Come prima, più di prima. Quelli che se ne fregano della crisi climatica.

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Il comitato Un altro Appennino è possibile – che riunisce persone e associazioni tra Bologna, Firenze, Pistoia e Modena – ha lanciato ieri una nuova raccolta fondi per ricorrere al Consiglio di Stato contro il progetto della nuova seggiovia Polla – Scaffaiolo sul Corno alle Scale.

La regione Emilia – Romagna e il comune di Lizzano in Belvedere continuano infatti a sostenere l’investimento di almeno 8 milioni di euro in un impianto di risalita a bassa quota (neanche 1800 metri sul livello del mare), su un crinale battuto da forti raffiche di vento, in un comprensorio che l’anno scorso, per le alte temperature, non è riuscito nemmeno a sparare la neve prima di fine gennaio. Un comprensorio in perdita, che si regge solo grazie al denaro pubblico, usato per pagare un enorme spreco di energia e di acqua.

Per aggirare queste critiche, i proponenti sostengono che la seggiovia funzionerà anche d’estate, con una capacità di 1800 persone all’ora, e con biciclette al seguito. In totale, a pieno carico, sarebbero 15000 esseri umani riversati sul crinale e sulle sponde del lago Scaffaiolo. Un territorio fragile, che d’estate è già molto frequentato, visto che lo si raggiunge con una camminata di un paio d’ore, su strada forestale.

Nonostante il dissesto idrogeologico, le frane, la siccità d’autunno, l’inverno liquido e lo spopolamento, si continua a pensare che il futuro della montagna consiste nel trasformarla in un parco giochi sempre più grande ad uso e consumo della città. Un pensiero che unisce imprenditori, affaristi e politici di ogni sponda: da Lega e Fratelli d’Italia fino agli assessori Corsini e Taruffi (quest’ultimo un ex-Rifondazione Comunista, ex-Snistra Italiana, ora responsabile dell’organizzazione per il PD di Elly Schlein).

Tra i 10 buoni motivi che il comitato elenca per sostenere il  crowdfunding, due in particolare ci sembrano di grande rilievo.

Anzitutto, la nuova seggiovia sarebbe il primo passo per collegare gli impianti del versante bolognese con quelli del pistoiese. Sul versante toscano dell’Appennino, infatti, è già stato approvato la studio di fattibilità per una nuova funivia, con arrivo sul crinale del lago Scaffaiolo. Questo ulteriore progetto, già ampiamente previsto e denunciato, negli ultimi anni è stato invece il classico segreto di pulcinella, e nessuno dei soggetti coinvolti ha mai ammesso l’esistenza di un piano comune, salvo piccoli accenni, parole sfuggite di bocca e ammicchi del tipo «si fa e non si dice». La devastazione quindi non riguarderebbe solo un versante della montagna, ma entrambi.

In secondo luogo, le ragioni del ricorso al Consiglio di Stato sono di rilevanza nazionale.
In breve, la Regione Emilia – Romagna ha approvato il progetto della nuova seggiovia senza nemmeno una Valutazione d’Impatto Ambientale.
Questo perché ha considerato l’impianto come una semplice sostituzione di altri due, che verranno rimossi. Tuttavia, la nuova costruzione impatterà nuovi terreni, ancora intatti. Avrà nuovi piloni, nuovi plinti di cemento e ben tre nuove stazioni (di partenza, d’arrivo e intermedia).
Il TAR regionale, in un primo ricorso, ha dato ragione ai proponenti, con una sentenza piena di garbugli. Senza il ricorso al Consiglio di Stato, questa sentenza diventerebbe un precedente, che altri potrebbero citare per difendere nuovi impianti fatti passare per ammodernamenti o sostituzioni. Se a questo si aggiunge che il governo Meloni ha stanziato 200 milioni di euro, da spendere nei prossimi quattro anni, proprio per l’ammodernamento e la manutenzione degli impianti di risalita, si può dire che la frittata è fatta.

Come abbiamo più volte sottolineato, l’arma del ricorso in tribunale è solo una delle tante che possono servire in una lotta come questa, e da sola non basta mai. Molto altro è stato fatto, dev’essere fatto e verrà fatto ancora.
Tuttavia, sette anni sono passati da quando lo spettro della nuova seggiovia si è affacciato sul Corno alle Scale. Senza il primo ricorso, è molto probabile che l’impianto sarebbe già lì, a ferire un territorio ricchissimo di biodiversità e (in teoria) protetto dalla rete Natura 2000 e da due parchi regionali. Nel tempo così guadagnato, molte nuove associazioni e persone si sono interessate al problema e i sostenitori del progetto hanno dovuto difenderlo pubblicamente, arrampicandosi su specchi sempre più lisci.

Per questo, riteniamo che il nuovo ricorso sia giusto e inevitabile, e vi invitiamo a sostenerlo, anche con pochi euro, perché sicuramente conta la cifra finale, ma ancor di più conta che in tanti e tante sostengano la sfida di un’altra montagna.

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