di Sandro Moiso
Edgar Morin, Di guerra in guerra. Dal 1940 all’Ucraina invasa, Raffaello Cortina Editore, Milano 2023, pp. 106, euro 12,00
Alla veneranda età di 101 anni, Edgar Morin ci regala un agile e allo stesso profondo libello sul tema della guerra, mettendo in guardia i lettori dall’assumere troppo facilmente posizioni favorevoli a questo o quel fronteI. Posizione non determinata dall’opportunismo ma, piuttosto, dall’esperienza di una lunga vita che svolgendosi lungo quasi tutto l’arco del XX secolo e in questo primo ventennio del XXI gli ha permesso di valutare con quanta fretta e superficialità siano state troppe volte avvallate e nascoste le violenze inumane dei belligeranti, accettando spiegazioni legate alla superiorità morale, razziale o politica delle varie parti in causa.
E’ un testo che vuol indurre il lettore a comprendere come la guerra, da chiunque sia condotta e qualunque sia la causa o il fattore scatenante finisca col trasformarsi sempre, o quasi, in una serie di crimini contro l’umanità che non dipendono soltanto da caratteristiche specifiche (culturali, politiche, religiose o altre) delle forze in campo, ma proprio dall’uso della violenza. Soprattutto là dove questa, lasciata libera di esprimersi al suo massimo grado, si auto-giustifica attraverso un discorso valoriale che spesso funge da spiegazione ex-post della barbarie messa in campo e delle atrocità commesse.
Così l’autore, definito da Mauro Ceruti nella Prefazione al testo come «uno dei pensatori più importanti del nostro tempo, un’autorità intellettuale e morale riconosciuta in tutto il mondo», nel suo excursus che, come afferma il sottotitolo, va dalla Seconda guerra mondiale alla carneficina attuale, non tralasciando affatto la guerra d’Algeria, quelle balcaniche degli anni ?90 del secolo appena trascorso, le infinite diatribe e i crudeli conflitti mediorientali, non si risparmia nel cercare e citare esempi, contraddizioni ed episodi o personalità che posano dimostrare come anche le cause spacciate per buone possano aver causato distruzioni, massacri e sofferenze (sia per i civili che per i militari) che costituiscono giganteschi scheletri nascosti negli armadi della memoria dei vincitori e che in quanto tali intendono passare alla Storia come i rappresentanti e i difensori della “giusta causa”, qualunque essa sia.
Morin afferma che i bombardamenti attuali sul fronte ucraina han fatto riemergere in lui «la coscienza della barbarie dei bombardamenti compiuti in nome della civiltà contro la barbarie nazista» nel corso della seconda carneficina mondiale.
Il primo bombardamento aereo in Europa per terrorizzare le popolazioni civili fu quello della Luftwaffe che annientò Rotterdam nel maggio del 1940.Fu seguito dai bombardamenti a tappeto di Londra durante l’estate del 1940 […] Poi ci furono i bombardamenti alleati sulle città tedesche.
Mentre ero assegnato allo Stato maggiore della prima armata comandata da de Lattre de Tassigny, mi recai a Pforzheim e provai un orrore che rapidamente trattenni, dicendomi: “E’ la guerra”.
Effettivamente, nel febbraio del 1945, tre mesi prima della capitolazione di una Germania già vinta, la cittadina di Pforzheim fu totalmente distrutta da un raid di 367 bombardieri della Royal Air Force. L’83 per cento degli edifici fu distrutto, 17.000 civili, cioè un terzo della sua popolazione, furono uccisi; ci furono altrettanti feriti.
Ho visto Karlsruhe e Mannheim, completamente devastate dai bombardamenti americani, poi Amburgo ugualmente distrutta, e infine Berlino, che attraversai da una parte all’altra nel giugno del 1945 fra le rovine accumulate dai bombardamenti a tappeto americani e i colpi massicci dell’artiglieria sovietica.
Poi appresi che, il 13 e il 14 febbraio di quello stesso anno, 1300 bombardieri inglesi e americani avevano annientato la città d’arte demilitarizzata di Dresda, riversando 2430 tonnellate di bombe incendiarie e facendo, secondo una valutazione della Croce Rossa, più di 300.000 morti.
Tutto ciò mi impressionava fortemente, ma l’orrore del nazismo e dei suoi abomini nei paesi europei, e soprattutto nell’URSS, occultava a noi resistenti e antinazisti l’orrore dei bombardamenti per terrorizzare le popolazioni civili, che distruggevano città intere, colpendo donne, bambini. anziani più che i combattenti. Aggiungiamo che in occasione dello sbarco alleato in Normandia, il 60 per cento dei morti civili normanni fu dovuto ai bombardamenti liberatori1.
La “buona causa” spesso nasconda e giustifica l’orrore e le sofferenze causate al nemico, anche quando questo tale non è nella sostanza. Ma anche là dove il nemico si manifesta in quanto tale l’abuo della violenza e della forza non può portare certamente a nulla di buono. Qualunque sia la narrazione che se ne fa, Qualunque sia la motivazione che la sostiene.
A questo dovremmo pensare quando Putin parla di denazificare l’Ucraima oppure sentiamo dire a Zelensky che l’Ucraina insieme ai suoi alleati “sconfiggerà il Male e cambierà il mondo” durante il suo viaggio a Londra. Tra l’altro ci sarebbe anche da chiedersi in che senso sarà cambiato il mondo, soprattutto ricordando altri episodi del secolo passato ricordati da Morin nel suo testo.
Se il nazismo fu giustamente giudicato e condannato nel processo di Norimberga, questo occultava ipso facto i crimini dello stalinismo, e ciò tanto più perché uno dei procuratoti di quel tribunale fu Andrej Vyšinskij, già procuratore dei processi di Mosca del 1935-1937, che condannò non solo a morte, ma anche all’abiezione le vittime innocenti delle sue false accuse di tradimento e di spionaggio. […] E così come occultammo la barbarie dei bombardamenti americani, occultammo quella dello stalinismo: l’orrore dei campi hitleriani che scoprimmo sul posto ci impedì di vedere o ci fece ignorare l’orrore del Gulag sovietico2
E’ una testimonianza sofferta quella del pensatore francese che nel corso del centinaio di pagine che la riassumono si preoccupa soprattutto di far riflettere sulla guerra in tutte le sue forme e attraverso tutte le bugie che la mascherano e la giustificano. Un tentativo di suggerire motivazioni per la ricerca della pace attraverso il rifiuto di qualsiasi facile formula propagandistica. Ovvero di tutte quelle false verità, del genere più svariato e dalle infinite motivazioni, che oggi lastricano ancora la strada per l’inferno.
Così come sembravano già promettere le parole di Jens Stoltenberg, Segretario Generale della Nato, pronunciate nei primi giorni di febbraio a Washington, dove si trovava per il Consiglio di Sicurezza dell’Onu e per un vertice al Pentagono con il Segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, definendo rigidamente i fronti di appartenenza secondo la manichea divisione tra Bene e Male.
“Dobbiamo essere preparati per un lungo periodo e restare con l’Ucraina per tutto il tempo necessario. Se il presidente Putin vincesse in Ucraina, sarebbe una tragedia per gli ucraini, ma anche una situazione pericolosa per tutti, perché manderebbe il messaggio ai leader autoritari, non solo al presidente Putin, ma anche in Asia e in altri luoghi, che quando usano la forza militare possono raggiungere i loro obiettivi. E questo renderebbe il mondo più pericoloso e più vulnerabile”.