Draghi dagli Usa fa lo Yankee: “la Russia non è Golia”

Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani), ComeDonChisciotte.org

Una conferenza stampa tanto attesa, quanto scomoda. Mario Draghi avrebbe preferito essere ovunque, piuttosto che sottoporsi al supplizio delle domande dei cronisti e rendere conto del suo incontro con il Presidente americano. Dire che, il presidente del Consiglio non si sia cercato l’incombenza, significa far finta di niente sulle polemiche in patria che hanno preceduto il suo viaggio. Evitare di informare il Parlamento, è stata l’ennesima conferma della trasformazione in atto della nostra democrazia, nella tappa dolomitica di “coppiana” memoria, dell’“uomo solo al comando”.

Tale reiterata sfrontatezza ha generato un tale malcontento nel paese da rendere necessario il minimo sindacale di trasparenza, alla quale il nostro premier non si è potuto sottrarre.

Pienamente coscienti e per niente ingenui da capire che i reali contenuti e le eventuali decisioni prese a quattr’occhi resteranno tali, e solo gli eventi ci daranno le risposte. Se vogliamo oggi cercare di orientarci, dobbiamo essenzialmente basarci sulle risposte che Super Mario ha fornito alle interessanti e precise domande dei giornalisti.

Intanto bisogna subito distinguere tra i pezzi di carne, ovvero tra le notizie date, un tanto al chilo, in pasto ai giornalisti, che come coccodrilli affamati, stavano attendendo nello stagno della conference-hall della nostra ambasciata, da quelle che invece sono state delle vere e proprie confessioni da parte dell’uomo del Britannia.

E parlando della prima categoria, il nostro premier ha tenuto subito a precisare come il tema energetico, seppur essenziale nel suo profilo emergenziale, non debba assolutamente bloccare o ritardare la transizione verso le rinnovabili. Confermando addirittura il suo impegno verso un aumento degli stanziamenti. Difficile crederci, al netto di quello che lui stesso in persona sta mettendo in atto per contrastare la circolazione dei crediti fiscali, ovvero lo strumento principe che ti permette oggi di spendere, stante la volontà del suo governo di non ricorrere ai necessari deficit.

Secondo tema, ovviamente, la questione Ucraina. “Occorre continuare a supportare e armare Kiev, soprattutto ora che il Golia russo sia è rivelato decisamente vulnerabile ma è giunta anche l’ora di parlare di pace”, ha dichiarato il presidente del Consiglio. La quale, “deve essere quella che interessa all’Ucraina e non ai suoi partner”.

Una dichiarazione di pace apparente che se letta nella sua contraddittorietà, pare invece portarci sulla strada di una, non sappiamo quando, prossima dichiarazione di guerra a Putin.

Intanto, supportare e soprattutto continuare ad armare l’esercito ucraino e quant’altro, certamente non farà smettere i russi di sparare. Quanto meno per difendersi, se come pare trasparire dalle parole di Draghi: “Golia sia in netta difficoltà”.

Ma quello che tutti dovremmo chiederci è, se veramente la Russia sia così in difficoltà, come viene descritto dal nostro premier. Almeno vorremmo sperare che queste sue certezze arrivino da accurati report di intelligence e non dalla propaganda della stampa occidentale.

Il solo affermare – addirittura come premessa e con un gesto di sfida mai visto da nessun premier moderno – che la Russia si sia dimostrata sul campo una potenza non invincibile, addirittura specificando “con armi convenzionali”, dovrebbe farci sobbalzare tutti dalle sedie e metterci immediatamente al lavoro per costruire i nostri bunker.

Ma cos’ha in testa questo signore? Vuole davvero mettere alla prova Putin spingendolo a mostrare la sua potenza attraverso armi non convenzionali?

Qualcuno lo fermi… per l’amor del cielo!

Se nel provocare Putin, Draghi è stato preciso ed efficace, altrettanto non lo è stato su come intende arrivare alla pace. Un mistero all’interno di voli pindarici nei cieli della diplomazia, dove l’indicazione dei tempi e dei modi di azione è rimasta, forse, alla prossima conferenza stampa.

Soprattutto non ha minimamente indicato chi dovrebbe prendere l’iniziativa. Dubito gli Stati Uniti, i quali, proprio mentre lo ospitavano, hanno dato il via libera a 40 miliardi di aiuti per Kiev. Certamente non finalizzati alla resa sulla Crimea, se guardiamo alle dichiarazioni rilasciate pochi giorni fa dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, [1] il quale andava addirittura oltre, stoppando le presunte aperture di Zelensky, pronto a concedere la Crimea in cambio della pace. [2]

Sulla questione del conflitto, Biden ha letteralmente lasciato Draghi al suo destino; poi, il banchiere per eccellenza, ha dovuto incassare un “due di picche” senza appello sulla questione del famoso tetto ai prezzi dell’energia.

La delusione di Draghi sul tema è stata grande, visto che la sua speranza era di trovare la forte spalla americana, dopo il “NO” già incassato dagli olandesi con tedeschi a supporto, immolatisi sull’altare della difesa ad oltranza del “dio mercato”.

“Gli Stati Uniti, in relazione al tetto, sono più orientati verso una mediazione relativa alla valutazione del greggio, piuttosto che del gas” – ha dovuto ammettere con orecchie basse, il nostro premier. Tradotto, le prospettate forniture di gas statunitense seguiranno le dinamiche di mercato. Cui si uniranno gli extra-costi di trasporto e rigassificazione. Bye Bye alla prospettiva a breve di abbandonare il gas russo.

Ma al peggio non c’è mai fine, e se Super Mario avesse mai voluto nascondersi in una buchetta, non ci sarebbe stato momento più desiderato per lui, che quello in cui è stato costretto ad ammettere:

“la maggior parte degli importatori di gas più importanti hanno già aperto conti presso Gazprombank in valuta locale”, e “il più grande importatore in Germania ha già pagato in rubli”.

Di fatto accondiscendendo alle richieste di Putin, che poche settimane fa parevano essere la violazione del Santo Graal.

La confessione, pone in chiara evidenza l’ipocrisia che caratterizza la linea adottata dal blocco euro-atlantico nei confronti di Putin: se infatti da una parte inviano soldi ed armi agli ucraini per far cessare il conflitto (come da loro sostenuto), dall’altra, con i flussi finanziari sul gas, finanziano il protrarsi del conflitto stesso.

Non solo, l’ammissione di Draghi porta in se anche una clamorosa “gaffe” diplomatica nei confronti di colei che ancora pare stargli affianco. Ursula Von der Leyen, si è infatti espressa proprio ieri, riguardo la natura di palese violazione delle sanzioni, in riferimento al pagamento in rubli. Mentre per Draghi “non esiste un pronunciamento ufficiale rispetto al termini di rottura delle sanzioni. Nessuno ha mai detto chiaramente se un pagamento in rubli rappresenti o meno una violazione o come siano organizzate queste transazioni. Siamo nel pieno di una zona grigia”.

Proprio mentre scrivo, Draghi viene redarguito, sul tema, anche dal portavoce per l’Energia e il Clima della Commissione europea, Tim McPhie. [3]

Insomma, i leader di questa Europa non riescono più a coordinarsi nemmeno all’interno del fuso orario che intercorre fra Bruxelles e Washington.

Evviva l’Europa unita e compatta!

Infine, non poteva mancare una lezione di economia monetaria sull’inflazione del professor Mario Draghi:

L’inflazione è un problema e le Banche centrali si trovano ad affrontare una situazione non facile, poiché devono alzare i tassi per evitare un’ulteriore impennata dei prezzi ma non possono farlo troppo, altrimenti spingono in recessione le economie

Manca la soluzione, che Draghi evita accuratamente di esporre nella sua lezione.

Che le banche centrali (la BCE ancor di più), siano in estrema difficoltà nel gestire il fenomeno inflattivo, lo ripeto da sempre, non ultimo nell’articolo di pochi giorni fa (L’EURO È UNA CREAZIONE DELLA FED. E QUINDI LO PUÒ DISTRUGGERE) – e che oggi ce lo venga a dire anche il banchiere per eccellenza, ci dovrebbe far ancora più arrabbiare, per tutto quello che lui non ha fatto e tutt’ora non sta facendo, pur essendo ben cosciente quale sia la soluzione.

Per dirla tutta e ripeterla per l’ennesima volta, le banche centrali attraverso la politica monetaria, possono fare ben poco – per non dire niente – per gestire l’attuale fenomeno inflattivo. Per quello occorre l’opera dei governi, ossia l’altra parte della politica economica, per la precisione quella fiscale. Strumento in mano non ai banchieri centrali ma ai premier di governo, proprio quel ruolo che TU, Caro Mario, stai ricoprendo in questo momento.

E bene hai fatto, in un lampo isolato di onestà intellettuale, a non incolpare Putin e la sua guerra per il caro prezzi energetico, ammettendo che: “tali distorsioni sui prezzi sono cominciate ben prima dell’inizio della guerra”.

Una confessione in piena regola: l’attuale tassazione surrettizia, derivante dal caro prezzi è solo e soltanto frutto di un fenomeno strettamente speculativo, che il governo stesso di Mario Draghi rinuncia volutamente a fermare e gestire. Un fenomeno che vede da una parte i soliti oligarchi di casa nostra fare profitti colossali e dall’altra imprese e famiglie sul lastrico.

Draghi ammette anche candidamente, che il fenomeno inflattivo presente in USA è di natura totalmente diversa rispetto a quello presente in Europa: “negli Stati Uniti abbiamo un’inflazione che dipende dal fatto che il mercato del lavoro è a pieno impiego, sostanzialmente – invece in Europa no”.

Di fatto ammettendo la scarsa occupazione e quindi lo status recessivo, Draghi conferma che qualora il fenomeno inflattivo dovesse aggravarsi, soprattutto per i paesi del sud Europa (Italia e Grecia in primis), si tratterebbe di stagflazione, ossia l’evento più catastrofico.

“Quindi il passo della normalizzazione della politica monetaria sarà necessariamente diverso tra i due paesi” conclude Draghi sul tema.

Qui Draghi lancia un chiaro messaggio ai suoi sodali dell’euro, le sue paure sono un monito per la BCE a non seguire la FED sulla strada del rialzo dei tassi, pena la rottura certa della moneta unica.

In definitiva, Draghi è volato a Washington per cercare risposte risolutive sui temi energetici che non ha trovato e per di più, escluso complimenti e pacche sulle spalle, parrebbe non aver trovato quant’altro da Biden, a sostegno  della linea durissima che il nostro premier sta tenendo nei confronti di Putin.

Quindi, per quello che più interessa al popolo italiano, ovvero la pace e la drammatica situazione economica di imprese e famiglie, siamo ancora fermi all’invio di armi al battaglione Azov per testare la consistenza russa sulle armi convenzionali ed al bonus-elemosina di 200 euro una-tantum per i disgraziati.

Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani), ComeDonChisciotte.org

NOTE

[1] Ucraina, Stoltenberg: ‘La Nato non accetterà mai l’annessione illegale della Crimea’ | Sky TG24

[2] Ucraina, Zelensky apre alla pace con la rinuncia alla Crimea | Sky TG24]

[3] Gas in rubli, Bruxelles frena Draghi – MilanoFinanza.it

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