Dal 2015 il Ministero della Salute ha cominciato a fare i conti sul fatto che siamo di fronte al tasso di natalità più basso dall’Unità d’Italia. Anni in cui la retorica neo cattolica ha dato fuoco alle polveri nella lotta contro la “teoria del gender”, mentre la ministra Lorenzini proponeva il Piano Nazionale di Fertilità con gli obbrobri patriarcali e razzisti che forse alcun di noi ricordano. Riprendiamo questi passaggi perché è in questa fase che si intensifica un attacco sistemico alla GPA (gestazione per altri), alle famiglie arcobaleno, alle cosiddette “s-famiglie”.
L’ultimo attacco dell’alleanza reazionaria, post fascista, neo cattolica è avvenuto nelle aule di tribunale. Infatti la Procura di Padova ha impugnato gli atti di nascita di 33 figli e figlie di coppie omogenitoriali, cioè tutti quelli registrati dal sindaco Sergio Giordani dal 2017 ad oggi. Tutte queste bambine e bambini sono state concepite all’estero attraverso la fecondazione eterologa e poi riconosciute come figlie di entrambe le madri in Italia.
La procura vuole la modifica di questi certificati non riconoscendo la madre non biologica come genitore. Già in altre città è successo, dopo la circolare del ministero dell’Interno del gennaio scorso, che chiedeva ai sindaci di non trascrivere automaticamente i certificati di nascita dei figli nati attraverso la GPA, in cui ci fosse anche il genitore non biologico.
La GPA è la procreazione assistita in cui la gravidanza viene portata avanti da una persona esterna alla coppia genitoriale, una pratica illegale in Italia. La prefettura di Milano aveva poi esteso la richiesta del Ministero anche alle coppie di donne che avessero fatto ricorso alla fecondazione eterologa all’estero. La fecondazione eterologa è la fecondazione assistita che avviene attraverso la donazione esterna di gameti, nel caso di una coppia composta da due donne, gli spermatozoi.
L’ulteriore specificità del caso padovano è che la Procura vuole agire in modo retroattivo, quindi in questo caso stiamo parlando di figli che possono già essere cresciuti e che rischiano di non venire più riconosciuti, che si ritrovino di fronte alla propria vita sconvolta. E questo attacco viene da parte dei soliti pronti a gridare “Qualcuno pensi ai bambini!”
La dimostrazione insomma che i biechi tentativi di difesa da parte del governo erano parole al vento. Il governo piagnucolava sostenendo che le indicazioni del ministero non volevano colpire le famiglie arcobaleno, ma si scagliavano contro la GPA. Ma noi lo sapevamo: colpiscono la GPA per preparare il terreno all’attacco a tutto ciò che non si riduca alla norma eterosessuale.
La situazione è paradossale e inoltrarci nelle pieghe della giurisprudenza forse poco utile, o meglio già fatto in maniera esemplare da molti altri. Il problema è che il destino delle coppie omogenitoriali è legato alle decisioni di un giudice, essendoci in Italia un vuoto legislativo attorno a cui i vari detrattori possono fare il bello e il cattivo tempo. Nonostante la Corte costituzionale abbia più volte acceso i riflettori sulla necessità di legiferare in tal senso per tutelare in primis la condizione dei minori, il Parlamento continua a fare orecchie da mercante. E sia chiaro che le responsabilità non stanno solo nell’ala destra del Parlamento, perché quel che ancora viene definito centro sinistra si è ben guardato da prendere iniziativa in questa direzione. E così si arriva al punto in cui il governo utilizza i galoppini nelle procure per sferrare il proprio attacco.
Ma siamo di fronte a un attacco senza precedenti, donne, persone LGBT+, bambini. Nessuno è escluso nella crociata ai diritti civili. Che questo significhi togliere la responsabilità e i diritti genitoriali a una madre non biologica, censurare cartoni animati o lavorare per dichiarare la GPA reato universale.
Alcune parole sulla GPA e le gestanti in particolare. Il femminismo, dagli anni Settanta in particolare, ci ha insegnato che la riproduzione sociale è lavoro e come tale va considerato e riconosciuto. Quello delle gestanti è quindi lavoro e considerarle alla stregua di vittime senza voce è un atteggiamento patriarcale e coloniale. Come ci ha ben spiegato Alessandra Mezzadri parlando delle colleghe indiane con cui lotta per il riconoscimento del lavoro produttivo e riproduttivo, per molte è una scelta, un’opzione migliore delle 14 ore al giorno chiuse in un’industria tessile. Abbandoniamo quell’ipocrisia che puzza così tanto di buon padre di famiglia, lottiamo al fianco delle nostre sorelle perché a tutte vengano garantiti dei diritti, disprezziamo la necessità di riprodurre il proprio patrimonio genetico senza condannarlo come una scelta propria della norma eterosessuale, sdoganiamo la possibilità di adottare ovunque per chiunque, portiamo avanti una lotta che sia di classe, per i diritti di tutte e tutti di esistere e di costruire s-famiglie.
Disveliamo l’ipocrisia e la vera corruzione morale di questo governo che pretendono dalle donne eterosessuali l’essere custodi della razza italica, sfornando italici figli, e invece condanna le persone LGBT+ impossibilitate a realizzare il desiderio di prole.
Su questo e molto altro bisogna lottare, legiferare, criticare. Perché tutte queste vite valgono.