di Rossella Fidanza
Seymour Hersh, premio Pulitzer grazie alle sue importantissime inchieste giornalistiche in ambito militare, un paio di settimane fa ha creato un gran subbuglio per l’articolo con il quale ha accusato gli Stati Uniti di aver deliberatamente fatto esplodere il gasdotto Nord Stream, con il supporto della Norvegia.
Hersh è sicuramente una voce estremamente affidabile ed importante del giornalismo mondiale, non certo da ieri, nonostante tutto il mondo dei “fact-checkers” si sia fatto notare per un intervento immediato, diretto a smantellare le sue parole.
Inutilmente e in modo abbastanza ridicolo. Hersh ha un curriculum giornalistico tale per cui basterebbe la sua firma per garantirne autenticità: ha certamente difeso le proprie fonti non svelandone i nomi, ma quello che ha scritto, con tanto di documentazione correlata, è davvero difficile da confutare, soprattutto perchè assolutamente plausibile.
A seguito del suo primo articolo sulla questione Nord Stream, le reazioni sono state di diverso tipo: a parte coloro pagati per cercare di ridicolizzare il suo report, mal riuscendoci peraltro, le pochi voci giunte dagli Stati Uniti si sono limitate a minimizzare la questione, così come i loro alleati. Al contrario, la Cina ha chiesto spiegazioni, unendosi alla Russia nel chiedere nuove indagini.
A dire il vero, non tutti sono stati così “composti”, del resto se le indagini, che sembrano casualmente arenate, confermassero quanto scritto da Hersh, si tratterebbe di un vero e proprio atto terroristico e di guerra, che non potrebbe restare impunito.
Il presidente del parlamento russo Vyacheslav Volodin, ad esempio, ha definito il presidente degli Stati Uniti Joe Biden un “terrorista”, mentre il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che i funzionari statunitensi stanno ammettendo di essere dietro al sabotaggio perpetrato per impedire un riavvicinamento tra Mosca e Berlino.
Anche la Cina ha alzato il tiro dopo essere stata redarguita proprio dagli Stati Uniti per presunte e negate forniture di armi alla Russia. Durante la riunione d’urgenza di ieri chiesta dalla Russia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite proprio per la questione Nord Stream, il rappresentante cinese Zhang Jun ha affermato che è necessario di scoprire i motivi e i responsabili della distruzione del gasdotto Nord Stream ed ha sottolineato che la Cina accoglie con favore la bozza di risoluzione proposta dalla Russia al Consiglio di Sicurezza e ritiene importante l’autorizzazione di un’indagine internazionale sul sabotaggio del gasdotto:
«La Cina accoglie con favore la bozza di risoluzione presentata dalla Russia in Consiglio, e ritiene che sia di grande importanza autorizzare un’indagine internazionale sul sabotaggio dei gasdotti Nord Stream»
In tutto questo fermento, poche ore fa Seymour Hersh ha pubblicato un nuovo articolo volto a spiegare perchè gran parte della pianificazione segreta e dell’addestramento per l’operazione è avvenuta in Norvegia e perché sono stati coinvolti marinai e tecnici altamente qualificati della Marina norvegese.
La risposta semplice, scrive Hersh, “è che la Marina norvegese ha una lunga e torbida storia di collaborazione con l’intelligence americana”. Il giornalista equipara il “lavoro di squadra – di cui sappiamo ancora molto poco -” portato avanti su ordine del presidente Biden con implicazioni internazionali in divenire, a quanto è accaduto sei decenni fa quando “un piccolo gruppo di marinai norvegesi fu coinvolto in un inganno presidenziale che portò a una svolta precoce e sanguinosa nella guerra del Vietnam”.
Per spiegare questi collegamenti, Hersh riprende gli investimenti che la Norvegia fece subito dopo la Seconda Guerra Mondiale nella costruzione di grandi imbarcazioni d’attacco veloci e pesantemente armate, il cui compito sarebbe dovuto essere la difesa delle miglia di costa dell’Oceano Atlantico di proprietà norvegese.
Queste imbarcazioni, note come Nasty Class Pt Boats, erano molto più efficaci delle famose PT boat americane ed alcune di esse furono vendute alla Marina statunitense. Secondo quanto riportato in Norvegia, continua Hersh, “all’inizio del 1964 almeno due marinai norvegesi confessarono il loro coinvolgimento in attacchi clandestini condotti dalla CIA lungo la costa del Vietnam del Nord. Altri rapporti, mai confermati, affermarono che le motovedette norvegesi erano presidiate da ufficiali ed equipaggi norvegesi”. Chiaramente l’obiettivo americano era quello di fare pressione sulla leadership del Vietnam del Nord affinché diminuisse il suo sostegno alla guerriglia antiamericana nel Vietnam del Sud. La strategia non funzionò.
In quel periodo l’opinione pubblica americana era completamente all’oscuro di tutto e i norvegesi avrebbero mantenuto il segreto per decenni. Il gioco letale della CIA nella guerra tra gatto e topo portò a un attacco fallito il 2 agosto 1964, con tre cannoniere nordvietnamite che attaccarono due cacciatorpediniere americane – la USS Maddox e la USS Turner Joy – in un ampio specchio d’acqua conteso noto come Golfo del Tonchino, a cavallo tra Vietnam del Nord e Vietnam del Sud.
Due giorni dopo, ricorda Hersh, con i cacciatorpediniere ancora intatti, il comandante del Maddox comunicò ai suoi superiori di essere sotto attacco di siluri. Si trattava di un falso allarme e presto ritirò il rapporto. Ma la comunità americana dei segnali di intelligence – su pressione del Segretario alla Difesa Robert McNamara, che stava eseguendo gli ordini del Presidente Johnson – fece finta di niente, mentre McNamara ignorava il secondo cablogramma e Johnson comunicava all’opinione pubblica americana che c’erano prove che il Vietnam del Nord aveva attaccato un cacciatorpediniere americano. Johnson e McNamara avevano trovato un modo per portare la guerra al Vietnam del Nord.
La rabbia dell’opinione pubblica aumentò e Johnson autorizzò il primo bombardamento americano del Nord. Pochi giorni dopo il Congresso approvò la Risoluzione del Golfo del Tonchino con due soli voti contrari, dando al Presidente il diritto di dispiegare le truppe americane e di usare la forza militare nel Vietnam del Sud in qualsiasi modo avesse scelto. E così andò avanti per i successivi undici anni, con 58.000 morti americani e milioni di morti vietnamiti.
La marina norvegese, da fedele alleata nella Guerra Fredda, rimase in silenzio e negli anni successivi vendette altre diciotto motovedette della classe Nasty alla marina statunitense. Sei furono distrutte in combattimento.
Nel 2001, Robert J. Hanyok, storico della National Security Agency, ha pubblicato Skunks, Bogies, Silent Hounds, and the Flying Fish: The Gulf of Tonkin Mystery, 2-4 august 1964, uno studio definitivo sugli eventi del Golfo, compresa la manipolazione dei segnali di intelligence. Ha rivelato che il 90% delle intercettazioni rilevanti, comprese quelle dei nordvietnamiti, sono state tenute fuori dai rapporti finali della NSA sull’incontro e quindi non sono state fornite alle commissioni del Congresso che in seguito hanno indagato sugli abusi che hanno portato l’America sempre più a fondo nella guerra del Vietnam.
A questo punto Hersh parla della sua fonte di intelligence statunitense, secondo la quale “il primo lotto di motovedette norvegesi destinate alla guerra non dichiarata della CIA contro i nordvietnamiti era in realtà composto da sei unità. Sono sbarcate all’inizio del 1964 in una base navale vietnamita a Danang, ottantacinque miglia a sud del confine tra Vietnam del Nord e Vietnam del Sud. Le navi avevano equipaggi norvegesi e ufficiali della Marina norvegese come comandanti. La missione dichiarata era quella di insegnare ai marinai americani e vietnamiti come gestire le navi. Le navi erano sotto il controllo di una lunga serie di attacchi diretti dalla CIA contro obiettivi costieri all’interno del Vietnam del Nord. L’operazione segreta era controllata dallo Stato Maggiore Congiunto a Washington e non dal comando americano a Saigon, allora guidato dal generale dell’esercito William Westmoreland. Questo cambiamento fu ritenuto essenziale perché c’era un altro aspetto della guerra non dichiarata contro il Nord che era sacrosanto. I Navy SEAL statunitensi furono assegnati alla missione con un elenco ad alta priorità di obiettivi molto più aggressivi che includevano strutture radar nordvietnamite pesantemente difese”.
E continua: “era una guerra segreta all’interno di una guerra segreta. Mi è stato detto che almeno due SEAL sono caduti in un’imboscata dei nordvietnamiti e sono rimasti gravemente feriti in uno scontro a fuoco. Entrambi riuscirono a raggiungere la costa e alla fine furono salvati. Entrambi sono stati insigniti in segreto della Medaglia d’Onore, la più alta decorazione americana. Ci furono anche movimenti molto meno drammatici man mano che la guerra si dipanava. In un secondo momento, si decise di armare i pipistrelli con dispositivi incendiari e di lanciarli, per via aerea, su aree di grande interesse nel sud. Il lancio avvenne ad alta quota e i pipistrelli morirono rapidamente per congelamento”.
Hersh conclude con una domanda, che in molti dovremmo farci: “questo pezzo di storia top secret e finora sconosciuto solleva una domanda ovvia: cos’altro non sappiamo dell’operazione segreta in Norvegia che ha portato alla distruzione dei gasdotti? E c’è qualcuno al Senato e alla Camera, o nella stampa americana, interessato a scoprire cosa stava succedendo e cos’altro non sappiamo?”
Chissà se le sue domande troveranno mai risposta.
Fonte Rossella Fidanza https://rossellafidanza.substack.com/p/seymour-hersh-spiega-perche-gli-usa