Dopo oltre una settimana di intense mobilitazioni contro la cosiddetta “legge mineraria”, il presidente Laurentino Cortizo si è visto costretto a fare un mezzo passo indietro e a cercare un compromesso coi manifestanti, annunciando un referendum popolare sulla discussa legge al centro delle proteste. Ma la risposta dei manifestanti è stata chiara: no al referendum, le mobilitazioni continuano fino alla deroga immediata della legge.
Negli ultimi giorni le mobilitazioni sono cresciute in numero e determinazione in tutto il Paese: imponenti le marce che hanno attraversato quotidianamente in particolare la capitale Ciudad de Panama e la città di Santiago de Veraguas. A queste mobilitazioni il governo ha risposto inviando la polizia che ha represso con sempre maggior forza il dissenso nei confronti della legge mineraria e del governo stesso.
La mobilitazione infatti ha travalicato il rifiuto della legge 406 con la quale il governo ha dato in concessione per 20 anni alla multinazionale canadese First Quantum la più grande miniera di rame a cielo aperto dell’America centrale, esprimendo un malcontento generalizzato a causa della corruzione e delle sempre più grandi disuguaglianze sociali vissute dalla maggioranza della popolazione.
Proprio per questo, alle proteste per il rifiuto della legge mineraria con il passare dei giorni si sono unite via via le più diverse organizzazioni sindacali, sociali, ambientaliste, indigene e studentesche. Con il montare della protesta l’Esecutivo guidato dal presidente progressista Laurentino Cortizo si è visto costretto a correre ai ripari e ha annunciato la convocazione di un referendum popolare sulla legge 406 «per legittimare la volontà del popolo». Referendum che ha subito iniziato l’iter burocratico ottenendo l’approvazione, con 5 voti a favore e 4 contrari, della Comisión de Gobierno, Justicia y Asuntos Constitucionales della Asamblea Nacional. Ora, per essere approvato definitivamente dovrà superare la votazione dell’intera Asamblea Nacional.
La mossa del governo non è assolutamente piaciuta ai manifestanti che la ritengono solo un tentativo disperato per continuare a difendere gli interessi delle multinazionali estrattiviste. Su tutte, le parole di fuoco di Saul Méndez, portavoce dell’agguerrito sindacato degli edili SUNTRACS, una delle organizzazioni capofila della protesta: «il referendum è nelle strade, il popolo sta dando un ordine, non deve chiedere a nessuno. Bisogna derogare la legge “vende patria” 406. Il popolo non smetterà di protestare né per il referendum né per la decisione della Corte Suprema [sull’incostituzionalità della stessa legge], ma solo quando il governo derogherà la legge. Il governo è obbligato a farlo, il popolo ha parlato forte e chiaro, se non la derogano continueremo a manifestare nelle strade».
Sulla stessa linea anche il sindacato degli insegnanti ASOPROF che ha anche lanciato uno sciopero generale a tempo indeterminato: «il momento per fare il referendum era prima di firmare la legge. Con la firma della legge il governo ha venduto il Paese e il popolo panamense a un’enclave coloniale. Il popolo sta parlando forte e chiaro nelle strade, sta votando nelle strade ora per la deroga della legge 406. Signor Presidente lei è il responsabile», ha dichiarato il portavoce del sindacato durante una manifestazione di piazza.
L’esecutivo è alle strette, circondato da una fortissima pressione popolare e dai ricorsi di incostituzionalità per la legge 406 presentati da parlamentari e organizzazioni. Proprio sull’incostituzionalità della legge si è espresso anche il Procuratore Generale della Nazione Javier Caraballo, che ha confermato l’incostituzionalità della stessa.
La forza espressa dal popolo panamense in questi giorni sta facendo vacillare il governo di Cortizo. Ma per vincere questa importante battaglia sarà necessario, come ha affermato Saul Méndez, non abbandonare las calles e continuare a manifestare fino alla deroga definitiva.
Foto di copertina: Victor Arosemena