L’appuntamento è il solito di tutti i venerdì da dieci anni a questa parte. Sheikh Jarrah. Il quartiere di Gerusalemme Est da cui i coloni dell’ultra-destra israeliana vogliono cacciare 28 famiglie palestinesi dalle loro case. Tra loro c’è anche quella in cui è nato 60 anni fa Yacoub Abu Arafeh, insegnante e attore di teatro che da 50 resiste ai tentativi di esproprio legalizzato e alle violenze degli occupanti.
Nel piccolo salotto della sua abitazione, circondata da quelle già espropriate, ci racconta di come sta resistendo all’Occupazione.
Un anno fa Sheikh Jarrah era diventato il cuore pulsante della resistenza palestinese, con proteste di massa culminate con i massicci bombardamenti sulla striscia di Gaza. A fine febbraio di quest’anno la corte israeliana ha sospeso gli sgomberi, una sentenza che non ha tuttavia fatto cessare le minacce e le provocazioni dei coloni alle famiglie.
Ed è per questo che si continua a manifestare. Il ritornello di un bambino cantato al megafono annuncia l’arrivo dei residenti al concentramento, dove attendono diversi solidali. Tra loro un gruppo di giovani e adulti attivisti israeliani accompagna con il tamburo “Free, free Palestine”, uno dei tanti cori scanditi insieme dalla folla.
Le provocazioni dei coloni non si fanno attendere ma il loro schema di azione ci ricorda qualcosa: è quello dei fascisti di “casa”. Scortati dalla Polizia israeliana si infiltrano all’interno del corteo, scandendo slogan e minacce, fino a strappare una bandiera palestinese dalle mani di un manifestante. La risposta dei presenti è stata soprattutto ironica, con un’anziana donna che li sbeffeggia sventolando una bandiera che non riescono a sottrarre.
Nel frattempo i solidali israeliani ci traducono gli insulti che i coloni ci stanno rivolgendo: “nazisti”, “fatevi stuprare dagli arabi” e “kibbutzin askenazi”, che nella società israeliane equivale a “radical chic”.
Un insulto che di certo non ci suona come nuovo. I tanti bambini e ragazzini rispondono compatti e consapevoli, ma comunque a modo loro, ovvero con gestacci e risate di scherno.
Durante la manifestazione incontriamo anche Shula Treves Jarrach, italo israeliana di 23 anni che in maniera molto spontanea ci spiega il perchè tutti i venerdì anche lei si ritrova a manifestare a Sheikh Jarrah, quasi come fosse la cosa più naturale del mondo.
Sentendoci parlare italiano si avvicina anche Sharon Bamberger. Ci racconta di sua madre, scappata a Gerusalemme dalle leggi razziali del ‘38 di Mussolini che le impedivano di andare a scuola. Ora lei scende in piazza contro i fascisti che sventolano la bandiera israeliana.
Mentre scriviamo, quel muro che ieri abbiamo intravisto in lontananza ora ci sovrasta: stiamo entrando Betlemme.