Da oggi siamo un po’ più soli, Valerio ci ha lasciati

Dobbiamo annunciare che il nostro direttore, Valerio Evangelisti, ci ha lasciato. Già da tempo aveva problemi di salute, ma ha sempre continuato la sua attività di redazione e di scrittura con la sua lucidità di visione delle cose che lo ha sempre contraddistinto.

D’ora in poi Carmilla non sarà più quella che è stata sino ad oggi e che ha potuto essere nel panorama della letteratura di genere e di critica sociale proprio grazie a Valerio. Tutti noi gli dobbiamo molto e proprio per questo proseguiremo quello che è un grande impegno redazionale con la sua presenza nel nostro cuore.

Ciao Magister!

La redazione di Carmillaonline


Alcune parole di chi lo ha conosciuto, apprezzato e amato.

La morte di Valerio Evangelisti mi lascia attonito, ci lascia attonite e attoniti. Se ne va uno dei pesi massimi della letteratura italiana del mio tempo. Senza la sua inesausta opera di radicalità narrativa e poetica, di incisività intellettuale e di presenza storica, la mia generazione letteraria non sarebbe quella che è. Ha spalancato il fantastico, sottraendolo alle fumisterie fasciste e ricollocandolo nel cuore del farsi narrazione, aprendo l’idea di ciclo alla possibilità di percorrere nuovamente una scrittura epica e mitopoietica inesausta, infinita. Perdo, perdiamo un amico e un maestro. Il metallo era urlante tanto quanto la carne, la bandiera nera schiantava lo spettro cromatico, l’inquisitore era colpevole e il colpevole inquisitore, la parola si spalancava a tutte le diversità, la più intollerabile delle quali era il silenzio per impotenza, senza rischio: la morte in vita. Valerio Evangelisti è stato vivo in vita e ora è morto in morte. I suoi cieli plotiniani, ben ancorati nella storia, sono patrimonio del piacere di chi ha letto, legge e leggerà. Vorrei qui, per l’enormità della notizia e della perdita, ricomporre il rito laico con cui fu celebrato al suo exitus Primo Moroni, che Evangelisti amava: la celeberrima poesia di Franco Fortini, a Primo dedicata, è evidentemente dedicata a Valerio.

Forse il tempo del sangue ritornerà.

Uomini ci sono che debbono essere uccisi.

Padri che debbono essere derisi.

Luoghi da profanare bestemmie da proferire

incendi da fissare delitti da benedire.

Ma più c’è da tornare ad un’altra pazienza

alla feroce scienza degli oggetti alla coerenza

nei dilemmi che abbiamo creduto oltrepassare.

Al partito che bisogna prendere e fare.

Cercare i nostri eguali osare riconoscerli

lasciare che ci giudichino guidarli essere guidati

con loro volere il bene fare con loro il male

e il bene la realtà servire negare mutare.

Giuseppe Genna

—–

Tanti anni fa, in un mondo prima di questo mondo, incontrarlo è stato aprire una sliding door.

Esistono la mia vita prima e la mia vita dopo quell’incontro.

Esistono i suoi libri straordinari. Esiste il suo impegno politico. Esistono soprattutto per me il suo affetto e le voci e le anime di tante persone incredibili che mi ha fatto conoscere e incontrare in quel mondo prima del mondo, nei meandri di una rete a 56k. Quelle persone, che popolavano il suo universo, sono ancora oggi la mia famiglia allargata, il regalo più bello che mi abbia e ci abbia fatto.

Esistono tante altre cose, ma le parole mi muoiono dentro.

Esiste il bene che gli ho voluto, tanto.

Il bene che ci siamo voluti. Con lui, con tutti quelli che hanno avuto la ventura di percorrere insieme questo pezzo di strada fuori dal tempo, di avventurosa neghentropia.

Valerio caro.

Silvia Samorì

—–

Valerio, grazie per averci restituito la storia del Risorgimento italiano come storia di popolo, grazie per i pirati, per i nativi messicani, per il primo sindacalismo.

E grazie per la tua solidità, la solidarietà e la capacità di stare dalla parte giusta.

La terra ti sia lieve, compagno.

Fabio Perretta

—–

«Ma sì che mi riconoscerai, ho l’accento del Dottor Balanzone!», mi scrisse per un appuntamento in via Paolo Fabbri, a Bologna. Avevo Guccini nelle orecchie dalla scuola. Un incontro, anni fa, e quello era il segno convenuto: la parola del disordine. Scriveva di Eymerich ma, pensa un po’, non gli dispiaceva paragonarsi a una maschera della commedia dell’arte. E come è accaduto alle maschere, la forza del suo scrivere l’ha sentita solo chi ha saputo guardare più in alto, oltre le convenzioni pietrificate. Perché siamo a bagno nel piccolo mondo strafico dei prodotti letterari su misura per la vendita, per le pile di libri uguali, programmati all’usa e getta della lettura innocua, buona per l’intramontabile travaso delle idee. I libri vuoti. Ma sono i libri col nome, la faccia per la TV, per sputare opinioni sul sesso e sui vaccini e sulla guerra. La letteratura dell’oca al passo va coi nuovi fascismi della fiction, che tutto fa brodo, che se serve ci fabbrichi anche un capetto politico per metterlo su da qualche parte. Offrire nuovi, infiniti mondi è un’altra cosa, e quando non ti fanno fuori, come minimo ti mettono sullo scaffale di genere, che già t’è andata bene. C’è chi ha pagato più caro, dai. C’è chi ha preso la via di Londra per non giurare fedeltà all’Austria, e quando è morto non c’erano neanche i soldi per il funerale, ma poi hanno messo le ossa in Santa Croce. E in fondo è una vecchia storia. Prima, ma prima prima, c’è chi ha messo papi all’inferno e ha dovuto sognare la sua città e la cerchia antica senza rivederla più, per farsi rubare i versi, sette secoli dopo, da letture in audiolibro con la voce impostata. Se gli scrittori continuano a scrivere, se gli artisti continuano a darsi, i poeti a tessere un filo, devono avere una tenacia che scànsati. Un santo o un diavolo dalla loro, una testa proprio dura. Li pesti come l’uva, e danno vino. Ma se io avessi previsto tutto questo, forse farei lo stesso.

Luca Baiada

—-

Lo mandi un salutino a Valerio?

Termina così quasi ogni lettera, ed ogni colloquio con Cesare Battisti, detenuto, che Valerio ha affidato alle mie cure, una volta arrivato a Ferrara.

Ho conosciuto Valerio Evangelisti, quasi 30 anni fa, iniziavo con la mia attività a favore dell’Unione Inquilini, ed organizzammo uno sportello in uno dei quartieri di Bologna.

Lavorava ancora presso l’Intendenza di Finanza, ma era appunto un lavoro: per il resto, ho imparato dopo, scriveva di Eymerich e svolgeva l’attività dei militanti di base nei quartieri.

Ho comprato Urania solo per leggere, appunto, di questo suo personaggio, che sin dall’inizio appariva straordinario: non ho mai letto fantasy e mi sembrava di commettere un sacrilegio.

Ma boom! amore a prima lettura… e poi tutti i suoi libri, come l’allieva disciplinata che non sono mai stata.

Le strade si sono incrociate tantissime volte, ma quest’ultima mi è sembrata che fosse un affidamento: un amico caro, un grande problema, la necessità di un miracolo.

Contavo di organizzare un colloquio tra te e Cesare, studiavo mentalmente come farti fare il tragitto dal cancello del carcere al parlatoio, diversi metri difficoltosi, ma non mi pareva impossibile.

Ma l’ultima volta che ci siamo sentiti mi hai detto che sapevi che Cesare non l’avresti mai più rivisto.

Non è facile salutarti, creatura che ha emozionato in modi che è difficile eguagliare: non è facile neanche entrare in quel carcere e pronunciare quelle parole, stracciando ancora una volta un’anima sofferente e prigioniera, a cui è negato tutto, anche il diritto al dolore.

Troveremo un modo in cui ricomprendere tutto, dolore, amicizia, ergastoli e libertà.

Basterà fra quelle sbarre, anche un piccolo raggio nel nostro sole… quello dell’avvenire.

Ciao Valerio So Long è stato un onore esserti amica

Marina Prosperi

—–

Condividi questo contenuto...

Lascia un commento