Dopo aver accompagnato la delegazione di Ya Basta! Êdî Bese! a Gaza, Ahmed Dremly ha pubblicato su Mondoweiss una riflessione sul clima di terrore che stanno vivendo in questi giorni le persone intrappolate nella striscia, alla luce della nuova escalation di violenze e provocazioni che sta subendo la popolazione palestinese. Ringraziamo l’autore per aver acconsentito alla traduzione e alla pubblicazione su globalproject.info
La vita può definirsi miserabile in tutto il mondo o solamente nel mio paese? L’occupazione militare e l’apartheid sono la principale ragione di dolore, perdita e morte anche per gli altri o solo per i palestinesi? È normale aprire gli occhi e vedere soltanto guerra? È normale crescere per tutta la vita in una grande gabbia, perdere amici e parenti, convivere con un disturbo post traumatico da stress anche una volta cessato il fuoco? O vale solo per la mia terra?
Molte domande affollano la mia testa ogni giorno senza mai trovare risposte.
Come scrittore e giornalista, a Gaza incontro molte persone ed ascolto le loro storie.
Un anno non è un tempo sufficientemente lungo per guarire i ricordi e i traumi dei palestinesi, compresi i miei, dopo gli ultimi 11 giorni di aggressione israeliana alla Striscia di Gaza.
Secondo il Ministero della Salute palestinese, lo scorso anno sono stati almeno 260 i palestinesi uccisi in 11 giorni di bombardamenti nella Striscia di Gaza. 66 bambini, 39 donne, 17 anziani sono stati uccisi durante l’assalto. 1.800 case, 3 torri, 437 appartamenti e 3 moschee sono state distrutte a Gaza. Migliaia i feriti
Mio zio. Mansour, 69 anni, è stata una delle 260 vittime.
Era amato da molti a Gaza per la sua gentilezza e generosità. Ricordo un giorno in cui mi disse che quando mi sarei sposato avrebbe organizzato una grande festa in segno di gratitudine. Glielo avrei annunciato in questi giorni, che sto per sposarmi.
Ma come posso farlo se, senza alcuna ragione, non è più con noi?
Mi manca molto.
Un Eid incompleto.
Una delle usanze dell’Eid per i musulmani sono le visite frequenti alla famiglia e agli amici. Mio zio e altri quattro parenti dei miei vicini sono stati uccisi nelle strade lo scorso maggio durante i bombardamenti poco prima dell’Eid al-Fitr senza alcuna colpa, se non per il fatto di essere palestinesi. E’ evidente che l’aggressione israeliana non mira solo a farci male, ma lo vuole fare nei giorni più felici e sacri dell’anno.
Quest’anno, senza mio zio, l’Eid al-Fitr non era completo per la mia famiglia. Una storia che mi accomuna tristemente a innumerevoli altre famiglie in tutta la Striscia di Gaza.
Ancora oggi ho gli incubi sugli 11 giorni di violenza e disumanità dell’aggressione israeliana a Gaza. Le guerre cambiano le prospettive di vita delle persone. Questa guerra ha cambiato la mia. È passato un anno, ma ancora oggi non riesco ad attraversare la strada dove mio zio fu ucciso. Lo immagino ancora lì. Immagino ancora quel maledetto giorno.
Una delle cose peggiori di vivere a Gaza è che l’intera tua vita, la tua intera esistenza dipende dal prossimo missile israeliano, Non sai chi sarà il prossimo martire ma sai di essere un target solo per il fatto di essere palestinese. Ucciso senza ragione. Ucciso anche se sei solamente un civile. Ucciso da innocente, come mio zio.
La prossima guerra sta bussando alla porta.
Lo scorso giovedì, un gruppo di soldati israeliani ha issato la bandiera d’Israele accanto alla porta di Damasco per provocare i palestinesi. Il 29 maggio i gruppi israeliani di estrema destra e migliaia di coloni hanno partecipato domenica alla Marcia delle bandiere a Gerusalemme est e alla moschea di Abramo ad Hebron, con il chiaro intento di aggredire e provocare.
Hamas, di conseguenza, ha rivolto un chiaro messaggio ad Israele e alla comunità internazionale, annunciando che non sarebbero rimasti a guardare: “Il governo israeliano è consapevole che questo fa presagire una nuova guerra,” è quanto riferito da Basim Elian, il capo del Dipartimento per le relazioni estere di Hamas.
A Gaza si respira un’aria di terrore per una nuova guerra in procinto di arrivare. Le ferite palestinesi a Gaza non sono ancora guarite, molti di quelli che hanno perso le loro case sono ancora senza un tetto.
Gli abitanti di Gaza hanno paura.
La distruzione, i bombardamenti, le uccisioni, le notti terrorizzanti, sono orribili ricordi che popolano ancora le nostre menti. Le persone non chiedono altro se non di porre fine all’aggressione israeliana e vivere una vita normale.
Cosa significherebbe una nuova guerra?
Migliaia di civili palestinesi periranno nuovamente sotto la macchina da guerra israeliana. Torri ed edifici diventeranno macerie, così come tutti i loro ricordi. I negozi e i luoghi di lavoro saranno distrutti, portando a una disoccupazione ancora maggiore.
Come giovane scrittore di Gaza che ascolta molte storie sincere delle vittime della mia terra, mi rivolgo ora a tutte le persone libere, affinché sappiano come il colonialismo israeliano, e l’indifferenza internazionale che lo consente, continuano ieri come oggi ad ucciderci, a distruggere edifici e i luoghi sacri.
Una guerra di annientamento che non si fermerà fino a che non rimarrà più niente.
In Palestina non sai mai cosa accadrà nei giorni a venire, In Palestina vivi, sapendo che potresti essere ucciso in qualsiasi momento. A Gaza non esiste alcun disturbo da stress post-traumatico perché la guerra non è mai finita.