“Camminare verso il giusto e il vero
combattere per il vero, il giusto
conquistare il giusto, il vero”
Nazim Hikmet
A volte la sovrapposizione o la coincidenza temporale di eventi lontani riesce ad avere un sapore ironico e beffardo.
Il giorno dopo l’assalto fascista dei bolsonaristi ai palazzi di Brasilia, è arrivata la notifica di conclusione delle indagini preliminari contro alcun* de* nostr* attivist*, indagati perché promotori della manifestazione “Fora Bolsonaro”, il primo Novembre 2021.
Quella manifestazione, che la criminalizzazione operata dagli apparati giudiziari non può cancellare, è stata una risposta di massa fatta dall’intera città di Padova e non solo, nonostante il giorno di pioggia.
Quel giorno, la parte del tessuto sociale di questa città e del nordest che si impegna giorno per giorno per un’alternativa che parla di solidarietà e giustizia sociale e climatica, si è opposta, non solo a parole ma con i fatti, al tappeto rosso steso a uno dei principali rappresentanti del populismo reazionario mondiale. Bolsonaro ha perseguitato i campesinos che lottano contro lo strapotere delle multinazionali, che ha dato mano libera a chi vuole devastare l’Amazzonia per farla diventare un immenso campo coltivato a soia, che è il mandante diretto o indiretto della morte di attiviste (ricordiamo, una per tutte, Marielle Franco). È noto per aver gestito la pandemia in modo classista e razzista, che in molti hanno definito addirittura “genocida”.
Ha ridato fiato al binarismo obbligato, occhieggiando alla parte di società brasiliana più apertamente machista e promuovemdo politiche apertamente omolesbobitransfobiche.
Non potevamo permettere che Padova diventasse il palcoscenico per un criminale del genere. Non abbiamo voluto lasciargli la scena perché i crimini commessi a quelle latitudini sono crimini commessi contro i nostri fratelli e sorelle, che lottano degnamente, e contro un pianeta che è anche il nostro. Ci siamo mossi contro di lui perché quelli che lo hanno invitato sono i nostri nemici qui e evocano Bolsonaro come l’esempio di ciò che vogliono fare anche loro.
I fatti di questi giorni in Brasile ci danno ragione, così come quelli del 6 gennaio 2021 negli Stati Uniti. È evidente che il “bolsonarismo” rappresenti una seria minaccia democratica, perché profondamente legato a grosse fette della classe dirigente e imprenditoriale che è disposta a difendere i propri privilegi con qualunque mezzo.
Allo stesso tempo è evidente che questo travalica i confini dello Stato sudamericano e che esiste un’opzione globale reazionaria a cui è necessario opporsi, come abbiamo fatto quel 1 novembre 2021. Questa opzione esiste per giustificare il saccheggio delle risorse naturali così come lo sfruttamento dei corpi, sessualizzati e razzializzati.
È il tentativo di affermare una lotta di classe rovesciata, di bloccare con forza tutte le istanze di liberazione da sfruttamento, oppressione e guerra.
Questa opzione politica ha nomi e cognomi: Bolsonaro, spesso chiamato il Trump brasiliano, aveva rapporti costanti con Steve Bannon, il braccio destro dell’ex presidente statunitense che ha più volte incontrato anche la nostra premier, che balbetta commentando l’assalto al parlamento brasiliano. Il fatto che Bolsonaro si senta tranquillo nel richiedere la cittadinanza italiana, la dice lunga sulle relazioni da tempo intraprese con esponenti del nostro governo.
Di fronte all’eversione delle classi dirigenti, contro l’odio tra pover* sparso a piene mani, saremo Marielle Franco, saremo un contadino Sem Terra, saremo criancas delle favelas, saremo la natura che si ribella e che r/esiste.
Se davvero siamo di fronte a una guerra civile globale, come alcun* rilevano, noi il nostro posto dalla parte di chi vuole un mondo più giusto, un mondo più solidale, un mondo libero dallo sfruttamento di esseri umani e della natura, l’abbiamo scelto.
Chi ci inquisisce, invece, da che parte ha scelto di essere?
Centri Sociali del Nord-Est
Immagine di copertina: Elena Lunelli