di Gioacchino Toni
Gabriele Giacomini, Luca Taddio (a cura di), La politica del mondo digitale, Mimesis, Milano-Udine 2023, pp. 262, € 22,00
Derivato dal primo master italiano dedicato alla filosofia del digitale tenutosi all’Università di Udine, il volume La politica del mondo digitale (Mimesis 2023), curato da Gabriele Giacomini e Luca Taddio – che già si erano occupati di Filosofia del digitale (Mimesis 2020) –, pone la trasformazione digitale a oggetto di studio della teoria politica. Nell’introdurre il volume, i due studiosi sottolineano come la filosofia possa dare il suo contributo non solo all’analisi e alla critica della trasformazione digitale, ma anche a una sua (ri)progettazione.
La filosofia può operare una «discussione dei presupposti (ad esempio, linguistici e culturali) a partire dai quali si sviluppa l’area, più o meno estesa, della conoscenza scientifica sul digitale», dunque «contribuire a un’eventuale fase “rivoluzionaria” della conoscenza, offrendo nuove “chiavi di lettura” alle scienze della comunicazione, sociali e politiche, contribuendo quindi a cambiare gli assiomi di partenza che informano le loro analisi empiriche». Inoltre, grazie alla sua «capacità di astrazione e, al tempo stesso, di universalizzazione», la filosofia può «mettere a sistema elementi di varie discipline», pertanto individuare tendenze trasversali non colte dalle scienze specializzate. Ancora, tale disciplina può occuparsi del livello ideale e normativo: «come si vorrebbe che le cose fossero, o diventassero», superando così il limite della scienza, che si muove principalmente sul piano descrittivo e fattuale, e la visione “tecnocentrica”.
«La “teoria politica del digitale” può esplorare temi come l’effetto dei social media in rapporto all’ideale della sfera pubblica, l’uso delle tecnologie di monitoraggio e sorveglianza per fini politici in relazione ai principi di libertà, l’accesso alle tecnologie digitali come diritto umano fondamentale, la protezione della privacy e la sicurezza online, l’etica della intelligenza artificiale nella politica, la distribuzione delle risorse digitali rispetto a idee di giustizia, e molte altre questioni» ma, soprattutto, sostengono Giacomini e Taddio, può «fornire uno strumento critico per analizzare e “giudicare” questi cambiamenti. Può interrogarsi sull’equità nell’accesso alle tecnologie digitali, sulla trasparenza e sulla responsabilità delle grandi piattaforme, sulla protezione dei diritti dei cittadini in un contesto in cui il “capitalismo della sorveglianza” sembra affermarsi».
Con posizioni e approcci diversi, i vari contributi presenti nel volume riprendono temi classici del pensiero politico rapportandoli alle trasformazioni digitali in atto, riflettendo sull’umanità e sui principi di libertà e di giustizia sociale nel mondo digitale.
Mauro Barberis muove dalla convinzione che il concetto di “sostenibilità”, tradizionalmente riferito al rapporto con l’ambiente, debba estendersi all’essere umano, dunque sottolinea l’urgenza di gestire la digitalizzazione in base a principi umani. A insistere sulla necessità del mantenimento di una supervisione umana, è anche Stefano De Luca che affronta il ricorso alle tecnologie autonome in ambito militare.
Se Pietro Dunn e Massimo Durante approfondiscono il discorso sul concetto di post-verità e le dinamiche di fruizione delle notizie in internet prendendo in esame gli aspetti normativi elaborati in diversi paesi, Maurizio Ferraris ragiona invece sulla necessità di un “webfare”, uno stato sociale per l’epoca digitale, che tenga conto dei principi democratici, di eguaglianza e di redistribuzione delle risorse, in un contesto che vede le Big Tech appropriarsi dei dati e del lavoro non remunerato degli utenti, mentre Luciano Floridi si focalizza sul rapporto tra aumento del tempo libero e degli standard di vita e “disoccupazione tecnologica”.
Ragionando sulla questione della sorveglianza digitale e sulla crisi del sistema dei partiti politici, Gabriele Giacomini, a partire dal pensiero politico di Locke e da quello di Rousseau, prospetta alcuni scenari nei quali si potrebbero sviluppare l’approccio liberale e quello repubblicano. Le questioni democratiche poste dall’“epoca dell’algocrazia”, sono invece discusse da Edoardo Greblo mentre Barbara Henry indaga il ruolo della tecnologia nel discorso sociotecno-scientifico in relazione alla corporeità, ragionando politicamente sul potenziale trasformativo delle rivoluzioni tecnologiche in una prospettiva non antropocentrica.
Sebastiano Maffettone affronta i rischi della sempre più marcata separazione dell’intelligenza dalla consapevolezza e dall’umanità, Simona Morini formula la necessità di ripensare la macchina statale a partire dal particolare rapporto tra burocrazia e universo digitale mentre Roberta Sala, riprendendo il pensiero di John Rawls, propone una riflessione sulla reciprocità interna a un contesto di cooperazione sociale indirizzata a principi di libertà ed eguaglianza.
Della velocità con cui le tecnologie stanno modificando l’assetto etico e politico, della non neutralità del sistema algoritmico di governo delle informazioni e dei dati, oltre che delle questioni concernenti l’identità dei soggetti digitali si occupa Fabrizio Sciacca mentre Salvo Vaccaro, riprendendo Michel Foucault e Gilles Deleuze, affronta il complesso rapporto tra governo degli algoritmi e politica ragionando sulle ripercussioni del sistema digitale sulle soggettività de-corporizzate e duplicate in simulacri digitali.