Dopo il violento sgombero dell’occupazione abitativa di via delle Melette, avvenuto lo scorso mercoledì, si è tenuta oggi una conferenza stampa, proprio davanti alle case sgomberate.
In una città in piena crisi abitativa, dove è difficilissimo trovare una casa da affittare se non a prezzi esorbitanti, dove le case pubbliche vengono messe in vendita, dove gli studenti e le studentesse non trovano posto negli studentati e pagano 500 euro per una singola, dove gli sfratti sono in continua crescita, la Procura di Padova – su pressione dell’ATER – ha deciso di chiudere l’ennesimo immobile, che tra l’altro da sei anni era stato sottratto all’abbandono e reso abitabile dagli e dalle occupanti.
La conferenza stampa – che ha raccolto una folla numerosa, evidentemente ancora scossa e indignata per quanto accaduto – è stata anche un momento per rilanciare un percorso cittadino sul tema dell’abitare. Questo proprio a partire dalla segnalazione dei tanti alloggi che ATER lascia volutamente sfitti nel quartiere Palestro, che a partire dagli anni Venti del secolo scorso rappresenta una delle principali aree urbane destinate all’edilizia popolare.
Dino di Adl Cobas ribadisce che il vero crimine è lasciare le case vuote a marcire. «Rispediamo al mittente le dichiarazioni per cui l’occupazione toglie le case a chi ne ha diritto. Per fare un esempio nella stessa palazzina di via Melette 3 ci sono 2 appartamenti chiusi e vuoti da molto prima dello sgombero, che non sono mai stato assegnati. Tenere le case chiuse è una violenza per tutti quei giovani che non riescono ad uscire di casa dei propri genitori a causa di paghe basse e lavori precari». In questa situazione c’è anche l’ipocrisia dell’amministrazione comunale: «abbiamo letto le dichiarazioni dell’assessora Francesca Benciolini, che ha messo sullo stesso piano la violenza della polizia con quella di chi occupa le case. Chi occupa molto spesso lo fa come ultima ratio di un percorso che vede proprio il Comune di mezzo, con servizi sociali che non fanno nulla e in generale con la totale mancanza di iniziativa sul tema dell’emergenza abitativa».
Secondo Paola, attivista del CSO Pedro, quanto accaduto è anche il segno di una totale assenza delle istituzioni nell’affrontare il problema della precarietà giovanile, soprattutto rispetto a chi non ha la possibilità di avere un sostegno economico familiare.
Interviene anche Mattia Boscaro, presidente del Quadrato Meticcio e abitante storico del quartiere Palestro, che riporta come le esperienze di occupazione abitativa scaturiscano sempre dalla mancanza di risposte politiche e siano di fatto una denuncia rispetto alla cattiva gestione del patrimonio pubblico. «C’erano tutti gli strumenti per affrontare la situazione in maniera “diplomatica”, con diversi tavoli aperti riguardanti il quartiere».
Alla fine della conferenza stampa è stata fatta una passeggiata per il quartiere al fine di segnalare gli immobili abbandonati. In via Brigata Padova c’è l’ex Caserma Cimarrusti, stabile con oltre 30 appartamenti che è stato venduto a un fondo privato per creare uno studentato, ma che è attualmente vuoto. Stessa sorte per l’ex Bios, spazio sociale sgomberato 2 anni fa, che si trova in un complesso INPS, dove ci sono un centinaio di appartamenti e uffici, molti dei quali vuoti addirittura da 30 anni. In Via Varese si trovano 64 appartamenti interessati al piano di riqualificazione ed efficientemente energetico (il cui costo stimato è di 7 milioni di euro), svuotate un anno e mezzo fa, con decine di famiglie trasferite in maniera coatta. Secondo i piani gli appartamenti avrebbero dovuto essere restituiti agli abitanti entro due anni e mezzo, ma al momento i lavori non sono ancora iniziati.
«La mappatura delle case vuote continuerà nei prossimi giorni» viene detto alla conclusione del “tour”, «la lotta per il diritto all’abitato non si arresta e passerà da una assemblea pubblica che si terrà mercoledì prossimo alle 18».