Un caldo agosto di lotte sindacali negli Stati Uniti

È stato appena siglato il contratto (il più grande degli USA) dei 340.000 lavoratori di United Parcel Service – UPS, il quale in questi giorni è al voto degli iscritti al Sindacato dei camionisti. Sono in corso gli scioperi di 172.000 sceneggiatori e attori degli studios di Hollywood e di New York (anche contro l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che potenzialmente potrà sostituire i loro ruoli) e quello di 32.000 addetti dei grandi alberghi californiani.

È iniziato anche il rinnovo dei contratti delle tre grandi aziende automobilistiche: Ford, General Motors e Stellantis (negli USA l’ex Chrysler), che scadono tutti e tre il 14 settembre. La nuova dirigenza sindacale, eletta direttamente dalla base dopo l’arresto per corruzione della precedente, ha deciso di trattarli contemporaneamente (e non uno per uno, come nel passato) e ne ha messo al centro sia l’eliminazione (così come ottenuto in UPS) dell’odiato sistema salariale a due livelli, che penalizza i nuovi assunti, sia la riduzione della settimana lavorativa a 32 ore. Mentre ritornano molto grandi i profitti delle aziende automobilistiche statunitensi, investiti per lo più in azioni proprie, per aumentarne il valore, e in gratifiche per i dirigenti, continuano (per abbattere i diritti e le retribuzioni dei lavoratori) le chiusure di impianti negli USA (ben 65 nell’ultimo ventennio) e i trasferimenti di lavorazioni in Messico. E incombe la trasformazione del settore con auto elettriche, nei cui primi stabilimenti di batterie lavorano addetti a condizioni contrattuali minori di quelli delle auto a benzina. L’Amministrazione Biden ha infatti fortemente incentivato la conversione all’elettrico ma non ha deliberato vincoli per i diritti dei lavoratori, consentendone allo stato attuale una transizione al ribasso.

L’esperienza più interessante è però quella dei giovani organizzatori di Starbucks Workers United (SBWU) che hanno sindacalizzato in un anno più di 8.500 baristi/e in 340 negozi di 38 Stati dell’Unione.  Su Global Project avevamo parlato il mese scorso dei due bus sindacali che stanno girando il Paese per diffondere le loro lotte contro l’antisindacalismo aziendale.

L’appoggio delle comunità, in cui la caffetteria è spesso luogo di aggregazione, è stato al centro, il 7 agosto, del primo National Day of Action, la “Giornata nazionale di azione” con lo slogan Customers, Join the Fight! (Clienti, unitevi alla lotta!) che chiedeva alla clientela di “adottare un negozio” finora non sindacalizzato. Nei quasi 250 appuntamenti a livello nazionale di fronte ai negozi erano presenti singoli simpatizzanti dell’iniziativa ed anche varie associazioni e sezioni locali di altri Sindacati.

Una seconda giornata di lotta si terrà il 14 settembre. Si tratta di aiutare gli organizzatori sindacali a distribuire volantini sull’importanza della vertenza in corso per obbligare l’azienda ad aprire la discussione contrattuale. Cosa che finora, malgrado le intimazioni dell’agenzia federale per i diritti dei lavoratori, il National Labor Board (NLRB), non ha fatto in nessuno dei negozi sindacalizzati. Compiendo anche una sequenza di illegalità (licenziamenti di organizzatori SBWU, chiusura di negozi organizzatisi sindacalmente, utilizzo di ditte esterne per attività di union busting -rottura del Sindacato-). Tutte ritorsioni anch’esse spesso contestate dal NLRB.

Le norme vigenti prevedono contratti di “stabilimento”, siglati obbligatoriamente entro un anno (come stabilito da una legge antisindacale del 1947) dalle elezioni con cui è stata approvata dalla maggioranza degli addetti la presenza del Sindacato. Alla scadenza annuale, i primi negozi sindacalizzati sono già infruttuosamente arrivati. E incombono iniziative contrarie da parte del National Right To Work Committee, un’associazione reazionaria che appoggia, con ingenti risorse, iniziative a favore della loro interpretazione del “diritto al lavoro” citato nella propria sigla; e cioè quella di accettare ciò che il padrone decide. Già sconfitta nel tentativo di azzerare l’elezione vittoriosa nel primo negozio sindacalizzato, a Buffalo (New York), raccogliendo il 30% di firme dei dipendenti refrattari all’azione collettiva, l’associazione di destra cerca ora di agire contro il Sindacato in altre sedi di lavoro. Finora però il NLRB, non solo non ha accettato questi ricorsi filo- aziendali, ma, preso atto che Starbucks ha illegalmente rifiutato di contrattare col sindacato SBWU in 144 sedi, ha prolungato di un ulteriore anno la possibilità di firmare il contratto di lavoro nelle caffetterie organizzate.

Lo scontro pubblico vede da un lato un Sindacato neocostituito da giovani spesso ad alta scolarità e pagati con salari di poco superiori a quello minimo (che varia da Stato a Stato, ed è oggetto di una campagna nazionale per aumentarlo almeno a 15 dollari), dall’altro un miliardario fondatore aziendale, Howard Schultz, che declamava appartenenze progressiste. Tanto che avrebbe potuto diventare Ministro del lavoro se Hillary Clinton avesse vinto le presidenziali del 2016 contro Trump. (D’altronde la stessa Clinton è stata per 6 anni nel Consiglio di amministrazione, e uno dei direttori, di Wal-mart, la più grande catena di distribuzione del mondo con 2,3 milioni di addetti, ferocemente antisindacale e pluridenunciata per licenziamenti di ritorsione e spionaggio sulle opinioni dei suoi addetti).

Schultz, rammaricato perché molti dipendenti, che lui chiama partners, hanno perso la fiducia nei suoi confronti affidandosi a “forze esterne”, sta inanellando decine di ignobili vessazioni contro gli organizzatori sindacali della “sua” azienda, diventando, come affermato da una portavoce di SBWU, “uno dei peggiori trasgressori del diritto del lavoro nella storia degli Stati Uniti”. Dalla fine del 2021, gli uffici regionali del NLRB hanno infatti emesso 93 denunce riguardanti 328 accuse di pratiche di lavoro sleali contro il sindacato SBWU. Purtroppo però l’azienda non corre grandi rischi perché per i casi di attività illegale antisindacale non è prevista alcuna sanzione monetaria. Al massimo, il dover riassumere, dopo mesi di diatribe giudiziarie, i lavoratori licenziati.

Intanto i caffè di Schultz diventano sempre più amari: davanti a tanti negozi Starbucks degli USA ci sono supporter del Sindacato, politici progressisti appoggiano le iniziative sindacali (ma non riescono a sbloccare il PRO Act, la legge che migliorerebbe le possibilità di costituire Sindacati), anche l’Organizzazione Internazionale del Lavoro è stata interpellata sul caso e il NLRB dà continuamente torto a Schultz. Lui, che aveva prefigurato nel 2020 un ingresso in politica, aspetta probabilmente il ritorno di Trump per trovare consensi alle sue politiche antisindacali. I consulenti dell’ex Presidente stanno infatti preparando politiche di peggioramento dei già non eccelsi diritti collettivi dei lavoratori, nell’àmbito di un generale ridimensionamento di tutti i poteri che non siano quello presidenziale. Magari sarà la volta buona per Shultz per diventare Ministro del lavoro!

Fonti:

Mark Gruenberg, Starbucks workers plan ‘National Day Of Action,’ Aug. 7 e NLRB stops ‘right-to-work’ attempt to kill Starbucks union drive, NLRB stops ‘right-to-work’ attempt to kill Starbucks union drive, People’s World, 31.7 e 3.8

Press Associates, UAW’s leader demands wage hikes and an end to two tier wages, 4.8

Alex N. Press, The New UAW Is Ready to Fight the Big 3 Automakers, Jacobin, 4.8

https://sbworkersunited.org/

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Immagine di copertina: foto Joe Piette.

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