Sono passate poche ore dal giuramento della nuova premier Giorgia Meloni e dei ministri, quando a Bologna si ritrovano migliaia di persone – trentamila secondo gli organizzatori, provenienti da ogni angolo del Paese.
È inutile negarlo che siamo all’alba del governo più di destra della storia repubblicana: lo è nelle persone che lo guidano, lo è nella semantica dei ministeri, lo è nelle intenzioni che già si sono palesate. Di fronte a questo, a Bologna si palesa l’embrione di un’opposizione moltitudinaria che ha proprio nella “convergenza delle lotte” il suo terreno di elaborazione e di crescita sociale e politica.
Un’opposizione ben lontana da quella che viene enunciata in Parlamento, che già in queste prime battute di legislatura si è arroccata sull’atlantismo.
Dalla piazza di oggi emerge un segnale chiaro, rappresentato plasticamente dallo striscione di apertura: “fine del mese, fine del mondo stessa lotta”. Ed è proprio attorno al nesso lavoro-ambiente che sarà possibile costruire le premesse di una battaglia duratura e di ampio respiro, che sappia tessere le fila di una miriade di conflitti che scorrono nelle vene del paese: le vertenze operaie a cui GKN ha fatto fare un salto di qualità, quelle portate avanti da un movimento climatico che la pandemia non ha saputo fermare, ma anche le lotte contro il carovita, per i diritti riproduttivi, per la difesa dei beni comuni.
Il passante di mezzo di Bologna assume così una centralità tanto materiale quanto simbolica. Una grande opera basata su cemento e una vecchia idea di mobilità, che rappresenta il modo in cui i fondi del PNRR vengono destinati per perpetuare quell’idea neoliberale di sviluppo che viaggia a prescindere dal colore politico dei governi. Ma anche lo snodo di un conflitto capace di agire realmente in un’ottica intersezionale, che impatta tanto la dimensione produttiva che quella riproduttiva del capitalismo contemporaneo.
La manifestazione parte da via XX settembre, con numerosi striscioni che rappresentano le tante battaglie presenti in questo Paese, che oggi accelerano quel processo di convergenza, partito lo scorso marzo a Firenze.
Nell’intervento di apertura viene indicato chiaramente come l’attraversamento collettivo del Passante di mezzo è l’obiettivo della giornata. Questa opera contiene tutte le contraddizioni dell’attuale modello di sviluppo. Diversi – infatti – i motivi della manifestazione, che nasce in difesa non solo dell’ambiente, ma anche “dei diritti, della salute, degli spazi pubblici” . “Insorgiamo contro il passante, con i compagni e le compagne di Gkn, che sono usciti dalla fabbrica per regalarci la loro forza. Oggi insorgiamo, per questo, per altro, per tutto”.
Nel corso del corteo blitz di Rise Up 4 Climate Justice contro un distributore ENI: vernice, pompe bloccate, e manifesti che mettono in mostra le devastazioni del colosso energetico in tutto il pianeta.
“Convergere per insorgere”, slogan preso in parola quando migliaia di persone hanno attraversato la tangenziale di Bologna, di cui la forza della mobilitazione ha ottenuto la chiusura allo scopo di percorrerla in manifestazione.
Nella corsia adiacente viene allestita una barricata con un mondo di cartapesta in fiamme, che simboleggia la necessità di cambiare il sistema a partire da lavoro e diritti per tutelare i territori e le forme di vita che li abitano.
La coda del corteo era ancora all’autostazione quando la testa è arrivata in tangenziale. “In un periodo dove sempre di più si percepisce il disastro climatico incombente, con siccità, eventi estremi, ciclo delle stagioni ormai completamente disarticolato, e dove gli impatti di un modello di sviluppo insostenibile si stanno concretizzando in un’inflazione crescente, carovita, esclusione sociale e con una guerra alle porte di casa, il bisogno che oramai diventa necessità è quello di un’ampia convergenza dal basso capace di portare a un ribaltamento dei rapporti di forza nel Paese”, è l’intervento finale che saluta questa giornata di lotta.
** Pic Credit Copertina: Laboratorio Crash