di Luca Cerardi
Per molti studiosi l’epoca che stiamo vivendo è una riedizione della caduta della civiltà occidentale. I sintomi sono abbastanza evidenti e tutti coloro che hanno familiarità con gli studi storici, filosofici ed economici di periodi passati, possono confermare che la situazione sociale ed economica dell’Europa dà ampi segni di implosione. Il periodo è di decadenza in ogni ambito della società civile e, del resto, non è una questione maturata in questi ultimi due anni ma un fenomeno che è stato preparato ed eseguito con meticolosità nell’arco degli ultimi decenni. E’ evidente, oramai, che tutto si risolva nella più assoluta mediocrità, in affermazioni senza logica e in dichiarazioni guerresche. Proprio su queste vorrei soffermarmi. Dall’inizio della cosiddetta “pandemia” abbiamo sentito parole roboanti da parte dei protagonisti di questo “teatro”, soprattutto legate al gergo militare, loro, che di guerra non ne hanno mai vista l’ombra e di cui, quasi certamente, non ne hanno mai studiato in qualche libro gli effetti, ma certamente ne hanno fiutano il vantaggio. “Siamo in guerra”, veniva recitato durante il momento peggiore della Covid 19, ma non veniva specificato contro chi fosse diretta tale affermazione. Certamente si dava per scontato che fosse rivolta al virus ma, dopo quasi tre anni dal suo strisciare nella società occidentale, forse, il bersaglio era altro. Se poi, nella fase di miglioramento della situazione “pandemica”, si è passati direttamente a una guerra vera, ecco che, i proclami, non sono diminuiti ma aumentati, alzando il livello di violenza del linguaggio usato con parole sconnesse e pericolose.
Se prima si era “in guerra”, ora si è “disposti ad usare armi nucleari” per sconfiggere “il nemico”. Anche qui esso sembra palese, ma ne siamo certi? Il mondo sembra essere arrivato sul punto di aver bisogno dello scontro, come tempesta purificatrice, atto della storia, necessità suprema, come se gli istinti primordiali di ognuno stessero per esplodere, come modo per riordinare il caos ormai imperante al di là del palese interesse che essa muove per molti.
Ma che cos’è questa “guerra” che ci stanno convincendo ad accettare? Guerra contro chi? Guerra a che scopo? Ed esiste una guerra che si può vendere come “giusta”?
La risposta la troviamo in “Guerra e pace” di Lev Tolstoj, capolavoro della letteratura russa e mondiale, leggendo passi sull’argomento che possono definirsi eterni, perché la guerra, è sempre guerra. 1
Ambientato nella Russia dei primi del XIX secolo, si racconta la vita di quel paese ai tempi di Napoleone Bonaparte. Uno dei protagonisti del testo, il principe Andrej Bolkonskij, spiega cos’è l’evento bellico, in maniera stizzita, a Pierre, che non aveva mai calcato un campo di battaglia e che, per curiosità, voleva assistere a quello scontro che sarebbe diventato famoso come la Battaglia di Borodino, a un passo da Mosca e che permise a Napoleone, seppur non vincendola, di entrare nella capitale della Russia attuale.
“Lo scopo della guerra è l’omicidio; i mezzi della guerra sono lo spionaggio, il tradimento e i tentativi di fomentarla, la rovina delle popolazioni civili, le depredazioni a loro danno, il latrocinio per sostenere le truppe, l’inganno e la menzogna chiamati col nome di astuzie belliche; le caratteristiche morali della condizione militare sono la mancanza di libertà (ossia la “disciplina”), l’oziosità, l’ignoranza, la crudeltà. La dissolutezza, l’inclinazione al bere. E a onta di tutto, vediamo che questa è la categoria sociale più elevata, quella che riceve onori da tutte le parti. Tutti i sovrani, eccettuato quello della Cina, portano la divisa militare: e a chi ha ammazzato più gente degli altri, vengono date ricompense maggiori. Si scontreranno come domani, per ammazzarsi a vicenda, faranno a pezzi, storpieranno decine di migliaia di persone, e poi faranno celebrare un Te Deum di ringraziamento per il fatto di aver ucciso un gran numero di persone e strombazzeranno la loro vittoria, col presupposto che quanta più gente è rimasta uccisa, tanto più grande è il merito loro. Come deve guardarli e ascoltarli Iddio di lassu’! Ah, mio caro, da un po’ di tempo a questa parte m’è diventato penoso stare a questo mondo. M’accorgo che ho incominciato a capire troppo. E non si conviene all’uomo gustare dell’albero della conoscenza del bene e del male. Mah, ma non sarà più per molto! Soggiunse.” 2
Potremmo analizzare parola per parola su come ciò di cui parlava Bolkonskij si adegui al presente ma credo sia, per chi è avvezzo all’aver tastato quell’albero di conoscenza in maniera disinteressata, cogliere le similitudini. Ciò che, però, deve essere sottolineato, è la parte iniziale, dove viene chiarito che lo scopo della guerra è l’omicidio e che, chi ne rimane totalmente sopraffatta, è la popolazione civile.
Se gli scopi della guerra sono questi, allora qualcuno ne guadagnerà e le affermazioni che escono dalle bocche di queste persone hanno uno scopo ben preciso.
Chi governa ha degli interessi particolari nel dichiarare e nell’affrontare tali “emergenze”? 3 Chi ci governa è trasparente nella comunicazione delle proprie decisioni,? 4 Le parole di Andrej Bolkonskij (Lev Tolstoj), sono chiare. In questi momenti i malvagi usano i mediocri fino alla rottura del grande “gioco” che oggi si chiama “Great Reset” e in questo emergere del male è ancora Bolkonskij che ci dice chi ne approfitta e su chi cade la responsabilità del momento:
“Il più numeroso gruppo di persone quello che, per la sua cospicua entità, era rispetto agli altri nel rapporto di novantanove a uno, era composto di persone che non desideravano né la pace né la guerra, né avanzare né campi difensivi […] persone che desideravano soltanto una cosa, e la più sostanziale: la maggior quantità possibile di vantaggi per sé e di piaceri. In quell’acqua torbida d’intrighi intersecantisi e scompigliantisi a vicenda, che venivano ribollendo presso il quartier generale dell’imperatore (oggi i luoghi di potere n.d.r.) si offrivano mille occasioni di successo, che non sarebbero state concepibili in altri periodi. Uno, che desiderasse soltanto non perdere la sua posizione vantaggiosa, oggi si mostrava d’accordo con uno, domani con l’avversario di lui, dopodomani sosteneva di non avere opinioni di sorta su un dato argomento, unicamente per evitare di assumersi responsabilità e per far piacere al sovrano. Un altro, che desiderasse aumentare i vantaggi della sua posizione, richiamava a sé l’attenzione del sovrano gridando ad alta voce quelle stesse cose che il sovrano accennava il giorno prima, discuteva e sbraitava nei consigli di guerra, battendosi il petto col pugno sfidando a duello chi fosse d’altro avviso, e con ciò dando la prova d’essere pronto a sacrificare sè stesso per il bene generale. Un terzo addirittura, riusciva a strappare nell’intervallo fra un consiglio e l’altro e nell’assenza di nemici, una elargizione una tantum in riconoscimento dei suoi fedeli servigi, sapendo bene che in momenti simili sarebbe mancato il tempo di opporgli un rifiuto. Un quarto, per combinazione, capitava sempre sotto gli occhi dell’imperatore quand’era carico di lavoro fin sopra i capelli, un quinto, per raggiungere uno scopo a cui da un pezzo mirava, e cioè un pranzo alla tavola dell’imperatore, si metteva accanitamente a dimostrare il diritto o il torto di un’opinione uscita di fresco e all’uopo arrecava più o meno vigorose pertinenti argomentazioni. Tutti i seguaci di quest’ultimo partito andavano a caccia di denaro, di croci, di promozioni, e in questa loro caccia tenevano d’occhio soltanto quale direzione segnasse la banderuola del favore imperiale: non appena s’avvedevano che la banderuola volgeva ad un certo lato, subito, loro, questa colonia di fuchi che viveva addosso all’esercito incominciavano a soffiar verso quel lato, cosicchè all’imperatore riusciva tanto più difficile girarla da un’ altro […]” 5
Cos’è cambiato da quel momento? Chi sono coloro che sbraitano a favore della guerra e chi li sostiene? Chi brama scontri, emergenze, invio di armi, pandemie e perché?
Nessuno, oggi, pertanto, può esimersi dal porsi queste domande visto che chi pagherà per questi atti di perpetratori e criminali vestiti da filantropi, da politici, da gente comune, sarà sempre e comunque la popolazione civile. Il vero nemico, perciò, a cui è rivolto questo attacco totale, questa Guerra del XXI secolo, preparata da tempo e messa in atto da quasi tre anni, siamo tutti noi e a noi spetta decidere se farci travolgere dalla storia che si “manifesta” proni e servi o fare delle scelte basate su un cambiamento, interiore e verso il mondo, inevitabile, che non vada verso il post-umano ma verso un uomo sovrano, indipendente, libero, vivente in una comunità di popoli legati alle proprie tradizioni, che non ne impone una agli altri, ma che esige, e da, rispetto reciproco, facendosi forte della responsabilità che si è preso, ovvero Libertà suprema.
Luca Cerardi
FONTE: https://lucacerardi.wordpress.com/2022/08/31/decadenza-e-guerra/
Pubblicato da Tommesh per comedonchisciotte.org
NOTE:
1 Cfr. L. Tolstoj, Guerra e Pace, Introduzione di Eridano Bazzarelli, Bur, Milano, 2002.
2 Ibidem, p. 941.
3 Se leggiamo La Repubblica di Platone, possiamo ricordare come nel dialogo in cui parla Trasimaco, pare evidente che il potere, attraverso la giustizia, giochi sempre contro il popolo poiché utile del più forte.
4 Qui potremmo tornare a Kant, non solo sulla questione dell’askesis, disinteresse che dovrebbe avere chi governa (assenza di interessi personali nella gestione della cosa pubblica), ma anche su ciò che dovrebbero fare i governi per ottenere ed avere una “Pace perpetua”.
5 Cfr. L. Tolstoj, Guerra e Pace, Introduzione di Eridano Bazzarelli, Bur, Milano, 2002, p. 776.