Pubblichiamo un documento di Laboratorio Crash! e Bologna for Climate Justice che inquadra politicamente le azioni solidali nei territori alluvionati che si sono attivate dal basso in questi giorni e rilancia un appuntamento assembleare sabato 27 maggio in piazza del Nettuno a Bologna, alle ore 16.
Convergere contro la devastazione ambientale e sociale, per la cura del territorio. Lo rifamo?
Come state? Come stiamo? Queste domande ci arrivavano dall’altro lato dell’Appennino lo scorso anno. In questi giorni, sono per noi.
Il tempo si sospende di nuovo, come all’inizio dei lockdown. Non bisogna uscire di casa. Questa volta è alluvione. Oppure da casa bisogna fuggire, perché l’acqua sale.
Siamo nella Valle dei motori e dei big data, dell’industria aerospaziale, ma come un secolo fa della pioggia distrugge gli argini, inonda le vie urbane, fa franare strade sull’Appennino, si mangia territorio, uccide delle persone. Perché per curare il territorio non viene mai fatto nulla. Solo cemento.
Morti, distruzioni, miliardi di danni… Ma siamo purtroppo certe che anche questa volta, se non cambia qualcosa, a prevalere sarà nuovamente il pilota automatico del business as usual. Si ricostruirà come prima, più di prima, peggio di prima. L’ennesima crisi, che graverà sulle nostre spalle, che scaricherà con la solita violenza il lavoro di cura in primis sulle donne, sulle povere, sulle ultime. L’ennesima crisi che rafforzerà i ruoli di genere, tanto amati a chi fa comodo che sia nell’isolamento delle mura domestiche che ci si smazzi la fatica quotidiana e materiale di questa. L’ennesima crisi in cui ci sarà chi trarrà dei profitti. Una crisi che avviene mentre il regime russo annuncia la presa di Bakhmut e il G7 risponde con i jet – nuovo tornante della folle escalation bellica. Guerra e crisi climatica sono i riquadri dell’emergenza continua che viviamo. L’alluvione in Emilia-Romagna è solo l’ennesima crisi a cui ne seguiranno mille altre, a cui bisogna adattarsi, rispetto alla quale non si può fare nulla?
In questi giorni stiamo provando a fare quello che bisogna fare. Organizzarci in gruppi solidali, andare a sostenere le aree e le persone più colpite. Ma, no, non siamo dei fottuti angeli del fango. Perché, sì, calziamo degli stivali, proviamo a recuperare delle pale, ci mettiamo energia e passione, cerchiamo di farlo col sorriso. Ma siamo anche tremendamente incazzate. Perché nell’epoca narrata come del digitale e della “economia green”, queste cose continuano a succedere più e peggio di prima!
Questo succede perché chi fa i miliardi se ne sbatte di quel che lascia nel territorio. Questo succede perché da decenni le politiche costruiscono territorio solo per autodromi, grandi industrie, poli logistici, grandi opere, cemento, infrastrutture per lo spostamento merci… E non si pongono il tema della cura del territorio e delle persone, non pensano ai mille piccoli e diffusi interventi che sarebbero necessari. Nessun vuole affrontare il dissesto idro-geologico. È questa la sola grande opera che serve al nostro territorio! Questa la scienza e gli investimenti di cui abbiamo bisogno. Questo succede perché siamo all’interno di una crisi climatica. Questo succede perché ci sono delle responsabilità. Queste responsabilità vanno indicate con chiarezza. Perché queste cose non possono più succedere!
In questi giorni spazziamo via il fango dalle case e dalle strade, ma nei prossimi tempi vogliamo spazzare via assieme al fango anche chi ha delle responsabilità politiche per quello che è successo. Per questo rilanciamo l’assemblea popolare di sabato 27 maggio in piazza del Nettuno a Bologna, alle ore 16. Per organizzare la suggestione di una marcia popolare che a un mese dall’alluvione possa andare alla Regione Emilia-Romagna.
Per concludere… Abbiamo alle spalle un anno di lotte importanti. Ma il problema rimane sempre quello: o riusciamo a invertire i generali rapporti di forza nella società, o la normalità delle crisi ci investirà con sempre più violenza. Il 22 ottobre in decine di migliaia abbiamo attraversato Bologna, contro l’ennesima opera-scempio del territorio. Convergenza, si chiamava. Convergere… Per insorgere. Non è forse ora di rifarlo? Abbiamo un prevalente politico, l’alluvione e la devastazione territoriale. E la necessità di rispondere. Qui il nostro “per questo”, il nostro qui e ora. Ma come scandivamo il 22 ottobre, oltre al “per questo”, ci sono un “per altro” e un “per tutto”! C’è l’urgenza che, di nuovo, le lotte ambientaliste e operaie, transfemministe e contro la guerra, sindacali e queer, del lavoro riproduttivo, del mutualismo, le lotte migranti, logistiche, contadine, per l’abitare, per la vita bella… Si re-inizino a sintonizzare, a vibrare assieme, a costruire nuovi assemblaggi. Per affondare questa società mortifera e decadente. Non sappiamo se, collettivamente e a partire dalle nostre tante difficoltà e differenze, ne saremo capaci. Ma per noi è di nuovo ora di insorgere!
Perché no, non siamo angeli. E sì, siamo molto arrabbiate e abbiamo voglia di ribaltare la situazione!