Molto tempo fa vidi un quadretto appeso nella cucina di una biologa in Svizzera che raffigurava l’Italia stilizzata con tanti campanili e mi sembrò l’esatta rappresentazione del nostro paese. Con buona pace dei nazionalisti, l’Italia non è mai stata una nazione, casomai si può parlare di bioregioni o simili, ma di certo la differenza che c’è fra una persona di Merano e una di Trapani è più marcata di quella che può avere un austriaco con il meranese e un tunisino con il siciliano.
Non staremo qui a rivangare le ragioni politiche ed economiche che hanno forzatamente riunito un paese che unito non lo è stato mai, ma ci soffermiamo sulla caratteristica, questa sì comune a tutti gli italiani, di essere campanilisti laddove conta molto di più la propria città piuttosto che il resto. E quando conta tanto il proprio, di solito si ha avversione per gli altri, quindi gli odi, le rivalità e le lotte con le altre città, anche distanti pochi chilometri, sono feroci e apparentemente stiamo parlando di persone territorialmente molto simili. Addirittura nelle stesse città ci sono odi e rivalità fra quartieri, contrade, ecc. E che dire della tragica specialità, anche questa tutta italiana, dove pure fra famiglie ci si ammazza per il controllo di traffici di ogni tipo…
Pensare di essere migliori degli altri significa spesso una scarsa collaborazione con il prossimo se non in maniera strumentale e ciò ha comportato sempre una frammentazione e una poca capacità di raggiungere risultati perdendosi per strada in infinite discussioni per fare risaltare le differenze piuttosto che le similitudini. Questa mentalità è anche figlia del senso di protagonismo che soprattutto il maschio italico deve sempre mostrare (non che le donne siano da meno, quando scimmiottano il capo branco). Sarà che il latin lover, chiunque sia, anche uno pseudo intellettuale, deve sfoggiare il suo piumaggio e fare vedere che è il migliore, ma si assiste da sempre a una quantità infinita di progetti, partiti, gruppi che si sfasciano inevitabilmente per le beghe e risse da prime donne che i vari capi e capetti ingaggiano fra di loro. E non appena un capetto o sedicente leader per qualsiasi motivo si distingue dalla massa o ha successo, immediatamente fonda una sua chiesa laica o religiosa che sia, un suo partito, movimento, gruppo, con coseguente stuolo di fedeli, i quali aizzati dal prode condottiero cosa fanno? Si scagliano sugli infedeli che non seguono il sacro verbo proferito dal messia unico e solo. Proliferano quindi dottrine, sacre scritture, liturgie, dogmi, che devono essere seguiti dagli adepti e se anche ci si discosta un minimo o si pronuncia il nome di Dio invano, subito si è tacciati di eresia punibile con l’ostracismo o la dannazione eterna. Che si parli di politica, ambiente, energia, agricoltura, economia o di qualsiasi altro argomento, c’è un proliferare di improbabili personaggi e ducetti che cercano costantemente di ritagliarsi il proprio ambito territoriale, i propri seguaci per sentirsi almeno un po’ protagonisti, nel loro essere convinti portatori assoluti di verità indiscutibili.
Tutto ciò avviene normalmente in qualsiasi ambito ufficiale o alternativo che sia; anzi spesso nell’ambito alternativo, quelli che nell’ambito ufficiale non hanno avuto molta fortuna tentano il riciclo. Infatti quel mondo è pieno di ex qualcosa, che dopo essere stati fedelissimi servitori del sistema che ci sta portando al suicidio, aver fatto le peggiori azioni in gran parte della loro vita, accettato qualsiasi compromesso, diventano improvvisamente degli intransigenti ribelli e pseudo rivoluzionari che richiedono immacolate adesioni ai loro precetti.
Quando ci sono le le elezioni poi si assiste all’apoteosi di questa modalità, con la formazione di innumerevoli partiti. Certo lo si fa non solo per i motivi di cui sopra ma anche perché si cerca un posto al sole dove fare poco o niente e guadagnare cifre iperboliche, con annesso ogni tipo di privilegio. E così questa frammentazione, questi costanti litigi fra galletti, non portano a niente di positivo se non a un immobilismo atavico, dove l’obiettivo non è certo fare ma affermare e affermarsi. Non è cercare di unirsi sulle similitudini e limare la differenze ma sminuire le similitudini e ingigantire le differenze facendo in modo che gli obiettivi (ammesso che ce ne siano e che non siano solo quelli di apparire o di avere qualche tornaconto) non si raggiungano mai o se si raggiungono lo si fa a prezzo di lotte durissime, divisioni ecc., e alla fine si fa fatica pure a perseguire gli obiettivi raggiunti, spossati dalle continue lotte intestine per avere il primo posto sul podio delle vanità.
Quando si comprenderà che i personalismi, i dogmi non portano da nessuna parte e la ragione assoluta e gli unti del Signore non esistono, allora quello sarà il momento in cui il genio italico da nord a sud indifferentemente farà davvero un passo in avanti. In fondo basta poco, un minimo di lungimiranza, umiltà e intelligenza….
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