La notizia è arrivata ieri sera e subito è partito un vortice di telefonate, con l’Italia e con altri paesi dove Valerio aveva lettrici e lettori, salde relazioni professionali e amicali, orecchie sempre pronte ad ascoltarlo.
A Valerio ci accomunavano molti gusti e ancor più disgusti, e abbiamo condiviso con lui segmenti importanti del nostro percorso. Soprattutto negli anni Zero furono molte le iniziative comuni, e molti gli attacchi ricevuti di conseguenza.
Un esempio: nel 2010, per le sue e nostre posizioni sul caso Battisti, l’assessore alla cultura della Regione Veneto cercò di far rimuovere da tutte le biblioteche pubbliche i libri suoi, nostri e di altre autrici e autori.
Negli ultimi anni, per un affastellarsi di concause, ci siamo incontrati molto di rado. Ma sapevamo che c’era, e le traiettorie hanno continuato a correre parallele, ogni tanto incrociandosi.
Ora ci vengono in mente tante cose, troppe per riuscire a organizzare un discorso, che rimandiamo a quando la botta sarà meno calda.
In ogni caso, stamane Wu Ming 1 è stato raggiunto da Radio Città Fujiko, e qualcosa ha detto. Ha parlato dell’estraneità di Valerio all’orrendo jet-set letterario, del suo non essere innamorato del potere (a differenza di troppe colleghe e colleghi), del suo stile di scrittura, del fatto che nei primi necrologi il suo essere scrittore politico viene banalizzato, ridotto al suo candidarsi con X o dare indicazioni di voto per Y.
Valerio non ha avuto remore a criticare l’adesione di troppa sinistra alla narrazione dominante sull’emergenza pandemica, e ha fatto in tempo a esprimersi contro l’attuale clima guerrafondaio. Due cose che era doveroso ricordare, perché non si perdessero nella tempesta di necrotweet.
L’intervento, insieme a quelli di Alberto Prunetti, Nico Maccentelli e Riccardo Rinaldi, → si può ascoltare in questo speciale sul sito della radio.
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Come spiegato nell’ultimo aggiornamento complessivo, in questa fase Giap funziona “col motore al minimo”. Soprattutto, mancano le energie per gestire lo spazio commenti. Ecco perché sotto i nuovi post mettiamo il “lucchetto”. Ce ne scusiamo, purtroppo va così.