nel 1948 entra in funzione l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità, o WHO, World Health Organization), l’agenzia dell’ONU che, secondo il suo Statuto, ha come obiettivo principale il raggiungimento del più alto livello di salute possibile da parte di tutte le popolazioni mondiali, indipendentemente da razza, religione, credo politico, condizione economica e sociale. Ha sede a Ginevra e ne fanno parte 194 Stati. Attualmente è guidata dall’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus. Le macro aree su cui lavora riguardano il rafforzamento della copertura sanitaria universale, la prevenzione e l’intervento in caso di emergenze sanitarie e, più in generale, il raggiungimento di salute e benessere fisico, mentale e sociale a livello globale.
La pandemia da Covid-19 ha portato alla ribalta del discorso politico, internazionale e non solo italiano, il tema della sanità: smantellata e svenduta ai privati negli ultimi decenni di neoliberismo, si discute di come debba tornare a essere pubblica ed efficiente, con investimenti nei servizi sanitari nazionali. L’OMS è un’istituzione pubblica di diritto internazionale: a rigor di logica, visto anche il peso della sua voce, nel bene e nel male, in caso di emergenze sanitarie, dovrebbe essere finanziata dagli Stati stessi. Al contrario, sta in piedi grazie ai soldi di realtà private. Quel che occorre capire è quale potere decisionale hanno queste ultime all’interno dell’agenzia e perché danno denaro all’OMS. Beneficenza? Non sembra proprio. Leggiamo i numeri.
OMS: come si finanzia
L’OMS si sostiene in base a due principali tipi di finanziamenti: i predefiniti, detti “assessed”, e i “volontari”. I primi, che potremmo chiamare anche ‘quote di adesione’, sono quelli con cui ogni Paese membro partecipa sulla base del proprio Pil; i secondi possono provenire sempre dagli Stati, in aggiunta al loro contributo dovuto, ma anche da altri partner, come organizzazioni intergovernative, fondazioni filantropiche, realtà private o misto pubblico/privato. A differenza degli assessed, i fondi volontari possono essere di tre tipi a seconda del loro grado di flessibilità.
La peculiarità del sistema è che solo i primi (AC, Assessed Contributors) sono finanziamenti totalmente flessibili, ovvero danno piena libertà all’OMS di deciderne l’utilizzo, quindi di stabilire la propria agenda e priorità in un quadro complessivo che tenga insieme tutte le articolate necessità di intervento a livello mondiale. I fondi volontari invece, a parte una voce minore anch’essa totalmente flessibile (CVC, Core Voluntary Contributions), sono per la maggior parte indirizzati, e vincolati, a progetti che ogni donatore sceglie in base alle sue priorità e necessità. In apparenza beneficenza, di fatto investimenti mirati – vedremo come possono portare profitti – che spesso non coincidono con gli obiettivi costituzionali dell’agenzia. Come riportato nel sito dell’OMS, “negli ultimi anni, i contributi volontari hanno rappresentato più di tre quarti del finanziamento dell’Organizzazione” (1), ma appena il 3,9% di questi sono completamente incondizionati/flessibili. Il che significa che l’OMS ha piena discrezionalità di utilizzo, per finanziare il proprio lavoro programmatico (2), su una parte irrisoria dei suoi fondi. Ecco perché il 25 maggio 2020 il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus sottolineava l’importanza di mantenere flessibili i fondi dell’organizzazione, dato il ribaltamento delle percentuali negli ultimi decenni. Ovvero, se negli anni ‘70-80 gli AC (Assessed Contributions/fondi flessibili) erano più dell’80% del budget totale, nel 2020 si sono ridotti al 20% (3).
In parole povere questo meccanismo di finanziamento comporta da anni una fortissima dipendenza economica e soprattutto politica dell’OMS dai suoi donatori, per lo più privati. Di per sé quindi un meccanismo rischioso, a meno che i benefattori non investano su programmi in linea con gli obiettivi e le politiche dell’OMS. Ma…
Chi finanzia cosa?
Come riferimento della nostra indagine abbiamo preso in esame il biennio 2018-19, essendo il biennio successivo (2020-21) in corso e falsato dall’evento Covid; il 2018-19 può anche essere la lente di un’analisi generale, essendo i bienni precedenti piuttosto simili. Non a caso già nel 2014 l’allora direttrice generale Margareth Chan dichiarava al New York Times che il budget dell’OMS era vincolato da ciò che lei stessa definì “gli interessi dei donatori” (4).
Ed ecco che in Tabella 1 troviamo la Top Ten dei più importanti finanziatori dell’organizzazione, divisi a seconda dei tipi di contributi che erogano (più o meno flessibili). Dalla tabella scopriamo che i due primi attori sono il governo USA e la Fondazione Bill & Melinda Gates (da qui in poi B&MGF) la quale, per il biennio in corso (2020-21), ha addirittura superato l’elargizione del governo americano – che ha risentito della conflittualità trumpiana con l’OMS per la pandemia di Covid-19 – con i suoi 789 milioni di dollari contro i 610 degli USA, piazzandosi primo finanziatore mondiale (Tabella 2). Al quarto posto, solo dopo il Regno Unito, è poi Gavi Alliance (5), sostenuta a sua volta in modo preponderante sempre dalla B&MGF (6): in tempi non sospetti infatti, Gates è stato fautore della sua nascita e oggi la Fondazione Gates è membro permanente del CdA di Gavi (7). Se consideriamo inoltre che i primi dieci contributori coprono circa il 60% del bilancio dell’OMS, e da soli i primi cinque addirittura il 45%, si chiarisce subito l’enorme peso che i privati giocano all’interno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Limiti del modello finanziario
Sempre in Tabella 1 (dati in arancio) leggiamo che i finanziamenti vincolati a programmi specifici e scelti a priori dai donatori (SVC, Specified Voluntary Contributions/non flessibili) sono quelli più sostenuti. Sia gli Stati membri che i privati, ovvero, preferiscono di gran lunga investire in programmi ‘a tema’ sulla base dei loro interessi, piuttosto che demandare l’incarico di stabilire le priorità della salute mondiale all’ente che dovrebbe occuparsene. A differenza dei suoi donatori, infatti, l’OMS deve tener conto del quadro complessivo se vuole ridurre le disparità tra i Paesi di serie A e B in tutto il mondo, garantire sistemi sanitari efficienti e promuovere equità perseguendo gli scopi che il suo Statuto prevede; ma di fatto non può farlo finché il meccanismo contributivo su cui si fonda permette agli stessi Stati, e soprattutto ai privati, di vincolarne scelte, manovre e obiettivi. Salvo le importanti campagne vaccinali, che i big del pianeta hanno tutta la convenienza a promuovere – come vedremo – nei Paesi poveri i programmi volti alla tutela della salute generale, che dovrebbero partire in primis dal rafforzamento dei sistemi sanitari pubblici, non sono mai decollati, seppur siano da sempre tra gli obiettivi prioritari dell’organizzazione.
Se dunque gli Stati più ricchi e i privati decidono della sanità mondiale e i Paesi più poveri, non potendo partecipare che in modo irrisorio sul piano finanziario, vedono il loro peso decisionale fortemente compromesso se non nullo, è chiaro quanto l’OMS sia diventata un’istituzione funzionale agli interessi di pochi. Non a caso da anni si discute la necessità di un intervento sostanziale che metta mano ai suoi meccanismi interni di finanziamento e la renda più indipendente dagli obiettivi dei privati che la sostengono.
Programmi più finanziati e SSN
Prendendo in esame in particolare i primi cinque della Top Ten, essendo i più significativi in termini di peso dei contributi che erogano (pari al 45% del totale), in Tabella 3 vediamo che i programmi più sovvenzionati sono due, così denominati: “Eradicazione della poliomielite”, finanziato per ben il 60,6% dalla Fondazione Gates, e “Malattie prevenibili con vaccino” sostenuto per oltre il 70% dalla Gavi Alliance. I programmi dedicati al rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali, SSN (in blu in Tabella 3) non ricevono invece che irrisori finanziamenti (percentuali sotto il 5, eccetto per un 5,3%) e per questo si trovano solo a 8°, 9°, 10° e 14° posto della classifica dei programmi più finanziati dell’OMS.
In Tabella 4, vediamo in ulteriore dettaglio questi progetti. Sono composti da quattro macro aree tematiche d’intervento (cosiddette Programme Area) che sono alla base del programma generale “Sistemi Sanitari” dell’OMS per il biennio 2018-19 – un programma (Health Systems) sempre presente, ma che di biennio in biennio può chiaramente modificare alcune delle sue aree di intervento.
Bill Gates: un caso emblematico
I privati dunque preferiscono finanziare i ‘loro’ progetti specifici, ma a differenza di quanto possa sembrare e di quanto si vantino di fare, non si tratta di beneficenza ‘senza scopo di lucro’: il caso Bill Gates è emblematico.
Se negli ultimi cinque anni la B&MGF fa donazioni per 23,5 miliardi di dollari e registra profitti per 28,5 miliardi – come dichiarato dalla stessa Fondazione nel modulo compilato per ottenere sgravi fiscali (990 IRS Form [8]) – si dovrebbe far fatica a chiamarla beneficenza, tanto più che come tale è completamente detassata. Come spesso accade, la beneficenza è in realtà un modo per fare profitti senza incorrere in imposte. E più i super ricchi come Gates hanno vantaggi fiscali, fino al 40% in USA secondo un’inchiesta del marzo 2020 dello storico settimanale americano The Nation (9), più lo Stato deve compensare i mancati incassi. Il che non può che tradursi o in più tasse per i cittadini o in sistemi pubblici (sanitari e non) sempre più carenti, servizi mancanti, inefficienze e ritardi.
Non solo. Mentre la B&MGF fa ingenti donazioni all’OMS, finanzia anche, in varie forme, aziende private del settore sanità, in un chiaro conflitto di interessi tra la Fondazione stessa e Big Pharma. Al fine di perseguire “opportunità reciprocamente vantaggiose” con i produttori di vaccini, come dichiarato nel sito della Fondazione stessa, nel portfolio investimenti della B&MGF compaiono infatti nomi quali Bayer, BioNTech Pfizer e Sanofi, solo per citarne alcuni (10). Che si tratti di Direct Equity Investment (acquisto diretto di azioni), di Equity Fund (acquisto di azioni tramite un Fondo azionario) o ancora di Loan & Credit Enhancements (prestiti, tramite finanziamenti o acquisto di obbligazioni), Gates fa profitti: tramite i dividendi delle azioni o grazie agli interessi su prestiti/obbligazioni. Dunque, da una parte la Fondazione dona denaro all’OMS, vincolandolo a programmi di intervento specifici, dall’altra ha diretti interessi finanziari nelle aziende che negli stessi programmi vengono coinvolte, incrementando così fatturato e utili (11). Grazie a questo redditizio meccanismo beneficenza/investimenti il ‘filantropo’ Gates ha più che raddoppiato il suo patrimonio in poco più di dieci anni, dai 58 miliardi di dollari del 2008 (12) ai 129 miliardi di dollari di oggi (13).
È chiaro a questo punto che, al fine di tenere in piedi e sotto controllo un redditizio sistema così ben congegnato, le realtà private, così come quelle pubblico/privato, non abbiano alcun interesse a finanziare i programmi dell’OMS che creano, sostengono o accrescono i sistemi sanitari nazionali.
La mancata efficienza dei SSN
Così anche un report della Global Public Health del 2014 (14) approfondisce come questo modus operandi a favore di investimenti mirati, chiamato addirittura “Gates approach”, e promosso in primis da Gavi Alliance, si sia diffuso ormai da anni anche nel settore misto pubblico-privato e non venga contrastato dalle politiche governative degli Stati. Questo perché, come spiega il rapporto, le GHI (public-private Global Health Initiatives) si concentrano su interventi sanitari “verticali” come i vaccini e i farmaci. Interventi che danno risposte precise e misurabili a problemi specifici e che riscuotono immediato successo perché si fondano sul paradigma tecno-manageriale tipico del sistema neoliberista: per esempio le analisi del rapporto qualità-prezzo attraverso prove di rapporto costo-efficacia. Peccato non tengano minimamente conto della complessità del sistema-mondo e della necessità di approcci “orizzontali”, quali appunto la costruzione e il rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali, nei Paesi poveri prima di tutto. Si legge nel rapporto: “I critici ribattono che le GHI sono un’arma a doppio taglio: mentre aumentano in modo massiccio le risorse disponibili per la salute globale, rafforzano anche un approccio aziendale alla governance e soluzioni tecniche circoscritte per la salute. Fondi globali ad alto volume da tali partenariati possono anche interrompere i processi politici e di pianificazione dei Paesi beneficiari, per esempio distraendo i governi dagli sforzi coordinati per rafforzare i sistemi sanitari e introducendo la ‘ri-verticalizzazione’ della pianificazione, gestione, monitoraggio e valutazione sistemi”.
Come riporta il report, lo stesso Julian Lob-Levitt, medico britannico ex Ceo di Gavi, all’epoca del suo incarico (2004-2010) ha cercato, insieme a un piccolo gruppo di colleghi, di sostenere l’idea che alcuni dei finanziamenti destinati ai vaccini Gavi dovessero essere deviati ai SSN, in quanto “sono necessari sistemi sanitari forti per sostenere un’elevata copertura vaccinale”. Un ex membro dello staff di Gavi ha rivelato a Katerini T. Storeng, autrice del report, quanto Lob-Levitt fosse consapevole dell’“assurdità delle campagne di vaccino che richiedono quattro settimane per pianificare, implementare e ripulire e che, se ripetute otto volte l’anno, paralizzano totalmente il sistema sanitario”. Eppure il “Gates approches”, che vede nelle soluzioni bio-tecnologiche – farmaci e vaccini – l’unica risposta a malattie specifiche, senza curarsi del contesto sociale e di vita, e nelle soluzioni mirate le uniche possibili per curare la popolazione mondiale, ha finito per avere la meglio non solo all’interno di Gavi – dove, ricordiamo, il peso della Fondazione Gates è determinante – ma anche all’interno dell’OMS e degli stessi governi nazionali.
E così, mentre la classe dirigente politica, oggi più che mai, non fa che parlare di diritto alla salute e di sanità pubblica, da decenni lascia spazio al privato, che ha interesse al profitto e non ai diritti. Anche quando lo chiama ‘beneficenza’. Il caso OMS diventa dunque esemplare di un sistema-mondo dove equità, ridistribuzione, uguaglianza e diritti hanno ancora una lunga strada da percorrere.
Di Erika Bussetti, rivistapaginauno.it
NOTE
1) https://www.who.int/about/finances-accountability/funding/voluntary-contributions/en/
2) https://www.who.int/about/funding
3) https://www.who.int/about/funding (video)
4) Sheri Fink, W.H.O. Leader Describes the Agency’s Ebola Operations, New York Times, 4 settembre 2014 https://www.nytimes.com/2014/09/04/world/africa/who-leader-describes-the-agencys-ebola-operations.html?_r=0
5) La Global Alliance for Vaccine Immunization (Gavi) è una partnership pubblico-privato nata nel 2000 con lo scopo di diffondere programmi di immunizzazione nei Paesi del Terzo Mondo, https://www.gavi.org
6) https://www.gavi.org/investing-gavi/funding/overview-2000-2037
7) https://www.gavi.org/governance/gavi-board/members
8) Il modulo IRS 990 è una dichiarazione annuale di informazioni che la maggior parte delle organizzazioni che richiedono lo stato di esenzione fiscale federale deve presentare negli Stati Uniti
9) Tim Schwab, Bill Gates’s Charity Paradox, The Nation, 17 marzo 2020 https://www.thenation.com/article/society/bill-gates-foundation-philanthropy/
10) Per l’elenco completo https://sif.gatesfoundation.org/portfolio/
11) https://sif.gatesfoundation.org/what-we-do/
12) In Pictures: Bill Gates’ Fortune Over The Years, Forbes, 23 giugno 2008 https://www.forbes.com/2008/06/23/gates-net-worth-tech-gates08-cx_af_0623fortune_slide.html?sh=47ab0567dd4e
13) https://www.forbes.com/profile/bill-gates/?sh=5e7b85b5689f
14) Katerini T. Storeng, The GAVI Alliance and the ‘Gates approach’ to health system strengthening, Global Public Health, 26 agosto 2014 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4166931/
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link fonte: https://rivistapaginauno.it/oms-la-salute-globale-che-piace-ai-ricchi-profitti-con-la-beneficenza/
15.04.2021
Pubblicato da Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org