Mes, ovvero il ritorno della troika

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Foto CC: Adolfo Lujan, Spagna manifestazione contro le politiche di Austerity

di Matteo Bortolon, Cadtm Italia*

*articolo pubblicato su il manifesto dell’11 febbraio 2023 per la Rubrica Nuova finanza pubblica 

Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) è tornato alla ribalta, parrebbe imminente la approvazione della sua riforma. Nel recente passato si è parlato di essa in termini fortemente polemici: sotto il Conte II l’opposizione di FdI e Lega si era decisamente lanciata contro quest’ultima, col M5S molto critico assieme a LeU, mentre Pd e Italia Viva erano decisamente a favore. Il partito di Salvini arrivò al punto di raccogliere le firme contro il MES in piazza nel fine settimana del 7-8 dicembre 2019. Voci di stampa sempre più insistenti affermano che le destre, così critiche all’opposizione, saranno indotte ad assumere una posizione favorevole ora che sono al governo, ratificando l’operazione.

Ma cosa si vuole riformare? E in cosa consiste tale modifica?

Il Meccanismo Europeo di Stabilità non è stato pensato per agire in autonomia ma come l’ingranaggio di un meccanismo più vasto: un articolato e complesso insieme di regolamenti, trattati, norme partorita dalla burocrazia Ue e dai capi di Stato per far fronte alla crisi dei debiti sovrani e la (allora) probabile disintegrazione dell’eurozona. Una parte fondamentale del piano (in larga parte diretto da Merkel e Sarkozy) consisteva nel salvare le banche francesi e tedesche pesantemente indebitate con quelle della periferia europea, i famosi PIIGS. Il trucchetto era riempire di soldi i loro governi coi quali avrebbero salvato le loro banche, a loro volta indebitate con quelle dei paesi creditori. In pratica i soldi non lasciavano nemmeno i paesi del «centro», ma andavano a salvare le loro banche.

In tutto ciò il MES rivestiva il ruolo di strozzino: prendendo i soldi dai membri dell’eurozona li prestava ai paesi più «bisognosi», esigendo come tasso di strozzinaggio i temuti «aggiustamenti strutturali»: licenziamento di dipendenti pubblici come se piovesse, ammazzare la spesa sociale, rendere più precario il lavoro, ecc. Tutto l’armamentario copiosamente messo in pratica dagli amiconi del FMI e BM negli anni ’80 e ’90 verso paesi del Terzo Mondo (li si chiamava così, poi più eufemisticamente detti «paesi in via di sviluppo»).

La Troika, congiunzione di Commissione europea, BCE e FMI, è passata per essere la rappresentanza istituzionale dei creditori verso i paesi oggetto della «assistenza finanziaria», cioè debitori. Ma l’organismo che concedeva i prestiti ed imponeva le sue condizioni in realtà era il MES, delegando la Troika nel condurre le negoziazioni che hanno falcidiato tanto il benessere delle classi lavoratrici, specie greci. Tale «sistema» ha sottoposto alle sue “cure” 5 paesi, ognuno dei quali ha dovuto firmare protocolli di intesa che prevedevano, rispettivamente, 192 condizioni per la Spagna, 763 per Cipro, 892 per l’Irlanda, 1.993 per il Portogallo e ben 4.543 per la Grecia!

Come già detto, il ruolo del Meccanismo era di riversare la liquidità (rastrellata sui mercati finanziari con le garanzie degli Stati) su tali paesi, imponendo l’austerità; tanto che venne improvvidamente battezzato fondo salva-stati (quando si dovrebbe semmai dire salva-banche). A fine decennio la crisi del debito si era dileguata e quindi si doveva dare un nuovo ruolo all’istituzione. Insomma una struttura emergenziale viene permanentizzata. In ciò viene confermata la funzione di finanziamento a prestito, con due importanti varianti: primo, il MES potrà prestare soldi ad un fondo per salvare le banche, chiamato Single Resolution Fund; secondo si differenzia il finanziamento agli Stati in misura in cui essi abbiano le «finanze in ordine» cioè rispettando i soliti parametri di Maastricht su deficit e debito e chi invece sfora massicciamente – cui viene riservata l’onta del famoso Memorandum di austerità, che verrebbe risparmiato ai virtuosi.

Infine si prevede che tutti i membri dovrebbero emettere titoli di Stato con una clausola che ne faciliterebbe la ristrutturazione (cioè infrangere le promesse fatte agli investitori), in tal modo rendendo l’acquisto di bond più rischioso per i paesi con un debito pubblico più alto, il che comporta dare un interesse più alto agli investitori. Con le politiche più restrittive della BCE è un’ulteriore divergenza fra paesi più e meno ricchi, con la solita logica di premiare i «primi della classe» – un concetto tristemente familiare.

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