Era il settembre 2021 quando la studentessa Lina E. è stata arrestata, ed è cominciato il cosiddetto processo Antifa Ost. I quattro imputati sono accusati di aver commesso – anche con altre persone in parte sconosciute – diverse aggressioni a esponenti dell’estrema destra tedesca, che sarebbero sfociate in atti di lesioni personali. L’accusa sostiene che alla base di tutto ci sia un’organizzazione criminale che avrebbe organizzato queste aggressioni, nonostante le modalità e le situazioni in cui queste sono avvenute non dimostrino nulla di tutto questo.
Il 31 maggio, quasi due anni dopo l’inizio del processo, Lina E. (che è stata momentaneamente rilasciata) è stata definitivamente condannata a 5 anni e tre mesi, i suoi compagni a pene tra i 2 e i 4 anni. Il processo Antifa Ost è il più grande processo contro la sinistra radicale che è stato portato avanti negli ultimi anni in Germania. Il processo si è trascinato per anni proprio perché non c’erano prove sufficienti a identificare Lina E., e i punti portati dall’accusa sono stati per lo più congetture che hanno dipinto Lina come la “capobanda”. Inoltre, alcuni dei testimoni fondamentali per l’accusa sono stati neonazisti afferenti al gruppo Knockout 51, gruppo criminale che nella città di Eisenach aveva tentato di creare un “quartiere nazista”.
Il processo Antifa Ost è stato poi il più grande “successo” del SOKO Linx, una sezione speciale della polizia istituita nel 2019 che lavora e si concentra sui cosiddetti reati commessi da movimenti di estrema sinistra. Il processo è dunque certamente un tentativo di legittimare e potenziare il lavoro di questa unità. A questo si aggiunge il fatto che all’interno della polizia tedesca e dell’esercito molto spesso sono state scoperte vere e proprie cellule di estrema destra o fiancheggiatrici di gruppi neonazisti. Le accuse di golpe nei confronti del KSK – reparto d’élite della Bundeswehr fuori dal controllo parlamentare e con compiti di azioni in profondità, ricognizione, antiterrorismo e liberazione di ostaggi – sono solo una goccia nell’Oceano. Secondo un recente rapporto sulla Bundeswehr sono 477 i sospetti estremisti di destra nelle caserme della Germania.
Per tutti questi motivi, il processo Antifa Ost viene descritto dalla sinistra tedesca come un processo politico. L’obiettivo della magistratura è attaccare frontalmente l’organizzazione antifascista per consentire al governo di mettere in atto normative con lo scopo di reprimere le ampie proteste sociali innescate dalla crisi economica, sociale ed ecologica.
La solidarietà verso Lina E. e le altre persone condannate si è subito messa in moto in tutta la Germania. In particolare la città di Lipsia si è preparata al cosiddetto Day X (oggi, sabato 3 giugno) con una grande manifestazione dallo slogan “United we stand – Trotz alledem, autonomen Antifaschismus verteidigen!”. Manifestazione su cui però è stato posto un divieto giovedì, con la polizia che parallelamente si è preparata a una grossa operazione repressive, con un’area di controllo estremamente estesa in cui le persone possono essere fermate e controllate senza particolare motivo. Inoltre, in concomitanza con questi eventi, è stata resa nota una richiesta della polizia federale a quella ferroviaria di controllare e fermare tutti i passeggeri sospettati di essere “di sinistra”, in particolare nel nord della Germania. Tra le altre cose, i dipendenti della Nordwestbahn dovrebbero prestare attenzione ai “dreadlocks” e ai “look alternativi”.
Mercoledì sera, subito dopo la sentenza, c’è stata una manifestazione per Lina E., nella quale ci sono stati ripetuti scontri con la polizia. Venerdì sera, dopo che è stata presentata una causa contro il divieto (poi respinta dal Tribunale di Lipsia), si sono riunite più di un migliaio di persone a Wiedebachplatz per il diritto a manifestare. La polizia è intervenuta immediatamente con diverse cariche e i manifestanti hanno risposto con barricate. Gli scontri sono durati diverse ore e, al momento, si registrano tre arresti.
Immagine di copertina: Frupa (Wikimedia)