Tremila persone hanno partecipato a Padova al corteo “Stop bombing Gaza, stop apartheid. Contro la guerra e i suoi speculatori, a sostegno della popolazione palestinese”. Tantissime realtà cittadine e regionali, tantissime voci che dimostrano la possibilità concreta di uscire dalla visione polarizzante che i media stanno dando dell’escalation che sta avvenendo in Palestina nelle ultime settimane. È stato dimostrato chiaramente che sostenere una lotta di sopravvivenza non significa essere dalla parte di Hamas e del fondamentalismo. Allo stesso tempo è stato ribadito che non esiste una “questione palestinese”, ma esiste un’occupazione illegittima di un territorio fatta dallo Stato d’Israele. Occupazione che continua a produrre morte, devastazione, esclusione etnica. Dalla piazza di ieri è uscito un appello: “se invadono noi occupiamo; occuperemo scuole, università e strade; andremo sotto tutte le prefetture anche per sottolineare le responsabilità del governo italiano, complice di questo e altri massacri”.
Il corteo si apre con un intervento del centro sociale Pedro ricordando il presidio della settimana precedente, ribadendo che “come c’eravamo ci saremo sempre” e indicando tutti i colpevoli di questo genocidio che non è iniziato il 7 ottobre ma più di 75 anni fa.
Segue l’intervento di Ya Basta Edi Bese: «Gli attacchi del 7 ottobre rappresentano un cambio di paradigma ma è necessario riconoscere che alla base di ciò c’è un’occupazione illegittima da parte dello stato di Israele dei territori palestinesi sostenuta dalla maggior parte dei paesi occidentali. Dopo anni di soprusi la rabbia esiste e non deve sconvolgere che si manifesti in modo brutale perché è prodotto diretto di un governo israeliano che ha armato i propri coloni per assediare e occupare i territori, dando loro la piena libertà di ghettizzare i palestinesi e di un progetto di pace risolutiva violata e fatta finire da Israele con la distruzione dell’OLP lasciando spazio al fondamentalismo di Hamas. Dietro le oltre 6000 vittime palestinesi degli ultimi 20 giorni, dietro questi 70 anni di apartheid, c’è un chiaro disegno di schieramento globale che fa girare l’economia bellica. Questo disegno include ai primi posti anche l’Italia, che dal 1947 contribuisce all’occupazione israeliana inviando armamenti: più Israele bombarda, più l’Italia fa affari. Scendiamo oggi in piazza sicuri nel dire che finché c’è guerra, finché ci sarà colonialismo e difesa dei confini, finché ci saranno stati-nazione non esisterà alcuna democrazia. La vera democrazia è l’autodeterminazione dei popoli, quella che deve essere restituita ai palestinesi e a tutti coloro che da troppo tempo resistono al colonialismo».
Anche lo sport popolare sostiene la Palestina, sottolineando che nonostante si voglia relegare lo sport fuori dalla politica in realtà è estremamente interconnesso e per questo sono scesi in campo ribadendo che l’ultimo giorno di occupazione sarà il primo giorno di pace e che bisogna riconoscere che è il colonialismo il mandante a discapito della popolazione civile.
Lungo il corteo interviene anche Stria: «siamo qui per dimostrare l’umanità per dire chiaramente e rifiutiamo la narrazione che questa sia una lotta tra un paese democratico e un gruppo terrorista perché è una lotta per la libertà e la liberazione dei popoli contro il regime di apartheid. Le richieste sono chiare: stop agli armamenti, stop all’occupazione militare, aiuti umanitari per Gaza e Palestina libera ora senza condizioni».
Numerosi interventi anche nello spezzone studentesco. Le studentesse e gli studenti medi sottolineano la volontà che nelle classi si parli di una storia che non sia a senso unico: «vogliamo un sapere decoloniale, che racconti i popoli e le resistenze, vogliamo che le nostre scuole siano una voce unanime che urli per la libera della Palestina. Dov’è la storia degli oppressi? I nostri libri di storia sono pieni solo di storia coloniale, sono i nostri libri ad insegnarcela».
Per il collettivo universitario Spina «l’università di Padova stringe accordi con aziende come Leonardo, multinazionali delle armi o come intesa san paolo, la quale investe in cybersicurezza in Israele, le cui mani sono sporche di sangue. Siamo a fianco del popolo palestinese e dell3 student3 dell’università di Birzeigt, bombardata lo scorso settembre, al cui appello aderiamo e rilanciamo. Qualsiasi cosa accadrà in Palestina se l’università non prenderà posizione gliela faremo prendere noi, riprendendoci gli spazi, riappropriandoci del sapere e facendo vedere che l’università siamo noi, siamo chi la vive quotidianamente».
Secondo il collettivo universitario Lisc l’università non è immune al sistema colonialista e guerra fondai in cui viviamo: «Ca Foscari ha accordi con Leonardo, prendere posizione è necessario e fondamentale e non bastano le poche parole di cordoglio sui canali istituzionali, non bastano le bandiere della pace vogliamo la concretezza».
Durante il corteo viene messa in luce anche la prospettiva transfemminista e antirazzista interna a ogni lotta di liberazione e autodeterminazione. Il collettivo Squeert ribadisce che le donne sono i soggetti che più subiscono il colonialismo Israeliano, il potere patriarcale e di genere è al servizio del potere capitalista. «L’assedio a Gaza è violento e fondamentalista e per questo le donne subiscono una doppia oppressione. Le attiviste del movimento tranfemminista ribadiscono che non esiste liberazione palestinese senza liberazione delle donne e per questo sono parte attiva della militanza». L’associazione Open your borders pone l’accento sulle responsabilità dell’Unione Europea: «con il pretesto della “prevenzione” degli attacchi terroristici, 11 Stati Europei hanno già sospeso il trattato di Schengen. Gli Stati trovano nuovi pretesti per agire in deroga del trattato affrontano la complessità dei fenomeni globali respingendo e criminalizzando il movimento delle persone, chiudendo e innalzando sempre più frontiere».
Anche Coalizione Civica Padova e l’Adl Cobas intervengono alla manifestazione.
Il corteo raggiunge Piazza dei Signori, dove ci sono gli ultimi interventi, intervallati da cori e canti della nutrita comunità palestinese che ha animato tutta la manifestazione. Dai centri sociali del nord-est viene lanciato l’appello a proseguire questa lotta a fianco la popolazione palestinese, attaccando tutti i responsabili e i complici di questo massacro continuo.