A San Pablo de Amalí, piccola comunità nel cantone di Chillanes nella provincia di Bolivar, io e la mia compagna Rita ci arrivammo dopo qualche ora di viaggio da Guaranda, cittadina di montagna dell’Ecuador centrale soprannominata la “Roma delle Ande” per via dei sette colli che la circondano. Era il 2007, il presidente dell’Ecuador era il progressista Rafael Correa ciò nonostante erano numerose le comunità indigene in resistenza che lottavano contro l’estrattivismo promosso dal governo.
Viaggiavamo provando a costruire relazioni in vista di una futura carovana per l’associazione Ya basta! e per questo visitammo alcune tra le più significative esperienze di resistenza del Paese. Fu David, un compagno di Quito, che ci inviò in quell’angolo sperduto di mondo in mezzo alla selva proprio per conoscere questa piccola comunità che da qualche tempo lottava contro un progetto idroelettrico promosso dall’impresa Hidrotambo. Il breve viaggio fu quanto di più poetico si possa immaginare: lo scassato colectivo che non si sa come ci portò nella comunità, attraversò una natura rigogliosa e paesaggi meravigliosi seminascosti dalla fitta e fine pioggerellina e dalla foschia che copriva il cielo quel giorno.
L’accoglienza fu deliziosa. Gli abitanti della comunità ci ospitarono nelle proprie case di assi di legno, ci sfamarono e ci accompagnarono a visitare il río Dulcepamba, oggetto della contesa tra la comunità e l’impresa idroelettrica.Ci raccontarono di come Hidrotambo volesse stravolgere completamente il paesaggio e trasformare quel piccolo río da risorsa per la comunità a fiume inarrestabile e quindi nemico da temere, per i potenziali danni catastrofici che sarebbero potuti derivare da quel progetto funesto.
Con gli anni, Hidrotambo, sfruttando l’appoggio e l’impunità fornita dai vari governi che si sono susseguiti, impose alla comunità il proprio progetto idroelettrico. Lo Stato garantì all’impresa l’utilizzo esclusivo dell’acqua e tutte le difese legali di cui aveva bisogno e inviò spesso i suoi scagnozzi in divisa a reprimere le giuste proteste degli abitanti che vennero criminalizzati. Nel 2006 le prime forti mobilitazioni degli abitanti terminarono con 42 comuneros a processo, ma grazie a questi eventi dal 2008 al 2012 il progetto fu sospeso e la lotta di San Pablo de Amalí fu conosciuta in tutto l’Ecuador.
Dopo la pausa forzata, nel 2013 ripresero i lavori di costruzione della diga. Hidrotambo subito spostò il letto del rìo Dulcepamba di 100 metri, più vicino alla comunità e soprattutto al suo affluente, esponendola al rischio di eventuali inondazioni naturali. Nel frattempo continuarono le mobilitazioni, sistematicamente represse e criminalizzate per proteggere gli interessi dell’impresa idroelettrica.
A nulla valsero le proteste e le azioni legali dei membri della comunità, che rimasero inascoltate e ostacolate: Manuel Trujillo, uno dei leader storici del piccolo pueblito, presentò un esposto per lesione della proprietà privata perché con la deviazione del rìo Dulcepamba, la sua casa rischiava di essere distrutta. La sua denuncia non solo rimase inascoltata ma Trujillo stesso fu denunciato per terrorismo.
Nel marzo del 2015 il río Dulcepamba straripò nel tratto deviato da Hidrotambo provocando una gravissima tragedia: 3 persone furono trascinate via dalla corrente, 12 case vennero distrutte dalla furia dell’acqua e l’unica via di comunicazione con il capoluogo del cantone, San José del Tambo, venne devastata determinando l’isolamento completo della comunità. Da quel momento la lotta travalicò i confini della comunità perché, ad essere colpiti dagli effetti nefasti della diga e dall’impossibilità di utilizzare l’acqua, erano ben 140 comunità della conca del río Dulcepamba.
Nell’agosto del 2017 uno studio dell’Università della California dimostrò che l’inondazione di due anni prima, che causò la morte di tre persone, non fu un disastro naturale ma la conseguenza dei lavori della diga. Lo stesso studio rilevò inoltre che non c’era abbastanza acqua nel río Dulcepamba per fornire l’autorizzazione all’uso esclusivo dell’acqua concessa a Hidrotambo.
Negli anni successivi, l’azione collettiva delle 140 comunità si tradusse in numerose denunce di fronte al ministero dell’Ambiente e ai giudici e si concentrò sulla concessione a Hidrotambo dell’utilizzo dell’acqua. L’impossibilità di utilizzare l’acqua inoltre influì radicalmente sulla quotidianità delle comunità, impedendole, tra le altre cose, di vivere della pesca. Allo stesso tempo, diventarono sempre più frequenti gli straripamenti del río che provocarono ripetutamente gravissimi danni in particolare alla comunità di San Pablo de Amalí, le cui abitazioni risultarono più volte minacciate e distrutte dalla crescita incontrollabile delle acque e dalla forza della corrente.
Noncurante di tutto, Hidrotambo ha continuato imperterrita la sua opera di devastazione del territorio comunitario, arrivando a costruire protezioni per la sua centrale elettrica che hanno incanalato i flussi d’acqua in direzione del villaggio di San Pablo de Amalí. Non solo, in spregio alle concessioni governative, ha pure “tracimato” i limiti imposti, da gennaio a luglio, all’approvvigionamento dell’acqua.
La svolta positiva è arrivata a fine maggio di quest’anno, dopo l’ennesima stagione di straripamenti che hanno colpito nuovamente la piccola comunità in resistenza: il ministero dell’Ambiente ha ritirato l’autorizzazione all’utilizzo dell’acqua per i numerosi inadempimenti di Hidrotambo che non ha rispettato la risoluzione amministrativa numero 2018-008 emessa dall’Autoridad del Agua nel 2019.
Il ritiro dell’autorizzazione dell’acqua è una grande vittoria per le comunità che hanno lottato insieme per quasi 20 anni contro l’arroganza di Hidrotambo e sancisce la priorità dell’utilizzo dell’acqua per il consumo umano. Festeggiano le organizzazioni che in questi anni hanno difeso gli abitanti della conca del río Dulcepamba: «Dopo quasi 20 anni di lotta, finalmente arriva la giustizia per le 140 comunità del bacino del río Dulcepamba […]. Questa è la prima volta nella storia dell’Ecuador che il governo ha ritirato l’autorizzazione all’uso dell’acqua concessa a una centrale idroelettrica operativa».
Hidrotambo è finalmente con le spalle al muro, ma ora si dovrà vigilare affinché l’impresa rispetti la risoluzione ministeriale e che venga garantito il diritto prioritario all’acqua alle popolazioni del bacino.
Il giorno che ripartimmo da San Pablo de Amalí, venne a salutarci buona parte della comunità. Ci fu offerta una sontuosa colazione a base di huevos, carne y papas nel comedor comune, con la raccomandazione di non dimenticarci di quella piccola comunità sperduta ai piedi delle Ande. Era ancora buio, pioveva e faceva quasi freddo, ma quegli abbracci, quei volti, non li abbiamo mai dimenticati.
Foto di copertina: San Pablo de Amalí, 2007, di Christian Peverieri.