Di Jacopo Brogi
Costruire una narrazione è fondamentale per far accettare una realtà. Poco importa se questa realtà percepita è distante anni luce dalla realtà vera. Anzi, più distante è, meglio verrà assimilata. Paradossalmente, una grande bugia è difficilmente smentibile, rispetto a una piccola menzogna, facilmente decodificabile e alla portata di tutti.
Lo testimonia la nostra Storia, disseminata ovunque di grandi eventi, eventi tragici, luttuosi e deflagranti per la vita di società intere, che hanno sempre una versione ufficiale, una ufficiosa, e una miriade di ipotesi di varia natura, alcune concretamente realistiche, altre verosimili ma incompiute, altre che depistano sia quelle vere che quelle lasciate a mezzo, e poi ci sono quelle più importanti, ossia quelle palesemente false, che – sembrando addirittura alternative – fanno il controcanto della versione ufficiale. Quella che dal Palazzo, ai media, una volta diventata senso comune della maggioranza, verrà trascritta dagli esperti nei libri di Storia, assieme alle sentenze giudiziarie di comodo e alle ricerche accreditate degli specialisti di regime.
A quelle nicchie intellettuali dissenzienti, a quelle parti di popolazione non omologate e critiche, basta affibbiare etichette, epiteti, offese comunemente accettate, e verranno automaticamente separate ed emarginate proprio da quelle stesse maggioranze silenziose già intrappolate nel recinto invisibile della versione ufficiale.
“Che cosa è un governo? Nulla se non è sostenuto dall’opinione” (1). Sanciva Napoleone Bonaparte, uno che col comando delle genti, ci sapeva fare.
Ed è formando, orientando e dirigendo quell’opinione, che si ottiene il via libera per gestire, indirizzare e plasmare la società.
“Un ordine è un ordine: il carattere definitivo e indiscutibile che è peculiare dell’ordine può anche aver contribuito a far sì che gli uomini vi riflettessero ben poco.
Dell’ordine si pensa: è sempre stato così, è naturale e necessario. Fin da piccolo l’uomo è abituato agli ordini, in essi consiste buona parte di ciò che si definisce educazione, e anche la vita dell’adulto ne è penetrata, si svolga essa nell’ambito del lavoro, della lotta o della fede. Non ci si è quasi chiesti cosa effettivamente sia un ordine, se sia davvero così semplice come sembra, se a dispetto della rapidità e della levigatezza con cui raggiunge l’obiettivo – non lasci altre tracce, più profonde e forse perfino ostili, in chi lo esegue.” (2)
Così il premio Nobel per la letteratura Elias Canetti definiva in “Massa e Potere” le conseguenze del comando. Se il panico comporta il “disgregarsi della massa” (3), l’ordine giunto dall’alto “si diffonde orizzontalmente tra tutti i vari componenti della massa stessa. (..) Poiché il singolo si trova di fianco ad altri suoi simili, egli trasmetterà subito quel comando agli altri. Nella sua angoscia, egli si preme agli altri. In un attimo, anche gli altri sono contagiati. Dapprima, solo alcuni incominciano a muoversi, poi un numero maggiore, infine tutti. Grazie alla diffusione immediata del medesimo comando, essi sono divenuti massa. Ora fuggono tutti insieme”.(4)
E se Canetti studiava i nostri comportamenti raffrontandoli al resto del mondo animale, Niccolò Machiavelli – anno 1532 – dava la sua sentenza sulla natura umana nel suo rapporto col Potere:
“Degli uomini in generale, difatti, si può dire questo: che sono ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, timorosi dei pericoli, avidi dei guadagni. Finché fai i loro interessi e non hai bisogno di loro stanno tutti dalla parte tua; ti offrono il sangue, i beni, la vita e i figlioli (..). Non appena cominci ad aver bisogno di loro, ti si rivoltano contro. E quel principe che si è interamente fondato sulle loro parole, se è privo di altre difese, perde il potere, poiché le amicizie basate sul pagamento di un prezzo, e non sulla grandezza e nobiltà d’animo, è come se fossero prese a prestito, non diventano veramente tue e, al momento del bisogno, non le puoi spendere. Gli uomini hanno meno timore di colpire uno che si faccia amare, piuttosto che uno che si faccia temere. L’amore è infatti sorretto da un vincolo di riconoscenza che gli uomini, essendo malvagi, possono spezzare ogni qualvolta faccia loro comodo. Il timore, invece, è sorretto dalla paura di essere punito, che non ti abbandona mai.” (5)
Ed è proprio la Paura, che torna sempre al centro di tutto, ciclicamente.
“Il contagio, che nell’epidemia ha tanta importanza, fa sì che gli uomini si isolino gli uni dagli altri. Il miglior modo di difendersi consiste nel non avvicinare alcuno: chiunque potrebbe già portare in sé il contagio. Alcuni fuggono dalla città e si disperdono nei loro possedimenti. Altri si chiudono in casa e non lasciano entrare nessuno. Ciascuno schiva gli altri. Tenere gli altri a distanza è l’ultima speranza. La prospettiva di vivere, la vita stessa, si esprimono per così dire nella distanza dagli ammalati. Gli appestati formano gradualmente una massa di morti – i sani si tengono lontani da chiunque, spesso anche dai loro più stretti congiunti, dai genitori, dagli sposi, dai figli. E’ degno di nota come la speranza di sopravvivere isoli ciascun uomo: dinanzi a lui sta la massa di tutte le vittime.” (6)
Elias Canetti si riferiva alle epidemie del passato antico, raccontate dal sopravvissuto Tucidide. Ma i meccanismi, anche narrativi, che si sono riproposti durante l’emergenza Covid sono stati i medesimi, pur non essendo noi di fronte alla peste, ma ad una robusta sindrome influenzale mal curata e mal trattata, secondo le pratiche ufficiali.
Va da sé che la Paura si risolve obbedendo, eseguendo gli ordini. E poi si trasforma in Speranza. La necessità di regole, comandi d’urgenza da seguire, diventa ingenuo e superficiale ottimismo: così “andrà tutto bene”.
Nella propaganda, pace e guerra riescono ormai a coincidere, tanto da provocare quotidianamente un terremoto psicologico permanente nel quale tutto è emergenziale e sull’orlo della catastrofe: da quello che mangiamo, a quello che respiriamo, a quello che viviamo. Dal clima all’incubo nucleare, fino alla crisi economica che erode salari, redditi, posti di lavoro, patrimoni. E la colpa è sempre nostra: siamo troppi, viviamo al di sopra delle nostre possibilità e inquiniamo senza criterio, volendo pure vivere in pace. E ciò non è possibile, quando in giro ci sono i dittatori. Però se ubbidiamo e ubbidiremo, le cose pian piano andranno meglio.
“Un signore prudente, pertanto, non può né deve rispettare la parola data se tale rispetto lo danneggia e se sono venute meno le ragioni che lo indussero a promettere. Se gli uomini fossero tutti buoni, questa regola non sarebbe buona. Ma poiché gli uomini sono cattivi e non manterrebbero nei tuoi confronti la parola data, neppure tu devi mantenerla con loro. Né mai a un principe mancarono pretesti legali per mascherare le inadempienze. Se ne potrebbero fornire infiniti esempi tratti dalla storia moderna, e mostrare quante paci, quante promesse furono violate e vanificate dalla slealtà dei prìncipi, e chi meglio ha saputo farsi volpe, meglio è riuscito ad aver successo. Ma è necessario saper mascherare bene questa natura volpina ed essere grandi simulatori e dissimulatori. Gli uomini sono così ingenui e legati alle esigenze del momento che colui il quale vuole ingannare troverà sempre chi si lascerà ingannare.” (7)
Così Machiavelli ci illustrava i frequenti – e costanti – tradimenti del Potere: promesse e speranze vane quindi?
Forse le nostre aspettative dipendono dal tipo di narrazione a cui, bene o male, volendo o non volendo, ci avviciniamo o ci sentiamo più affini. Da animali sociali quali siamo, tendiamo ad agire in branco, in gruppo, a sentirci parte di una collettività.
E se è probabilmente molto vero che le maggioranze silenziose sono già intrappolate nel recinto invisibile della versione ufficiale, della narrazione mainstream – mediatica ed educativa -, che gli trasmette certe idee e certi valori, dove sta quella parte di popolo non omologata e critica?
In tempi di guerra sanguinosa e fratricida ad Est, via Covid abbiamo ancora scontri all’arma bianca ad Ovest – la società si spacca – secondo la miglior tradizione del divide et impera – e si polarizza. Tanto da non esserci più zona grigia, nessuna sfumatura. Come rilevava qualche settimana fa il documentarista Massimo Mazzucco.
Una canzoncina di Francesco Gabbani, “Pachidermi e Pappagalli”, ancora oggi fa furore su internet. Oltre 16 milioni di visualizzazioni, mischiando e distorcendo di tutto, puntando i più giovani: dai banchieri ebrei alla lobby gay che dominano il mondo; dai rettiliani a Hitler; da Marylin e Elvis che vivi e vegeti stanno alle Hawaii; dall’invenzione dei Beatles alla Cia dentro i nostri cellulari; dalle piramidi marziane, fino all’inesistente sbarco sulla luna. Un padrone solo domina la Terra?
Così la spiegava Gabbani all’uscita, nel 2017:
“È un brano ironico sul tema del complottismo, che racconta l’esigenza di avere sempre una teoria su qualcosa, fuggendo dalla realtà attraverso fantasiose cospirazioni, fatte di luoghi comuni e dietrologie. E’ una canzone dove la fuga è da intendersi come una ricerca di quello che potrebbe essere definito un nuovo credo religioso, che è il luogo comune. L’uomo ha la necessità di credere in qualcosa e spesso lo trova nelle tante, troppe, falsità di Internet. E’ una fuga da un certo tipo di cultura, attuata per provare ad essere anticonformisti, ma diventando così più conformisti dei conformisti.” (8)
Fare un frullato mischiando poca roba buona, altra acerba e tanta altra fradicia, sperando che una valanga di panna renda bevibile la poltiglia andata a male. Questa, in sintesi, l’operazione Gabbani.
Se costruire una narrazione è fondamentale per far accettare una realtà, la figura del complottista non nasce da sola, ma è una creazione del sistema dai tempi dell’omicidio di John F. Kennedy: non potendo nascondere totalmente le strategie criminali del potere le si ridicolizza svalutandole, addossando a chi si pone legittimamente dubbi e domande il marchio del folle visionario da emarginare. I tempi della spoliticizzazione delle masse hanno fatto il resto: quando quasi più nessuno sa decifrare le dinamiche politiche, economiche e geopolitiche, tranne gli addetti ai lavori, chi altro potrebbe occuparsene se non qualche perditempo, magari un po’ disturbato mentalmente?
Partendo da vicino e alla rinfusa: la Guerra Fredda e la strategia della tensione; i delitti Mattei e Moro, Falcone e Borsellino; la stagione delle bombe e di Tangentopoli; l’11 Settembre; la crisi finanziaria del 2008/2011; l’emergenza Covid. Grandi eventi, eventi tragici, luttuosi e deflagranti per la vita di società intere, che hanno sempre una versione ufficiale, una ufficiosa, e una miriade di ipotesi di varia natura, alcune concretamente realistiche, altre verosimili ma incompiute, altre che depistano sia quelle vere che quelle lasciate a mezzo, e poi ci sono quelle più importanti, ossia quelle palesemente false, che – sembrando addirittura alternative – fanno il controcanto della versione ufficiale.
I “Pachidermi e Pappagalli” di Francesco Gabbani sono nel frattempo diventati – di proposito – anche quelli di Carlo Cottarelli, che proprio così intitolò il libro che intendeva smontare le legittime rivendicazioni di politica economica legate alla sovranità monetaria perduta, di chi si oppone alla dittatura europea dei mercati e della moneta unica. Eh sì, proprio Cottarelli, oggi fresco ex senatore del Partito Democratico, ex funzionario del Fondo Monetario Internazionale, oltrechè ex direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano, finanziato da banche e fondi di investimento italiani e stranieri (9).
L’abito del complottista – assieme a quello di tutte le sue varianti – è cucito dal sistema addosso a chi si oppone al pensiero unico imperante.
Sta a chi vuol togliersi questa camicia di forza, questa identità ingegnerizzata ma inesistente, dando valore al proprio senso critico e alla propria cultura, alla propria storia, frutto sì di strategie criminali e di potere, ma anche di sacrificio e sincero impegno collettivo da parte soprattutto delle generazioni passate. Loro ieri, come noi oggi, si trovarono di fronte ai problemi della vita secondo la propria epoca, e – una buona parte – non decise certo di rimanere immobile perchè tutto era già stato deciso altrove. Ne è prova vivente chi sta leggendo questo articolo.
L’alluvione di notizie mainstream e non, che ogni giorno ci piomba addosso in ogni direzione, non ha la funzione di informarci per schiarirci le idee, o di indicarci la luce in fondo al tunnel, ma semmai quella di farci eccitare per una svolta imminente, per poi subito dopo farci deprimere visto il destino già scritto, come fossimo affetti da depressione bipolare permanente. Per disattivarci.
Tenendo ben presente quello straordinario manuale di istruzioni per l’esercizio del Potere scritto da Niccolò Machiavelli, “Il Principe“:
“Bisogna infatti capire che un principe, soprattutto un principe nuovo, non può rispettare tutte quelle norme in base alle quali gli uomini sono considerati buoni, perché egli è spesso obbligato, per mantenere il potere, a operare contro la lealtà, contro la carità, contro l’umanità, contro la religione. Bisogna perciò che egli abbia un animo disposto a indirizzarsi secondo il vento della fortuna e il cambiar delle situazioni. Insomma, come dissi prima, non si allontani dal bene, quando può, ma sappia entrare nel male, quando vi è costretto.”
Di Jacopo Brogi
05.06.2023
NOTE
(1) = Napoleone Bonaparte, L’arte di comandare, a cura di Francesco Perfetti, p.64, Newton Compton editori, 2014
(2) = Canetti Elias, Masse und Macht, 1960 –Massa e Potere, p.365, Aldelphi Edizioni, 1981
(3) = Ibidem, p.31/33
(4) = Ibidem, p.375
(5) = Machiavelli Niccolò, Il Principe, p.129/131, Oscar Mondadori, 2019
(6) = Canetti Elias, Masse und Macht, 1960 –Massa e Potere, p.331/332, Aldelphi Edizioni, 1981.
(7) = Machiavelli Niccolò, Il Principe, p.136/137, Oscar Mondadori, 2019
(8) = https://music.fanpage.it/francesco-gabbani-lancia-pachidermi-e-pappagalli-brano-ironico-sul-complottismo/
(9) = https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-chi-siamo-finanziatori
(10) = Machiavelli Niccolò, Il Principe, p.137/139, Oscar Mondadori, 2019
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Fonte: https://www.sovranitapopolare.org/2023/06/05/precarieta-disoccupazione-covid-e-guerra/