«Un via libera senza regole alle Nuove tecniche del genoma alimentare (NGT). È questo lo scenario che si prospetta dopo la presentazione delle proposte di legge al Senato e alla Camera che aprono alla sperimentazione in campo delle NGT anticipando eventuali disposizioni europee in materia. I prodotti delle NGT/TEA vengono definiti dai promotori delle proposte di legge come non equiparabili agli OGM ma assimilabili a varietà derivate da mutazioni naturali o selezioni tradizionali»: così scrivono FederBio e Assobio in una nota.
Per FederBio e AssoBio «questa definizione è in contrasto con l’attuale normativa europea che, con la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE, ribadisce come le NGT non possano essere considerate fuori dal perimetro della Direttiva 2001/18, che definisce e regola gli OGM, obbligando a una valutazione del rischio, tracciabilità ed etichettatura. Le associazioni del biologico esprimono, quindi, grande preoccupazione poiché queste proposte di legge rischiano di pregiudicare gli aspetti distintivi del metodo biologico impedendo ai consumatori una scelta informata».
FederBio e AssoBio, come soci di IFOAM, «in coerenza con la posizione assunta a livello europeo, ritengono indispensabile che anche sulle NGT sia condotta un’attenta valutazione del rischio e vengano elaborati metodi e strategie per identificare i prodotti derivanti dalle NGT affinché si possano attivare i necessari controlli.Questo è fondamentale per garantire tracciabilità e trasparenza e dare quindi ai cittadini la possibilità di effettuare acquisti alimentari consapevoli e agli agricoltori di scegliere il metodo di produzione».
«L’assenza di una regolamentazione su queste nuove tecnologie – denunciano le due associazioni – renderebbe di fatto impossibile mantenere e rafforzare la specificità del biologico che esclude le NGT dal processo produttivo. Per questo è necessario un quadro giuridico che, come avviene per gli OGM, garantisca la protezione da contaminazioni accidentali e la massima trasparenza e tracciabilità delle filiere. L’agricoltura biologica trova fondamento nell’agroecologia e quindi su un approccio sistemico e trans-disciplinare che vede l’azienda agricola e il territorio rurale come sistema integrato basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali e agronomiche orientate prima di tutto all’incremento della fertilità del suolo, a un alto livello di biodiversità, alla salvaguardia delle risorse naturali. In questa direzione l’innovazione fondamentale consiste nell’adottare un approccio olistico in grado di interpretare la complessità della natura e puntare sulla resilienza dei sistemi agroecologici piuttosto che su quella della singola pianta. È quindi necessario investire sempre maggiori risorse in termini di ricerca, innovazione e sistemi di conoscenza».
Le associazioni del biologico sottolineano quindi «l’importanza di investimenti strategici in ricerca e innovazione per il biologico e l’agroecologia. Inoltre, è fondamentale a livello nazionale semplificare le procedure burocratiche per accedere ai finanziamenti già deliberati ormai da qualche anno per il biologico, dando rapida attuazione alla legge 23/2022 sull’agricoltura biologica approvata di fatto all’unanimità del Parlamento. La norma, in coerenza con il Piano d’Azione Europeo sul biologico, prevede, infatti, che in sede di ripartizione del Fondo ordinario per gli Enti di Ricerca finanziati dal MIUR, una quota parte sia destinata alle attività di ricerca per il biologico e che nel piano triennale del Crea siano previsti interventi per la ricerca nel settore della produzione biologica».
«Investire in ricerca pubblica per la transizione agroecologica è strategico per il nostro Paese. È fondamentale che venga finanziata e portata avanti in maniera trasparente, ponendo attenzione a distinguere tra gli interessi comuni e quelli di una parte dell’industria. Inoltre, è essenziale attivarsi per valutare i limiti e i rischi delle innovazioni tecnologiche per evitare di compromettere le filiere libere da OGM – dichiara Maria Grazia Mammuccini Presidente di FederBio – In Italia, la ricerca pubblica deve essere in linea con l’obiettivo già fissato di raggiungere entro i prossimi anni il 25% di terreni coltivati a biologico per rispondere a quello che i cittadini chiedono in misura crescente, ovvero un’agricoltura veramente sostenibile e agroecologica, che tuteli la biodiversità, le risorse naturali e fornisca cibo sano e di buona qualità. I produttori biologici e biodinamici stanno già operando in questa direzione in un sistema certificato che necessita di trasparenza e tracciabilità delle filiere».
«OGM e metodo biologico sono da sempre alternative inconciliabili. Il consumatore vede nel prodotto biologico anche una garanzia di assenza di OGM – evidenzia Roberto Zanoni, Presidente di AssoBio -. Consentire l’impiego delle NGT in ambito biologico confonderebbe il consumatore, destabilizzandolo nelle sue scelte di acquisto. L’Italia, da oltre 20 anni, ha preso la decisione di restare un Paese libero da coltivazioni OGM, e questo è uno dei fattori distintivi del Made in Italy agroalimentare. La deregolamentazione dei nuovi OGM metterebbe a rischio l’intero comparto rendendo impossibile tracciare gli Ogm lungo la catena alimentare. Per AssoBio sono indispensabili regole chiare che scongiurino i casi di contaminazioni anche accidentali».