Dopo il via libera del Senato alla riforma delle pensioni, ieri ci sarebbe dovuto essere il voto decisivo in Assemblea Nazionale. Un voto fortemente a rischio, non solo per il clima di altissima tensione sociale che si è generato in Francia negli ultimi mesi, ma anche per le numerose defezioni che si profilavano da parte di esponenti degli stessi partiti che compongono la coalizione di governo, la cui maggioranza in parlamento è già ampiamente risicata.
Per questa ragione il presidente Emmanuel Macron e la prima ministra Elisabeth Borne hanno deciso ieri di attuare un colpo di mano, ricorrendo al famigerato articolo 49.3 della Costituzione, che consente a un progetto di legge si essere approvato definitivamente senza seguire l’intero iter parlamentare. È l’undicesima volta che l’articolo viene utilizzato durante il governo della Borne, ma è chiaro che in questo caso la decisione assume una valenza politica e sociale totalmente diversa.
L’iter della legge non termina qui: entro oggi pomeriggio le opposizioni possono presentare una mozione di sfiducia contro il governo e sia a destra che a sinistra i gruppi parlamentari stanno lavorando in tal senso. Ma quello che è già chiaro è che siamo di fronte a una crisi politica che peserà per tutta la durata del secondo mandato di Macron e che avrà ripercussioni anche sul piano internazionale, visto il ruolo che la Francia sta tentando di avere nella gestione del conflitto in Ucraina.
Ma la cosa più interessante rimane la conflittualità sociale che si sta sedimentando attorno all’opposizione a questa riforma. L’immediata risposta che c’è stata ieri in tutte le città del Paese è il frutto di una crescente disponibilità di ampie fasce della popolazione francese a mobilitarsi sui temi chiave che riguardano la giustizia sociale, ricordando da vicino quello che è accaduto nella fase che precedeva la pandemia con il movimento dei gilets gialli. Una disponibilità che riverbera nell’altissima adesione agli scioperi, nell’occupazione di scuole e università, nella vivacità di cortei e azioni di blocco che esiste da oltre due mesi a questa parte. Ricordiamo infatti che poco più di una settimana fa la Francia ha vissuto una delle giornate di lotta più importanti degli ultimi anni, con tre milioni di persone in piazza e la paralisi totale del Paese.
Parigi è stata ancora una volta il centro della protesta. Già dalla mattina una folla attendeva l’esito della votazione – poi mai arrivata – davanti all’assemblea nazionale. Appena è rimbalzata la notizia del ricorso all’articolo 49.3 si sono creati cortei spontanei e Place de la Concorde si è riempita di migliaia di persone, che hanno scandito per ore slogan contro il governo. “Non vi sembra che ci sia l’odore del 1789?” si sente intonare in piazza. Nel frattempo si formano cortei spontanei sotto le Prefetture di altre città: i più importanti a Rennes – dove si segnalavano già dalla mattina blocchi delle principali strade -, Nantes, Marsiglia, Lione, Bordeaux, Lille.
La polizia decide di sfondare i cordoni di folla e di sgomberare la piazza attorno alle 20: un’azione repentina e violenta, nella quale vengono fatti decine di fermi. Da qui la situazione diventa incontrollabile e letteralmente incandescente, con barricate e oggetti dati alle fiamme in diverse limitrofe a Place de la Concorde. La polizia riprende il controllo della zona solo a tarda notte, ma i cortei spontanei continuano e stamattina Parigi si è svegliata con il blocco di gran parte della tangenziale. Questa mattina la polizia è intervenuta violentemente per sgomberare il blocco di un deposito di camion di rifiuti a Ivey. Scontri notturni e fiamme anche nel centro di Rennes. Manifestazioni anche oggi.
La forza d’urto delle azioni di protesta è tale che questa mattina il Ministro dell’Interno Gérald Darmanin ha convocato tutti i prefetti di Francia alle 10:30 per una videoconferenza sulla “situazione sociale” dopo la 49-3. La posta è stata contrassegnata come “urgente” e la presenza è obbligatoria per tutti i prefetti. Nel frattempo, i sindacati hanno convocato per il 23 marzo il prossimo sciopero generale, il settimo del 2023.