Cambiare Governo polacco, per non cambiare nulla

Di Federico M. Urbano, ComeDonChisciotte.org

Delineare ad oggi, a due settimane dal voto, quale sarà la nuova faccia della mini-potenza centro-orientale è ancora prematuro, trovandosi la Polonia in una situazione di stallo che a detta dello stesso Presidente Andrzej Duda sembra essere uno scenario completamente nuovo per la Terza Repubblica (così come affermato nel corso della conferenza stampa del 26 ottobre). Il confronto elettorale tra le due coalizioni (qualora Konfederacja, dalle sue posizioni anti-ucraine e più estremiste accettasse di governare il Paese con il partito PiS del sempre combattivo Kaczynski) si volgerebbe inequivocabilmente a favore del precedente Primo Ministro e uomo delle Istituzioni europee Donald Tusk, riuscendo a contare sui seggi della coalizione “più di sinistra”, la soprannominata Opozycja, composta dalla Koalicja o Platforma Obywatelska (Piattaforma Civica) di Tusk, Trzecia Droga (Terza Via) e Lewica (dal nome chiaramente vicino all’area di sinistra).

Malgrado ciò, il Presidente, la cui vittoria nel 2020 aveva confermato il PiS, così come oggi d’altronde (35,38% dei voti), come il Partito maggioritario nel Paese (quello fuori dalle città e concernente il lato orientale del Paese), ha mostrato esitazione nel conferire l’incarico nelle mani di Tusk, avendo l’Opozycja da lui guidata raccolto intorno al 53% dei voti (la sola Piattaforma poco più del 30 percento). Al contrario, sulla base delle prime consultazioni tenutesi tra il 24 e 25 ottobre, egli ha sostenuto che all’orizzonte, sulla base delle dichiarazioni delle singole rappresentanze, vi siano “due seri contendenti” : senza grosse sorprese, concorrente di Tusk sarebbe il primo ministro uscente Mateusz Morawiecki.

Quali che siano le reazioni a questo mantenimento dello status quo nel Paese, Duda non ha mancato di sottolineare che la sua decisione si iscrive nella Costituzione, basandosi, come afferma nella successiva conferenza stampa, sul dettato costituzionale. La sua esitazione nell’accelerare tale decisione risiederebbe nel fatto che la Sejm (camera bassa del Parlamento) deve ancora terminare il mandato costituzionale di quattro anni, che scadrà il 12 novembre venturo: la prima seduta del nuovo Sejm si terrà conseguemente il giorno successivo.

All’orizzonte troveremo una convergenza di vedute tra le varie Istituzioni, a meno che il PiS non ritenga di dover rendere conto ai propri concittadini delle promesse evocate nel mettere in primo piano l’interesse nazionale e proteggerli da minacce esterne

Tenendo conto del ruolo rivestito dalla Polonia nel corso degli ultimi due anni, capace di mantenere, da una parte, le proprie controverse posizioni conservative, limitanti certe libertà a livello di diritti civili e di parola, con una ben percepita (da parte della Commissione europea e l’alleato d’Oltreoceano) apertura ad aiuti militari e umanitari verso l’Ucraina, dall’altra, un Governo meno euroscettico potrebbe virtualmente conferire al Paese una maggiore considerazione agli occhi delle Istituzioni europee. A riprova di ciò, a livello di politica estera, chi vorrebbe un discostamento dalle beghe territoriali post-sovietiche ad Est potrebbe esserne fortemente deluso, perché l’Opposizione di Piattaforma Civica et alia confermeranno ciò che Morawiecki e Kaczynski avevano affermato – almeno fino alla campagna elettorale, in verità.

Basti difatti considerare l’animosità originatasi tra i due fraterni Stati di fronte al protezionismo interessato messo in campo dal Governo per quanto attiene all’importazione del grano dal vicino orientale. Sulla linea di altri Paesi, quali Ungheria e Slovacchia, con i quali ha sempre perseguito politiche similari invise all’Unione europea, i membri dell’esecutivo hanno optato, per distinguersi e raffreddare gli animi degli agricoltori-elettori, per un perseguimento del blocco precedentemente in vigore, per non essere inondato da grano estero.

La risposta da Zelenskij non è tardata, mostrando loro il proprio disappunto, con un paragone, che, ingiurioso come precedentemente verso altri alleati, ha colpito proprio coloro che non hanno mai mancato di accusare l’imperialismo russo : nonostante ciò, il governo polacco è stato addirittura tacciato di fare gli interessi del nemico! Una tale ingiuria ha portato ad una veemente replica di Duda che ha paragonato l’Ukrajna ad un uomo pericoloso, in quanto annaspante nelle acque e pertanto capace di trascinare altri nell’abisso; e non sappiamo se sia stato casuale il contraltare di Morawiecki che nel suo doppio ruolo di Primo Ministro e candidato, rimproverò Zelenskij e comunicò che nuove armi non sarebbero state previste (nel senso che di nuovi pacchetti da approvare non s’intende discutere). Tutti questi messaggi erano quasi sicuramente rivolti al proprio interno, ed avendo tastato il malcontento popolare verso le misure e l’afflusso di rifugiati o presunti tali e dovendosi discostare da posizioni fortemente più concilianti verso la Russia (leggasi Konfederacja) ed altre di completo assoggettamento alla linea europea (tramite Tusk), PiS ha scelto la linea dell’equidistanza e dell’interesse nazionale.

Zelenskij e Morawiecki mostrando la sintonia tra i Paesi, che si è incrinata da agosto 2023

Il tentativo della coalizione al potere di mantenere il proprio potere, scegliendo di sacrificare parzialmente l’Ukrajna in guerra, potrebbe apparire cinico, e qualora fossero riusciti a confermarsi nuovamente, avremmo potuto essere testimoni di alcuni maldestri tentativi di accontentare i propri elettori in una prima fase; successivamente, invitati a riprendere una posizione più ortodossa, il PiS avrebbe accolto certe richieste e niente porta difatti a pensare che Duda voglia vedere relegata in secondo piano la questione bellica ai confini. Ciò potrebbe essere confermato da un’altra manifestazione di cinismo : l’apatia dimostrata da Duda di fronte al riaccendersi del conflitto israelo-palestinese, che farebbe temere all’area dal Mar Baltico al Mar Nero (quindi dalle Repubbliche alle zone di guerra) di venire dimenticati, era dettata da una diffusa percezione che un conflitto ne avrebbe oscurato un altro.

Sul versante, invece, di chi ha le carte in regola per riportare la Polonia su un percorso più unitario e di mantenimento dello stato di guerra, notiamo come Tusk non condivida l’attesa per la formazione di una nuova compagine di governo, affinché si possa disporre di una rappresentanza governativa chiara (probabilmente, a suo dire, finalmente credibile) che possa ricevere gli aiuti di cui abbisogna, a dimostrazione di versamenti di fondi europei che non sembrano ancora esauriti. Questa chiamata al rigore anche nelle riforme interne è ben evidenziata dal fatto che le posizioni dei gruppi parlamentari sono state espresse nel corso delle consultazioni con il Presidente Duda, in merito alle relazioni con l’Unione europea e agli sviluppi diplomatici (o militari) con altri attori.

Probabilmente ciò che si delinea al momento sarà una continua opposizione tra le Istituzioni dell’Esecutivo dato che, trattandosi di una Repubblica semi-presidenziale, Andrzej Duda porrà avvalersi del diritto di veto di fronte alle riforme che i tre partiti vincenti tenteranno di introdurre, smantellando ciò che è stato costruito alacremente durante il periodo “oscurantista” di Kaczynski e Duda, al potere assieme dal 2015. Prevedendo la Costituzione che solamente con i tre quinti del Parlamento sia possibile ribaltare il potere di veto, un Governo Tusk avrà serie difficoltà a trovare una tale maggioranza per contrastare azioni di boicottaggio da parte di Duda; aldilà delle riforme interne invise all’Unione europea sulle quali intervenire, esistono dei timori in merito a tendenze verso una modidica dei processi europei che non solo permettano alla oramai amata/odiata Ukrajna di accedervi, ma che abbandoni il metodo dell’unanimità nel prendere decisioni a livello di Consiglio europeo, meccanica fortemente temuta dalla Polonia euroscettica.

Quale che debbano essere le occasioni in cui il Presidente potrebbe ricorrere al veto di fronte ai tentativi della Coalizione di Opposizione, divenuta Governo, di sovvertire l’impianto posto da Kaczynski e Morawiecki di fronte all’ingerenza europea, sul versante orientale si rischia di non avere alcun significativo cambiamento. Duda, come sottolineato, non ha alcuna intenzione di deviare dall’impianto volto alla fratellanza polacco-ucraina, in chiave anti-russa (più che filo-europea), malgrado i mal di pancia della campagna elettorale; all’orizzonte, quindi, troveremo una convergenza di vedute tra le varie Istituzioni, a meno che il PiS non ritenga di dover rendere conto ai propri concittadini delle promesse evocate nel mettere in primo piano l’interesse nazionale e proteggerli da minacce esterne, quali prodotti agricoli ed i rifugiati di guerra ucraini, nonché gli immigrati del Medioriente dal confine bielorusso.

I would not exaggerate [the seriousness]. This is not the first military situation in the Middle East. We remember that such situations have already happened in recent decades  – Andrzej Duda, 09 ottobre 2023, su Polsat TV

A ben vedere, per concludere, si può affermare che Duda, nel rivolgersi alla stampa all’indomani delle consultazioni, abbia tecnicamente esposto quali fossero i desiderata delle nuove forze parlamentari, senza sbilanciarsi sull’ovvio esito. Nonostante ciò, sembrerebbe invece evidente che la nuova situazione dettata da due coalizioni che hanno un certo scarto di seggi, e che potrebbe determinare un efficace ostruzionismo della nuova opposizione, potrebbe significare per Duda la possibilità di ritagliarsi un vero ruolo da protagonista nel mantenere ciò che è stato costruito nel corso dell’ultimo decennio.

Di Federico M. Urbano, ComeDonChisciotte.org – CDC Geopolitica

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