I ricercatori della Royal Danish Academy Center for Industrialized Architecture (Cinark) hanno sviluppato quella che hanno chiamato la Construction Material Pyramid. L’idea, come spiega rinnovabili.it, è di mettere sotto la lente d’ingrandimento i principali materiali da costruzione, soffermandosi sull’analisi delle tre principali fasi di vita: l’estrazione delle materie prime, il trasporto e la lavorazione.
Lo strumento elaborato «offre uno strumento di calcolo tangibile che mette a confronto gli impatti dei materiali da costruzione tra diverse categorie o all’interno della stessa categoria. In questo modo i progettisti possono rendersi conto in anticipo della posizione dei materiali prescelti nella piramide, opzionando quelli meno impattanti dal punto di vista ambientale».
«Tutte le voci contenute nella piramide fanno riferimento alle informazioni nelle rispettive Dichiarazioni Ambientali di Prodotto o EPD (Environmental Product Declaration) riferite cioè all’analisi del ciclo di vita – spiegano da Rinnovabili.it – I potenziali danni all’ambiente, agli ecosistemi e alla salute possono essere mappati quando si eseguono le cosiddette valutazioni del ciclo di vita (LCA). Poiché il tipo e la dimensione del danno potenziale sono fondamentalmente diversi, sono stati sviluppati metodi per il calcolo del danno nelle categorie di impatto ambientale. Esistono numerose categorie di impatto ambientale oltre alle cinque utilizzate nella piramide, che sono, tuttavia, le più comuni nelle LCA relative agli edifici».
La piramide dell’impatto ambientale parte dall’impronta di carbonio, considera il potenziale di eliminazione dell’ozono, il potenziale di creazione di ozono fotochimico, il potenziale di acidificazione e quello di eutrofizzazione.
L’attuale versione della piramide è basata sui parametri validi nei paesi del Nord Europa.