Anche la CNN parla di decrescita

Di Julia Horowitz, CNN Business, 14/11/22. Traduzione di Gloria Germani del Gruppo Internazionale. L’articolo originale è a questo link.

Decrescita: una parola pericolosa o la risposta alla più grande crisi del mondo?

La logica economica convenzionale si basa su un presupposto fondamentale:  più grandi sono le economie e meglio è,  e trovare il modo di mantenere o incrementare la crescita è fondamentale per migliorare la società.

Ma cosa succede se la crescita, nel migliore dei casi, fa poco per risolvere i problemi del mondo e, nel peggiore, favorisce la distruzione del pianeta e ne mette a rischio il futuro?

E’ questo  il messaggio radicale del movimento della “decrescita”, che ha trascorso decenni ai margini della politica con il suo avvertimento che la crescita senza fine deve necessariamente  deve finire. Ora, dopo che la pandemia ha dato alle persone in alcune parti del mondo la possibilità di ripensare a ciò che le rende felici, e mentre diventa più chiara la portata del cambiamento necessario per affrontare la crisi climatica, le idee della Decrescita  stanno ottenendo un maggiore riconoscimento da parte del mainstream, anche se cresce l’ansia per quella che potrebbe essere una dolorosa recessione globale.

Per gli economisti e i politici di ogni schieramento, la crescita è stata  da lungo tempo la Stella Polare. È un veicolo per creare posti di lavoro e generare tasse per i servizi pubblici, aumentando la prosperità nei Paesi ricchi e riducendo la povertà e la fame in quelli più poveri.

Ma i sostenitori della decrescita sostengono che il desiderio infinito di ottenere di più – economie nazionali più grandi, maggiori consumi, profitti aziendali più elevati – è miope, fuorviante e in ultima analisi dannoso. Il prodotto interno lordo, o PIL, è un misuratore inadeguato del benessere sociale, sottolineano.

Inoltre, l’espansione di un’economia globale che è già raddoppiata dal 2005 – e che, con una crescita annua del 2%, sarebbe più di sette volte più grande in un secolo – rende irraggiungibili gli obiettivi di riduzione delle emissione necessari per salvare il mondo.

“Un innocente 2 o 3% all’anno è un’enorme quantità di crescita nel tempo- crescita cumulativa, crescita composta “, ha detto Giorgos Kallis, uno dei maggiori studiosi di decrescita dell’Università di Barcelona. “Non mi sembra compatibile con la realtà fisica del pianeta”.

La soluzione, secondo il movimento della decrescita, è limitare la produzione di beni non necessari e cercare di ridurre la domanda di articoli non necessari.

Questa scuola di pensiero non ortodossa non manca di critiche. Bill Gates ha definito i decrescenti irrealistici, sottolineando che chiedere alle persone di consumare meno per il bene del clima è una battaglia persa. E anche i sostenitori riconoscono che il loro schema può essere politicamente inattuabile, data la difficoltà di immaginare come sarebbe in pratica lo “svezzamento” dalla crescita.

“Il fatto che sia un concetto scomodo è allo stesso tempo un punto di forza e di debolezza”, ha detto Gabriela Cabaña, sostenitrice della decrescita in Cile e dottoranda alla London School of Economics.

Eppure, in alcuni ambiti, l’idea di decrescita sta diventando meno tabù, soprattutto perché i governi e l’industria sono in ritardo negli sforzi per impedire che il pianeta si riscaldi oltre 1,5 gradi Celsius, dopo i quali alcuni effetti del cambiamento climatico diventeranno irreversibili.

L’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite ha recentemente citato la Decrescita in un importante rapporto. Il Consiglio Europeo per la Ricerca ha appena stanziato circa 10 milioni di dollari per Kallis e due colleghi per esplorare pratiche politiche di “post-crescita”. Il Parlamento europeo ha in programma per la prossima primavera una conferenza intitolata “Oltre la crescita”. Il Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen dovrebbe partecipare.

Anche alcune persone a Wall Street stanno iniziando a prestare maggiore attenzione. La banca d’investimento Jefferies ha detto che gli investitori dovrebbero considerare cosa accadrebbe se la Decrescita prendesse piede, notando che le generazioni più giovani, “ansiose di clima”, hanno valori di consumo diversi.

Diagnosticare un problema    

Nel dibattito su come evitare la catastrofe climatica, c’è consenso su un punto chiave: se si vogliono evitare i peggiori effetti del riscaldamento globale, il mondo deve ridurre le emissioni annuali di carbonio del 45% entro il 2030. Dopodiché, le emissioni dovranno diminuire drasticamente e rapidamente.

La maggior parte delle tabelle di marcia per raggiungere questo obiettivo prevedono una drastica riconfigurazione delle economie, basate su energia pulita , altre soluzioni per la riduzione delle emissioni, promuovendo al contempo nuove tecnologie e innovazioni di mercato che le rendano più accessibili. Ciò consentirebbe all’economia globale di continuare a crescere, ma in modo “verde”.

Tuttavia, i sostenitori della decrescita sono scettici sul fatto che il mondo possa ridurre le emissioni in tempo – e proteggere i delicati sistemi ecologici interconnessi – perseguendo al contempo un’espansione economica infinita, che secondo loro richiederà inevitabilmente l’uso di più energia.

“Più crescita significa più consumo di energia, e più consumo di energia rende più difficile decarbonizzare il sistema energetico nel breve tempo che ci rimane”, ha detto Jason Hickel, un esperto di decrescita che fa parte del team che ha ricevuto un finanziamento dal Consiglio europeo della ricerca. “È come cercare di scendere in basso da una scala mobile che sta accelerando verso l’alto contro di te”.

Anche se l’energia può diventare verde, la crescita richiede anche risorse naturali come acqua, minerali e legname.

È una preoccupazione che è stata ripresa da Greta Thunberg, probabilmente la più famosa attivista per il clima. Ha criticato le “favole su soluzioni tecnologiche inesistenti” e la “crescita economica eterna”. E ha toccato un altro punto sollevato dai decrescenti: Il nostro sistema attuale, che ha prodotto una disuguaglianza dilagante, può funzionare ancora?

Questa domanda risuona nel Sud globale, dove si teme che la rivoluzione dell’energia verde possa semplicemente replicare gli attuali modelli di sfruttamento e di estrazione eccessiva di risorse, ma con minerali come il nichel o il cobalto – componenti chiave delle batterie – al posto del petrolio.

L’”amore per la crescita”, ha detto Felipe Milanez, professore e sostenitore della decrescita con sede nello stato brasiliano di Bahia, è “estremamente violento e razzista, e non fa che riprodurre forme locali di colonialismo”.

La fine della crescita?

La decrescita può essere difficile da raccontare, soprattutto quando cresce il timore di una recessione globale, con tutto il dolore che comporta la perdita di posti di lavoro e la distruzione delle imprese.

Ma i sostenitori della decrescita, che spesso parlano di recessioni come sintomi di un sistema obsoleto, chiariscono che non stanno promuovendo l’austerità o dicendo ai Paesi in via di sviluppo, desiderosi di aumentare il tenore di vita, che non dovrebbero raccogliere i benefici dello sviluppo economico.

Si parla invece di maggiore condivisione di beni, di ridurre gli sprechi alimentari, di abbandonare la privatizzazione dei trasporti o dell’assistenza sanitaria e di far durare più a lungo i prodotti, in modo che non debbano essere acquistati così spesso. Si tratta di “pensare in termini di sufficienza”, ha detto Cabaña.

“L’adozione della decrescita richiederebbe un drastico ripensamento del capitalismo di mercato che è stato abbracciato da quasi tutte le società del pianeta negli ultimi decenni”.

Tuttavia, alcune proposte potrebbero essere valide all’interno del sistema attuale. Si parla spesso di un reddito di base universale, in cui tutti ricevono una somma forfettaria a prescindere dallo status lavorativo, consentendo all’economia di ridurre la dipendenza dalle industrie inquinanti. Lo stesso vale per la settimana lavorativa di quattro giorni.

“Quando le persone hanno più sicurezza economica e più libertà economica, prendono decisioni migliori”, ha detto Cabaña.

Critiche di alto profilo

L’ultimo rapporto dell’IPCC – l’autorità delle Nazioni Unite sul riscaldamento globale – ha osservato che “affrontare la disuguaglianza e l’aumentare della povertà – concentrandosi sul benessere – migliora gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico” ed questo è uno dei principali obiettivi della decrescita. E’ stato nominato espressamente anche il termine.

Ma la decrescita è anche osteggiata sia da parte di studiosi del clima che da attivisti con obiettivi simili.

“I sostenitori della decrescita vivono nella fantasia per cui se si prepara una torta più piccola, per qualche motivo, i più poveri ne otterranno una fetta maggiore”, ha dichiarato Per Espen Stoknes, direttore del Center for Green Growth della BI Norwegian Business School. “Questo non è mai successo nella storia”.

I sostenitori della crescita verde sono convinti che la loro strategia possa funzionare. Citano esempi promettenti di disaccoppiamento degli aumenti del PIL dalle emissioni, dal Regno Unito alla Romania, e il rapido aumento dell’accessibilità delle energie rinnovabili.

Gates, il co-fondatore di Microsoft che ha dato priorità agli investimenti nelle innovazioni climatiche, ammette che la revisione dei sistemi energetici globali è un compito erculeo. Ma ritiene che aumentando l’accessibilità delle tecnologie giuste si possa arrivare a destinazione.

I Decrescenti sanno che le loro critiche sono spesso discutibili, ma per certi versi è proprio questo l’intento. Pensano che sia necessario un approccio più netto e rivoluzionario, alla luce delle stime dell’ONU secondo cui il riscaldamento globale è destinato ad aumentare tra i 2,1 e i 2,9 gradi Celsius, in base agli attuali impegni climatici del mondo.

“Meno tempo rimane, più è necessario un cambiamento radicale”, ha dichiarato Kohei Saito, professore dell’Università di Tokyo.

Potrebbe essere d’accordo una massa sempre più estesa? Nel 2020, il suo libro sulla decrescita da una prospettiva marxista è diventato un successo a sorpresa in Giappone, dove le preoccupazioni per le conseguenze della crescita stagnante hanno influenzato la politica del Paese per decenni. “Capital in the Anthropocene” ha venduto quasi 500.000 copie.

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