Sono state centinaia le persone che hanno riempito strade e piazze delle città del Nord-Est in occasione della giornata internazionale contro la violenza di genere, per protestare contro il sistema di oppressione patriarcale che opprime milioni di donne e soggettività Lgbtqia+ in tutto il mondo.
Moltissime le voci che si sono alzate contro gli episodi quotidiani di violenza che si esprimono attraverso molestie, abusi fisici e verbali, stupri e femminicidi. Episodi a cui si aggiungono la violenza istituzionale che avviene dopo una denuncia, l’invisibilizzazione delle soggettività non conformi, i problemi di accesso al welfare e ai di fuoriuscita dalla violenza.
Dai luoghi di lavoro all’università, dalle scuole ai luoghi della salute pubblica, le strade si sono riempite di voci che spesso non hanno spazio nella narrazione pubblica. Ecco perché nelle piazze hanno trovato spazio gli interventi di donne iraniane e donne curde, persone sotto attacco e che lottano ogni giorno per la vita e per costruire un mondo diverso. Ovunque è stata rilanciata la partecipazione al corteo nazionale di oggi a Roma.
Di seguito la cronaca dalle varie città.
A Padova il collettivo Squeert ha raggiunto il presidio di Non una di Meno con una passeggiata transfemminista dalla stazione a Piazza delle Erbe. Gli interventi sono stati tanti e tanti i temi toccati. Il corteo si è fermato davanti ad Azienda Zero, perché tutti i giorni negli ospedali e nei consultori viene agita violenza, viene negato il diritto all’aborto e alle cure ginecologiche. Si è fermato davanti ai negozi di fast fashion, contro un sistema capitalista e consumista che utilizza i corpi femminilizzati per ottenere profitto. Si è fermato davanti al Comune, per parlare del diritto all’abitare e dell’impossibilità di donne e persone queer e persone razzializzate di accedere ad una casa. Infine davanti al Bo, perché l’università non prende posizione e non attua politiche reali contro le molestie e le violenze che ogni giorno avvengono nelle aule, così come nelle scuole.
A Venezia ragazze giovani e giovanissime, ma non solo, hanno sfilato da campo San Geremia a campo Santa Margherita denunciando le mancanze di politiche sociali, di misure efficaci per la fuoriuscita dalla violenza, di strumenti educativi fin dalla prima infanzia per prevenire episodi di violenza. Sul ponte degli Scalzi è stato appeso un grande striscione, “JIN, JÎYAN, AZADÎ,” tre parole per portare solidarietà alle donne iraniane e curde attaccate dai regimi autoritari dell’Iran e della Turchia. Una solidarietà che si è ripetuta a gran voce anche in campo Santa Margherita, dove è stato trasmesso il messaggio di alcune compagne in questo momento presenti in Rojava. Lungo il corteo è stato puntato il dito contro il governo, tra le cui file spiccano nomi e figure dichiaratamente fasciste che fanno dell’attacco alle donne, all’autodeterminazione, alle persone povere il primo punto dell’agenda politica.
A Vicenza l’assemblea transfemminista Babajaga ha costruito un momento collettivo per dare voce a tutte le soggettività che ogni giorno si ritrovano a vivere in un sistema violento e machista, ribadendo come questo sistema si può e si deve decostruire, partendo dal basso, dalle collettive, dalla scuola e passando per i servizi. Ci sono state due performance: è stato fatto passare un gomitolo di filo rosso che, andandosi ad aggrovigliare attorno alle persone presenti, rappresentava come la violenza sia una fitta matassa che ci imprigiona da cui solo insieme ci si può liberare. Poi collettivamente sono state “suonate” le chiavi, strumento che simboleggia sia l’autodifesa sia il fatto che molte volte l’aggressore ha le chiavi di casa.
Corteo anche a Schio: lungo il percorso sono stati attacchinati i luoghi simbolo della cultura sessista e patriarcale, affisse delle sagome raffiguranti corpi non conformi sulle vetrine dei negozi, per ricordare che patriarcato e capitalismo vanno a braccetto quando si parla di sfruttamento, e calato uno striscione dal duomo per riaffermare l’autodeterminazione dei corpi.
Molte persone a Treviso all’assemblea pubblica. In piazza con Non Una di Meno Treviso l’Adl Cobas e Donatella Lanzarotta a parlare di violenza istituzionale e forme di resistenza.