Ecuador, ucciso leader indigeno della Conaie

Non si arresta la guerra contro i leader indigeni nel continente sudamericano: la sera di domenica 26 febbraio Eduardo Mendúa è stato ucciso a casa sua con vari colpi di arma da fuoco da, al momento, ignoti sicari. Mendúa era un riconosciuto leader della popolazione indigena cofán nel Sucúmbios ed era membro del Consiglio di Governo del movimento politico indigeno della Conaie per la quale ricopriva il ruolo di responsabile delle relazioni internazionali.

La notizia della morte di Eduardo Mendúa è stata diffusa dalla Conaie stessa che ha immediatamente responsabilizzato lo Stato ecuadoriano per la morte violenta del suo leader. La Conaie, per voce del suo presidente Leonidas Iza, ha infatti denunciato come «la morte di Eduardo Mendua è legata ai problemi socio-ambientali che si vivono nel territorio delle popolazioni e nazionalità indigene, dove si vuole imporre il modello estrattivo che distrugge la terra». Oltre allo Stato ecuadoriano, la Conaie accusa anche l’impresa petrolifera Petroecuador di essere responsabile della morte del suo dirigente. Sempre Iza infatti denuncia come già «più di 7 mesi fa abbiamo denunciato il grave conflitto generato dall’azienda [Petroecuador] nel territorio Cofán di Dureno».

Da mesi Petroecuador è entrata nel territorio Cofán con l’obiettivo di sfruttare i trenta pozzi petroliferi situati nel sottosuolo incontrando la resistenza della popolazione indigena. La bramosia di Petroecuador non si è fermata di fronte alle proteste e anzi ha cominciato a dividere la comunità dando inizio al conflitto per la gestione del territorio, come denuncia il portavoce della Confenaie Andrés Tapia – organizzazione indigena appartenente alla Conaie – per il quale l’assassinio è avvenuto in un contesto dove «ci sono diversi antecedenti. In effetti, Eduardo aveva già denunciato il 12 gennaio gli scontri tra la comunità e i lavoratori di Petroecuador che hanno sparato con armi da fuoco e lasciato diversi feriti. Mesi fa, l’anno scorso, c’è stata la morte di suo fratello maggiore e minacce in cui ci ha detto che c’erano intimidazioni nei confronti della sua famiglia».

Le denunce dei movimenti indigeni sono rimaste quindi inascoltate e anzi il governo del banchiere Lasso ha protetto gli interessi estrattivisti di Petroecuador, chiudendo un occhio sulle denunce e sostenendo l’occupazione del territorio da parte di Petroecuador senza dare la possibilità alla popolazione di effettuare una consulta preliminare, libera e informata prima dell’inizio delle estrazioni. Denunce che Eduardo Mendúa aveva continuato a pubblicare sui suoi canali social anche poche ore prima del suo assassinio, annunciando una strenua resistenza contro i progetti di morte di Petroecuador: «non siamo qui per cedere un centimetro del nostro territorio per permettere a forestieri del petrolio di distruggere gli esseri spirituali e le persone invisibili della nostra giungla, i fiumi, le lagune i luoghi sacri e i ruscelli».

Il governo da parte sua, per voce del ministro dell’Interno Juan Zapata, ha cercato di smarcarsi dalla complicità nell’assassinio del dirigente indigeno insinuando che lo stesso sia dovuto alle divisioni interne nella comunità, omettendo però che i conflitti interni sono iniziati proprio con l’entrata dell’impresa petrolifera nella comunità. Da parte sua Lasso ha espresso le ipocrite condoglianze di rito, promettendo che farà di tutto per trovare i colpevoli dell’assassinio. E a proposito dei sicari, solo poche ore dopo il fatto, il ministro dell’Interno ha annunciato l’arresto di una persona che potrebbe essere coinvolta nell’assassinio ma sugli autori materiali e soprattutto sui mandanti c’è ancora una fitta coltre di impunità. 

L’assassinio di uno dei volti più noti del movimento politico indigeno della Conaie è un fatto gravissimo che si inserisce nel contesto estrattivista promosso dal governo di Lasso. Un contesto che è una vera e propria guerra a los de abajo, a coloro che difendono i territori dalle politiche violente delle multinazionali energetiche in Ecuador e in tutto il mondo. Un attacco gravissimo che la Conaie non è disposta ad accettare e che potrebbe essere l’innesco per una nuova fase di lotta radicale dopo quella del giugno 2022 contro il governo Lasso, travolto anche da altri scandali di corruzione. «Invitiamo le organizzazioni internazionali a vigilare sulla situazione delle popolazioni indigene in Ecuador – è l’appello di Iza, perché – la sicurezza e la vita di coloro che difendono i territori dall’estrattivismo sono in pericolo».

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