Herpes zoster, vaiolo delle scimmie e HIV: c’è un legame con il vaccino anti COVID-19?

di Valentina Bennati
comedonchisciotte.org

Man mano che la campagna di vaccinazione anti COVID-19 è entrata nel vivo, un’ampia varietà di effetti avversi successivi alle inoculazioni è stata documentata in tutto il mondo. Un recente studio, richiamando l’attenzione sulle tante reazioni cutanee finora riscontrate (tra cui reazione nel sito di iniezione, orticaria, rash morbilliforme, lesioni vescicopapulari, lesione simil-rosea pitiriasi, porpora, vasculite, trombo, ulcera) si è soffermato in particolare sulla riattivazione del virus della varicella zoster (VZV), che si verifica più di frequente negli uomini, e per la prima volta ha evidenziato la presenza della proteina spike codificata dal vaccino anti COVID-19 nei cheratinociti vescicolari e nelle cellule endoteliali del derma.

Aver riscontrato la proteina spike nelle lesioni della pelle è un risultato importante mai ottenuto prima, motivo per cui gli autori dello studio sottolineano che è necessaria un’ulteriore vigilanza sugli effetti collaterali del vaccino e che è bene indagare ulteriormente sul ruolo della proteina spike.

Ma entriamo nello specifico del lavoro scientifico appena pubblicato che è opera dei ricercatori del Dipartimento di Dermatologia della Kochi University, Nankoku, Giappone, i quali hanno studiato il caso di un uomo di 64 anni già sofferente di artrite reumatoide (che stava curando con risultati soddisfacenti da 10 anni) che ha sviluppato eruzioni cutanee dolorose e persistenti dopo la prima dose di vaccinazione con mRNA COVID-19 BNT162 b2.
Le lesioni si sono esacerbate dopo la seconda dose trasformandosi in vescicopapule che hanno interessato tutte e due le gambe. I medici hanno potuto riscontrare anche noduli necrotici nel dorso della mano destra e nella fossa poplitea sinistra pur non rivelando gli esami del sangue variazioni significative nell’emocromo, nella funzionalità epatica o renale, ad eccezione di un lieve aumento del d-dimero (che suggerisce una coagulazione anormale). Alla fine, hanno diagnosticato l’herpes simplex, ma il farmaco utilizzato per il trattamento si è rivelato solo marginalmente efficace; a quel punto i medici hanno effettuato una biopsia del nodulo necrotico della fossa poplitea sinistra e l’istopatologia ha rivelato epidermide necrotica e vasculopatia occlusiva sottostante nel derma medio-profondo con infiltrati infiammatori con neutrofili, leucocitoclasia, essudazione di fibrina, eritrociti stravasati e microtrombi. Inoltre, c’erano infiltrati linfocitari nel tessuto adiposo sottocutaneo. Di conseguenza è stata fatta una diagnosi istologica di vasculite necrotizzante.
Passati 3 mesi dall’esordio della malattia
, alcune delle lesioni vescicopapulari si sono rivelate noduli necrotici e il paziente ha continuato a sviluppare vescicole in entrambe le gambe e un ulteriore nodulo sottocutaneo nella fossa poplitea destra. Di nuovo è stato sottoposto a biopsia e l’istopatologia alla fine ha dato una diagnosi di infezione da VZV.

A questo punto, sospettando un’associazione con la vaccinazione anti-covid (dal momento che le due le dosi erano state somministrate 13 giorni prima e 8 giorni dopo l’inizio della malattia), i medici hanno concentrato le loro ricerche sull’espressione della proteina spike riuscendo a trovarla nelle cellule intravescicolari dell’epidermiche e nelle cellule endoteliali dei vasi infiammati del derma. Inoltre la proteina spike è stata trovata anche nelle cellule endoteliali delle venule nel tessuto adiposo sottocutaneo sottostante la lesione della vasculite erpetica.
Si legge nello studio:
La riattivazione del Virus della Varicella Zoster (VZV) è una delle reazioni cutanee più frequenti associate alla vaccinazione dell’mRNA COVID-19. Sebbene la relazione tra la riattivazione di VZV e la vaccinazione con mRNA COVID-19 rimanga poco chiara, la disregolazione dell’immunità cellulare può svolgere un ruolo patogeno. E ancora: “È stata anche descritta la riattivazione di VZV associata all’infezione COVID-19 e includeva l’herpes zoster (HZ) multi-dermatomico e la vasculite atipica che imita l’HZ, suggerendo che lo stato soppressivo dell’immunità mediata dai linfociti T potrebbe essere la condizione condivisa indotta da entrambi ossia infezione COVID-19 e vaccino mRNA COVID-19.  Pertanto, la proteina spike potrebbe essere la causa dell’immunosoppressione che ha consentito la riattivazione del VZV e la sua persistenza, nonché la vasculopatia e la trombosi cutanea”. 

La letteratura scientifica più recente sta evidenziando che la riattivazione del Virus della Varicella Zoster è associata alla vaccinazione di mRNA COVID-19 e che si verifica soprattutto in pazienti con malattie autoimmuni trattati con farmaci immunosoppressori inclusa l’artrite reumatoide, come appunto il paziente esaminato nello studio in questione (che, però, si stava curando da oltre 10 anni e si trovava in una condizione di equilibrio prima della vaccinazione). Altre casistiche hanno riguardato persone con infezione da HIV o fortemente compromesse in seguito a chemioterapia. “Tuttavia” – sottolineano gli autori“il nostro paziente con artrite reumatoide non era clinicamente immunocompromesso al momento della vaccinazione, nonostante le terapie assunte da anni, e quindi supponiamo che proprio la vaccinazione abbia gravemente influenzato l’immunità dei linfociti T”.
E concludono: “La proteina Spike rilevata nelle lesioni cutanee del nostro paziente non è mai stata descritta prima. I cheratinociti vescicolari e le cellule endoteliali dermiche sottostanti nella lesione della vescicola la esprimevano, inoltre è stata trovata anche nelle cellule endoteliali nella lesione della vasculite. È necessaria un’ulteriore vigilanza sugli effetti collaterale della vaccinazione con mRNA COVID-19 e sono necessarie ulteriori indagini sul ruolo della proteina spike.”

Fin qui lo studio in questione. Ma il pensiero corre al vaiolo delle scimmie, nuovo allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a fine luglio scorso che qualcuno, però, ha messo in dubbio dichiarando che si tratta, in realtà, di casi di herpes zoster post vaccinazione.
È stato il dottor Giuseppe Barbaro, specialista e medicina interna e cardiologia, a sbilanciarsi in tal senso durante un intervento alla Camera per la commemorazione di Montagnier con queste testuali parole: “Voglio dare una testimonianza clinica a questo riguardo. In primis, ho un paziente per il quale era stato sospettato il vaiolo delle scimmie e che ho trattato io personalmente per un Herpes Zoster. Poi, ho una testimonianza da parte di un collega del San Matteo di Pavia, il quale mi ha detto che tutti i cosiddetti ‘vaioli delle scimmie’ sono Herpes Zoster in sieropositivi nei quali la sindrome da immunodeficienza indotta dal vaccino ha portato alla risalita della virulenza dell’HIV, per cui risultano sieropositivi con carica virale alta e sono ritornati praticamente a prima dell’introduzione della terapia antiretrovirale, dove ovviamente tra le manifestazioni cutanee c’era anche l’Herpes Zoster. Esistono anche forme di Herpes Zoster molto estese e sono fatte passare quasi tutte per una nuova malattia perché devono mascherare l’evidente fallimento del vaccino, che ha indotto questa nuova sindrome da immunodeficienza acquisita che comporta la riattivazione. La situazione è questa. Si tratta quindi di un’enorme menzogna”.

Montagnier diceva che la subunità S1 della spike è esattamente quella dell’HIV.
C’è dunque una similarità tra vaiolo delle scimmie, herpes zoster e HIV?
Cosa stiamo rischiando nel lungo termine?

Una cosa è certa: con la vaccinazione ad ogni costo e contro qualsiasi virus e batterio emergente, invece che rafforzare il nostro sistema immunitario lo stiamo indebolendo pesantemente perché non è più libero di reagire naturalmente alle infezioni e quindi di svolgere normalmente le proprie funzioni.

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