Riceviamo e pubblichiamo
di Maurizio Vezzosi
Negli ultimi giorni ho visitato entrambi i luoghi – Stary Krim e Mangush – dove secondo l’ormai de facto ex-sindaco di Mariupol si troverebbero fino a novemila vittime civili sepolte in presunte fosse comuni: per quello che mi è dato sapere nessun altro giornalista italiano ha visitato, almeno fino a mercoledi scorso, i luoghi in questione.
Nell’ultima puntata di Controcorrente è andato in onda un servizio sul tema delle presunte fosse comuni con la mia firma e alcune delle mie immagini. L’altro nome con cui è stato firmato il servizio è quello di Gianni Sileo, giornalista che non conosco e con cui mai ho collaborato. Non so dire se la voce del servizio sia sua o di un’altra persona: quel che è certo è che. per ragioni a me non note, nessuno della redazione di Controcorrente ha tenuto conto di quanto da me rilevato sul campo e da me riferito prima di mandare le immagini per il servizio.
Non appena rientrato da Mangush ho avvertito la redazione del fatto che utilizzare l’espressione “fossa comune” risultasse del tutto improprio e che le sepolture in questione riguardassero un cimitero. Ma paradossalmente, il servizio firmato con il mio nome spiega che a Mangush “e’ stata trovata un’enorme fosse comune con centinaia di corpi, di uomini donne e bambini che sarebbero stati uccisi o morti di stenti senza cibo né acqua per oltre un mese” senza chiarire su quali fatti si basino queste affermazioni, o meglio lasciando intendere di averle ricevute dal proprio inviato, ossia da me.
Il montaggio del servizio – curato dalla redazione – non ha lasciato spazio ad alcun mio racconto dei fatti, omettendo che si tratta di due aree cimiteriali, che si tratta di sepolture individuali, che tra le persone sepolte ci sono anche militari ucraini caduti in battaglia, che non c’è stata alcuna esecuzione di massa deliberata o episodio analogo, che non c’è alcun indizio che indichi l’intento di occultare le vittime sepolte, che i numeri delle sepolture sono ben diversi da quelli di cui ha parlato l’ormai ex sindaco di Mariupol Vadim Boychenko: numeri nei fatti inferiori alle mille sepolture complessive, tra il cimitero di Mangush e quello di Stary Krim. Un numero che certamente non corrisponde al numero totale delle vittime della battaglia di Mariupol, sepolte anche in aiuole, giardini condominiali e spartitraffico, e in parte ancora in attesa di trovare sepoltura.
Vale la pena ricordare che Vadim Boychenko è fuggito da Mariupol prima che cominciasse l’attacco russo – a febbraio -, che quindi non si trova a Mariupol da oltre due mesi e che non ha mai chiarito quali fonti avvalorino le sue dichiarazioni e quelle del “Consiglio municipale di Mariupol” che fa a lui riferimento.
Le immagini che ho fatto avere alla redazione includono le interviste con due donne che si stavano prendendo cura delle tombe dei propri cari nel cimitero di Mangush: evidentemente la redazione di Controcorrente non le ha ritenute significative. A Stary Krim, dove si trova il principale cimitero di Mariupol, ho potuto assistere ad alcune delle sepolture in questione ed intervistare un operaio che se ne stava occupando.
Mancando di dare i minimi ragguagli sulle presunte “altre duecento fosse comuni rinvenute”, il servizio si giova della mia presenza in loco per avvalorare le dichiarazioni di una delle parti coinvolte in questo conflitto e dare conferma della loro validità assoluta ed evidentemente indiscutibile,
Professionalmente è del tutto inaccettabile che il mio lavoro da inviato sul campo venga utilizzato tacendo su un’evidenza palese e venga al contempo distorto per dare conferma di una versione dei fatti priva di fonti e di qualunque ragionevole fondamento. Sono convinto che l’accaduto sia del tutto slegato dalla volontà dei vertici di Rete 4 e ancor più da quelli dell’azienda a cui fa riferimento il canale.
Particolarmente spiacevole per me è che questa vicenda si consumi ad una settimana dalla decontestualizzazione di una parte del mio precedente servizio per la medesima trasmissione, servizio che si proponeva di raccontare, insieme al presente, la strage di Mariupol del 2014.
L’accaduto costituisce l’ennesima forzatura narrativa sulle vicende ucraine: una forzatura che contribuisce ad alimentare un clima volto a compromettere la possibilità di una qualunque soluzione diplomatica, e con questa, l’auspicabile fine della guerra. Insieme a queste considerazioni intendo ribadire che non esistono guerre gentili o raffinate. La tragedia di Mariupol, come quella dell’intero Donbass e dell’intera Ucraina, poteva e doveva essere evitata. Professionalmente, e umanamente, ho il dovere di fare tutto quello che è nelle mie possibilità per scongiurare nuove tragedie: molto più semplicemente, ho il dovere di dire la verità.
Maurizio Vezzosi, analista e reporter freelance. Collabora con RSI Televisione Svizzera, L’Espresso, Limes, l’Atlante geopolitico di Treccani, il centro studi Quadrante Futuro ed altre testate. Ha raccontato il conflitto ucraino dai territori insorti contro il governo di Kiev documentando la situazione sulla linea del fronte. Nel 2016 ha documentato le ripercussioni della crisi siriana sui fragili equilibri del Libano. Si occupa della radicalizzazione islamica nello spazio postsovietico, in particolare nel Caucaso settentrionale, in Uzbekistan e in Kirghizistan. Nel quadro della transizione politica che interessa la Bielorussia, nel 2021 ha seguito da Minsk i lavori dell’Assemblea Nazionale. Tra la primavera e l’estate del 2021 ha documentato il contesto armeno post-bellico, seguendo da Erevan gli sviluppi pre e post elettorali. È assegnista di ricerca presso l’Istituto di studi politici “S. Pio V”.