La giornata mondiale dell’acqua tra siccità e privatizzazioni

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di Corrado Oddi *

*articolo pubblicato su il manifesto del 21.03.2023

Arriva la Giornata mondiale dell’acqua e il governo vara la solita vecchia ricetta, basata su una logica emergenziale, sulle grandi opere bypassando l’impatto ambientale, in linea con quanto previsto dal PNRR.

Proprio in prossimità della giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo, arriva dall’Argentina una notizia decisamente preoccupante ed emblematica. Lì la più grande siccità degli ultimi 60 anni sta acuendo fortemente la crisi economica che investe quel Paese, producendo una riduzione di 3 punti di PIL nel 2023. Le previsioni di raccolta di soia, di cui l’Argentina è primo esportatore mondiale, per quest’anno ammontano a 27 milioni di tonnellate rispetto ai 47 milioni preventivati, il livello più basso dall’inizio del secolo, nonostante la superficie coltivata sia aumentata di molto. Inizio da qui non solo per ragionare sulla drammaticità della situazione derivante dal cambiamento climatico, ma soprattutto per sottolineare che, ormai, la crisi ecologica diventa immediatamente crisi economica e sociale.

Persino Christine Lagarde, presidente della BCE, dice che siamo dentro una policrisi, una situazione cioè nella quale crisi ambientale, crisi economica e sociale sono contemporaneamente presenti e, ancor più, si intrecciano e si alimentano vicendevolmente. Per citare un altro dato, l’Anbi – l’Associazione nazionale che riunisce i Consorzi di bonifica, stima che, nel 2022, la siccità è costata all’Italia 13 miliardi di €, di cui 6 di mancata produzione agricola. Non mi aspetto certo che i governi e i poteri forti che sostengono questo modello produttivo e sociale, il capitalismo che continua ad avere una visione predatoria delle materie prime e naturali e la mercificazione di tutte le attività umane, lo mettano in discussione, ma constatare che si prosegue su una linea di continuità con le politiche degli ultimi decenni e di occultamento della sua crisi significa, come ha spiegato il segretario dell’ONU, non voler fare i conti con il fatto che “siamo sull’orlo del baratro”.

E’ quello che sta facendo il governo italiano che si accinge a varare una sorta di “Piano acqua” di contrasto alla siccità fondato sostanzialmente su 3 assi di fondo: la nomina di un Commissario straordinario, norme di semplificazione e deroghe per accelerare i lavori fondamentali, risorse di una certa entità ( si parla complessivamente di circa 8 miliardi di €) destinate soprattutto alla creazione di nuovi invasi e dighe. La solita vecchia ricetta, basata su una logica emergenziale, sulle grandi opere e sul fatto di bypassare il loro impatto ambientale, peraltro in linea con quanto previsto dal PNRR che ha stanziato in tema di risorse idriche circa 4 miliardi, sempre con quelle finalità e lasciando ben poco per quanto riguarda l’ ammodernamento delle reti idriche ( circa 900 milioni di €).

Mentre invece è da lì che si dovrebbe partire, a fronte di una situazione per cui si perde più del 40% dell’acqua immessa in rete e non solo nel Mezzogiorno, come una “vulgata” interessata vorrebbe far credere. Da questo punto di vista, assieme ad interventi che guardano al riutilizzo delle acqua reflue e piovane, al risparmio idrico, a partire dall’agricoltura, il Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua ha messo a punto un vero e proprio “Piano straordinario per la ristrutturazione delle reti idriche”, che dovrebbe portare nell’arco dei prossimi 5 anni ad un livello fisiologico la dispersione idrica, avendo a disposizione circa 10 miliardi di €.

Risorse che si possono reperire riscrivendo il PNRR su questa materia, reindirizzando altre risorse esistenti e utilizzando anche una quota dei forti profitti che hanno realizzato negli ultimi anni le aziende che gestiscono il servizio idrico, a partire dalle grandi multiutilities, grazie alla forte spinta delle privatizzazioni. Giacché questo, il rilancio della privatizzazione del servizio idrico, altro non è se non il rovescio della medaglia del dato che siccità e cambiamento climatico stanno facendo dell’acqua una risorsa scarsa.

Lo hanno spiegato bene, al momento della scandalosa quotazione in Borsa dell’acqua alla Borsa merci di Chicago alla fine del 2020, i dirigenti di CME Group, protagonisti di quella scelta, quando hanno affermato che a causa del cambiamento climatico, dell’aumento della popolazione, del peggioramento qualitativo della risorsa, essa è appunto destinata a diventare bene sempre più scarso e soggetto all’accaparramento, per cui non può che essere governata dalla logica del mercato.

Tema ben presente a tutti i governi che si sono succeduti dalla vittoria referendaria del 2011 in avanti, da ultimo quelli Draghi e Meloni che, con il decreto delegato sul riordino dei servizi pubblici locali derivante dalla legge sulla concorrenza, hanno prodotto ulteriori passi per limitare e ostacolare la gestione pubblica del servizio idrico. Senza, peraltro, avere la consapevolezza che l’alternativa non è più solo tra l’acqua bene comune o il suo assoggettamento al mercato, ma tra la possibilità della vita e della cura e un mondo senza prospettive e futuro.

* Forum Italiano Movimenti per l’Acqua

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