Tornano le proteste di piazza nel paese centro americano contro la nuova “legge mineraria” firmata dal presidente progressista Laurentino Cortizo che ha “svenduto” alla multinazionale estrattiva canadese First Quantum Minerals lo sfruttamento del sottosuolo della più grande miniera a cielo aperto di rame dell’America centrale.
La campagna “no al contrato minero”, lanciata tra gli altri dal potente sindacato degli edili del Suntracs, va avanti da mesi con presidi giornalieri fuori dalla sede dell’Asamblea Nacional dove governo e rappresentanti della multinazionale contrattavano la nuova legge, divenuta necessaria dopo che la Corte Suprema de Justicia aveva dichiarato incostituzionale la precedente legge nel 2017. Solo negli ultimi giorni però le proteste si sono fatte più radicali e determinate, in corrispondenza con la chiusura dell’iter legislativo della legge 406 con la quale il Presidente Laurentino Cortizo ha firmato la concessione alla multinazionale estrattiva canadese First Quantum Minerals per lo sfruttamento della più grande miniera di rame a cielo aperto di tutta l’America centrale.
La legge 406 stabilisce innanzitutto che la durata della concessione sarà di 20 anni prorogabili per ulteriori venti; prevede inoltre entrate minime annue per lo Stato panamense di 375 milioni di dollari, importo dieci volte superiore a quello della legge precedente, e di cui – secondo i piani del Governo – 161 milioni dovrebbero andare a finanziare la cassa della previdenza sociale. Infine, sono previsti ulteriori investimenti milionari per la multinazionale canadese nelle comunità vicino alla miniera, situata sulla costa caraibica a circa 250 km dalla capitale.
Con l’approvazione della legge da parte dell’Asamblea Nacional avvenuta venerdì 20 ottobre, le proteste si sono fatte ogni giorno più radicali e determinate in tutto il Paese. Non solo il sindacato Suntracs, ma anche diverse altre organizzazioni sindacali, sociali, studentesche e ambientaliste – tutte facenti parte della rete Alianza Pueblo Unido por la Vida – sono scese in strada a manifestare il proprio dissenso contro una legge che considerano ingiusta, iniqua e pericolosa per l’ambiente. Saul Mendez, portavoce del Suntracs riassume così le motivazioni della protesta: «c’è una chiara rinuncia alla sovranità nazionale [nelle aree in cui opera la miniera], il danno all’ambiente è devastante, l’estrazione mineraria a cielo aperto è una delle più dannose». E ancora: «è un contratto “vende patria”, che lede la nostra autodeterminazione» e per cui si configurano gli estremi di incostituzionalità dal momento che non difende nel modo migliore gli interessi del Paese.
I numerosi blocchi stradali attivi in tutto il paese hanno messo in allarme il Governo che ha responsabilizzato i manifestanti per le ricadute negative sull’economia del paese e sulla vita quotidiana dei lavoratori. Tra i fatti più gravi da segnalare il ferimento del fotografo e attivista del collettivo Ya es Ya Aubrey Baxter, che ha perso un occhio a causa dell’uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine. Dopo alcuni giorni di dure proteste, nella giornata di martedì 24 ottobre, il presidente Cortizo ha dato un annuncio pubblico nel quale ha dichiarato che non tollererà «vandalismi né appelli all’anarchia» promettendo la repressione nei confronti delle crescenti proteste. Repressione che è arrivata con il ferimento di almeno altri tre manifestanti – con armi da fuoco – nel blocco stradale a Puente de las Americas.
Sull’approvazione della legge e sulla repressione degli ultimi giorni è intervenuta anche Maribel Gordon, candidata presidenziale indipendente dell’Alianza Pueblo Unido por la Vida: «Laurentino Cortizo una volta in più si prende gioco del popolo panamense, un popolo che è sceso in strada esigendo la deroga della legge 406 per essere lesiva dell’ambiente, della salute, del patrimonio del nostro Paese […]. Dire ai pensionati che la propria pensione dipende dall’alterare e colpire la vita con una miniera a cielo aperto è un atto irrispettoso, perché le pensioni dipendono dal lavoro e dal sudore degli operai, non dalle imprese […]. Le soluzioni al problema molte: una di queste è chiudere la miniera e generare un processo di recupero del territorio, di economia sostenibile e per la vita, ma ha preferito salvaguardare gli interessi della multinazionale e dei suoi soci locali. La popolazione è stata chiara: non vogliamo miniere a cielo aperto […]. Non possiamo che condannare la brutale repressione contro il popolo che lotta per i suoi diritti, totale solidarietà a chi ha subito questa selvaggia repressione. Continueremo a lottare, fino ad ottenere un Panama para la Vida Digna».
Martedì la giornata di blocchi si è conclusa con diversi cortei nelle principali città del Paese. Particolarmente imponente il corteo che ha percorso le strade della capitale in cui i protagonisti sono stati gli studenti universitari e altre organizzazioni sociali e ambientaliste. La manifestazione, la cui parola d’ordine era naturalmente la deroga della legge mineraria, è stata pesantemente attaccata dalle forze dell’ordine con gas lacrimogeni e ha prodotto un nuovo ferito per la repressione e almeno sei studenti arrestati.
Nei prossimi giorni si replica con le manifestazioni di protesta. La disapprovazione verso il contratto minerario con la multinazionale canadese è crescente e ha riacceso il fuoco della protesta sociale, mai sopito a causa dei gravi problemi economici che attanagliano il Paese, mai risolti dal governo progressista che ancora una volta ha mostrato di difendere gli interessi delle élite economiche a discapito di quelli della popolazione.