Nella nuova era dell’emergenza perenne il Bel Paese si appresta a concludere le feste di Natale. Bergoglio ha benedetto urbi et orbi la natività con un occhio rivolto al Bambinello e l’altro alla madre terra su cui già crescono centinaia di alberi raddrizzati dall’ecologismo religiosamente corretto. Nelle case si è addobbato l’abete Ogm resistente al cambiamento climatico con le palline sintetiche plastic free e le lucine a risparmio energetico. E mentre alcuni si sono affaticati per la solita corsa ai regali, i più hanno atteso sul divano che glielo consegnasse Amazon, l’angelo del Natale 4.0, con l’annunciazione ufficiale da parte della compagnia della sua assunzione nell’alto del cielo grazie all’avvento di droni volanti.
Le vetrine dei negozi diventano bellissime e si passeggia per le vie delle città fra luminarie e illuminazioni che accendono il mese più buio dell’anno perchè l’uomo, nonostante tutto, non ha mai dimenticato il terrore ancestrale del “sole nero” dell’inverno quando il buio sbrana la luce. Angoscia comune a tutte le mitologie arcaiche il cui patrimonio simbolico è stato assorbito dal Cristianesimo che lo ha rielaborato nella forma delle chiese, ad esempio, orientate a oriente, dove sorge il sole, mentre un gallo su ogni campanile annuncia il primo raggio di luce del giorno. I solstizi ruotano al di sopra di un cielo che si vuole limpido, trasparente, battericamente purificato dalle ombre dei regimi simbolici, in regola con la ragioni della scienza astratta.
E mentre tutti scrutavano la volta notturna in attesa della stella cometa, non c’è chi non abbia tentato di far brillare nuove luci, epifanie ed arcobaleni, come don Vitaliano che ha sostituito Giuseppe con due Madonne nel presepe LGTB a Capocastello, in provincia di Avellino. “Gesù è figlio di due mamme, vedo risplendere la luce del Natale sulle famiglie omosessuali che subiscono critiche e condanne disumane e anti-evangeliche” – spiega il prete, devoto frequentatore del Gay pride, vicino alle Sardine, immigrazionista convinto – “Il disprezzo verso i gay è una pennellata di tenebre che contribuisce a dipingere la notte del nostro tempo”.
Se la nuova figura del presepe sia “genitore uno” o “genitore due” è meglio non precisarlo, sia mai che si offendano anche i numeri, divenuti anche loro progressisti più che progressivi…Intanto, le maestre di una scuola padovana hanno pensato bene di correggere la poesia di Natale sostituendo la parola cucù al nome di Gesù, come forma di rispetto per la classe multietnica ed inclusiva. Proteste dei genitori, titoli sui giornali, ma intanto le insegnanti sono ancora a piede libero a fare danni alla scuola, alla storia, alla cultura.
D’altronde, Cristianesimo, bambini e, soprattutto, padre sono, oggi, temi piuttosto scomodi. L’unico ammesso nelle celebrazioni scolastiche finirà per essere Babbo Natale, il grande vecchio dalla barba bianca, ma solo perchè è un nonno, ha smesso di procreare “inutili inquinatori” e porta una marea di regali.
Tutti i bambini lo aspettano con gli occhi pieni di meraviglia e il dono più prezioso che possono ricevere ogni Natale non è questo o quel giocattolo, ma nutrire con fiabe, miti e leggende il senso del mistero e la potenza del pensiero magico che loro serbano naturalmente in sè. Appendere all’albero archetipi come sfere scintillanti di antichi bagliori è una cosa che non ha prezzo, il suo valore è inestimabile.
Se nell’Ottocento Baudelaire poteva ancora pensare che “il mondo è una foresta di simboli”, il processo di desacralizzazione della modernità ha condotto ad una radicale desertificazione del cosmo con l’abbattimento di tutta la foresta. Ma l’infanzia vive ancora in un’atmosfera piena di echi, dilatazioni e rifrazioni, una fessura attraverso la quale gettare lo sguardo aldilà dell’orizzonte arido della nostra epoca antipoetica
E chi, da adulto, non serba fra i ricordi più indelebili l’attesa della vigilia e la corsa all’albero la mattina del 25 per scoprire se Babbo Natale era passato veramente o ti aveva dimenticato? Per tutta la vita la memoria torna ad aleggiare nei giardini dell’infanzia dove giocavamo felici e andavamo alla scoperta del mondo con le ginocchia sbucciate e gli occhi in cerca di incantesimi. Lì sono le nostre radici, nel bene o nel male.
E proprio i bambini in questi tempi così straordinari sono oggetto di cure speciali. Quest’anno, in particolare, sono stati portati loro dei regali indimenticabili, alcuni sono già stati aperti, altri vengono scartati poco a poco per non rovinare la sorpresa…
E, quindi, buon Natale Indy! Bellissima bambina che ha avuto la colpa di nascere difettata. Come Alfie Evans, 2 anni, soppresso nel 2018 o Charlie Gard, 11 mesi, eliminato nel 2017. Reato di malfunzionamento biologico, vite indegne di essere vissute, sterminio compassionevole per il migliore interesse del piccolo paziente. Uno dopo l’altro, si allunga la catena dell’eutanasia infantile, la strage degli innocenti a norma di legge.
L’uomo nero delle fiabe oggi veste i panni dello Stato, scassina lo spazio privato delle famiglie, rapisce i bambini dalla culla e raddrizza i genitori reticenti, questi delinquenti biologici che vogliono continuare a riprodursi come conigli affidandosi alle leggi aleatorie della natura. Malati, deboli e difettati non ne vogliamo più, pochi ma buoni, anzi, ottimi: laboratori di procreazione artificiale, manipolazione genetica, utero artificiale. Al via la fabbrica della produzione industriale del vivente. A breve si passerà dal mettere le mani nella culla al metterle addosso al corpo delle donne, direttamente alla sorgente della vita. E questo è il regalo più grande che l’umanità abbia mai ricevuto.
E se in Europa la guerra all’infanzia avviene nelle sale sterilizzate degli ospedali senza lasciare tracce, altrove esplode in tutto il suo fragore.
Che bel Natale a Gaza! Anche se non richiesto. Guardate bambini, come brillano i fuochi d’artificio in cielo: che colori, che bagliori e che botti!! Stelle comete, stelle filanti, stelle appuntite, stelle di Davide… ma anche di Yousef, di Anas e di altri 5.000 bambini squartati dalle bombe. Se genocidio deve essere non può che mirare le armi contro i più piccoli per tagliare alle origini il futuro di una etnia. Una carneficina servita sulla tavola imbandita dell’Occidente e di un’Italia che, ormai, divora l’immangiabile e digerisce l’indigeribile. Brindisi finale con i bicchieri di cristallo, petardi di mezzanotte e spumante in cui annegare la Costituzione rinnegando la vocazione alla risoluzione pacifica dei conflitti. Fra canti natalizi e parole di fuoco, a Natale siamo tutti più buoni.
E non piangete bambini, lì in Europa, anche per voi è stato preparato un pacchetto coi fiocchi! Il 25 dicembre arrivano migliaia di bombe digitali: video games, Nintendo, PS5, smartphone, tablet, PC, Tik Tok, Youtube. Tutto sotto l’albero, nonostante gli studi scientifici confermino i danni allo sviluppo dei più piccoli…
Che bello, bambini!! Esplosioni invisibili, silenziose, niente sangue, nessuna maceria: si può giocare tutto il giorno, tutti i giorni, e mamma e papà sono pure contenti che, così, non disturbano, non corrono, non disordinano, non sporcano… Anzi, giocano anche loro, dei veri compagnoni, infantilizzati e rincretiniti!
Che bel regalo anche questo: farla finita una volta per tutte con l’educazione, la severità, i castighi e le punizioni! Non più genitori ma quasi coetanei, complici, amici dei propri figli. Al padre padrone s’è sostituito il padre latitante che ha rinunciato da un pezzo all’autorità. E’ diventato Peter Pan, non sa ancora cosa farà da grande, mentre la madre si è trasformata nella matrigna che rincorre Biancaneve per vestirsi come lei invidiosa della sua giovinezza.
In Occidente i bambini non ci sono più perché i bambini siamo diventati noi, incapaci di reggere gli impegni della vita abbiamo barattato la loro irresponsabilità con la nostra. Una “guerra pulita” con nessuna morte, mentre la “guerra pura” con nessuna nascita è già stata persa da anni, soprattutto in Italia, con il suo tasso di natalità più basso al mondo.
Nelle famiglie sempre più scomposte e divise, i ragazzi crescono in questa perdita generalizzata dei segni di riferimento dell’età. Niente più riti di passaggio così importanti nelle società antiche. Appesi al chiodo anche i segni più esteriori come i pantaloncini corti che i maschietti mettevano anche d’inverno, sotto la neve: ora fa freddo, si ammalano, si sbucciano le ginocchia…anzi, non arrampicatevi sugli alberi che è pericoloso.
Tutti pari dentro un’unica generazione dilatata che infantilizza gli adulti e adultizza i bambini. I bambini non ci sono più, li abbiamo fatti sparire perchè li abbiamo costretti a crescere troppo in fretta rubando loro il tempo inutile dell’infanzia, del gioco, della fantasia, per scaraventarli dentro il tempo utile della performance perenne. Corso di inglese a 3 anni, di musica a 4, di tennis a 5 che sennò non hai più speranze, mentre nel calcio le società li selezionano a 9, o entri o sei un fallito.
Bambini a cui s’insegna che devono vincere, sempre. A scuola, dove ronde di genitori sono pronte ad azzannare il professore che dà brutti voti e non riconosce il talento del pargolo che deve crescere senza frustrazioni, così come sul campo sportivo dove non è più contemplato il gioco libero, ma solo la competizione: il 95% degli agonisti tesserati CONI sono under 14 (e le platee di certi tornei di calcio sono a dir poco infrequentabili, mentre le madri si scatenano nelle chat di classe).
E se a scuola ci sono dei problemi, via coi test sui disturbi dell’attenzione, sulla disgrafia, sulla discalculia, visite neurologiche e psicofarmaci nella psichiatrizzazione di qualsiasi diversità o fragilità che fuoriesca dallo standard omologato del sistema.
Bambini deprivati della cosa più preziosa dell’infanzia: il tempo libero. A scuola per 8 ore al giorno, seguiti da corsi e laboratori vari, perennemente ingabbiati dentro il tempo strutturato, mentre, in parallelo, aumenta progressivamente l’erosione degli spazi pubblici della socialità, delle piazze e dei cortili. D’altronde, anni di politiche neoliberali hanno abbassato gli stipendi obbligando tutte le donne ad entrare in un mondo del lavoro che non tiene minimamente conto delle esigenze famigliari. Senza dimenticare le profezie delle femministe estremiste degli anni Sessanta che dichiaravano che “il modo migliore per ridurre le nascite è mettere tutte le donne al lavoro e far crescere i loro figli da estranee”. Questa comunione di intenti fra neoliberismo e finto femminismo ha fortemente plasmato un modo di vivere che se, in generale, non è a misura umana per gli adulti, diventa disumano nel caso specifico dei più piccoli.
Infatti, anche la Disney trascura sempre più il puritanesimo di un mercato famigliare che sta scomparendo, per dedicarsi a quello della violenza e del sesso con giornate d’incontri gay a Disneyland e con rivisitazioni gender delle fiabe nei cartoni animati.
D’altronde nelle scuole, anche materne, ci sono già i bagni inclusivi e i grembiulini rosa per i maschietti e blu per le femminucce, qualcuno ha scelto il giallo per tutti. E se recentemente la proposta del ministro Valditara di introdurre il corso di educazione all’affettività (meglio se a insegnarlo è una gender) ha suscitato un certo scandalo in una parte dell’opinione pubblica, è solo perchè si ignora che l’educazione sessuale è già entrata nelle classi italiane fin dalle elementari già da alcuni anni grazie alla “buona scuola” di Renzi. Lo ha fatto, come sempre, nel modo più efficace: niente di obbligatorio ufficialmente (che poi la gente protesta) ma, di fatto, ai presidi conviene farlo per scalare la classifica Invalsi, Eurisco, Agnelli, ecc., da cui dipendono i finanziamenti.
In effetti, a 10 anni è ora di conoscere come funziona il mondo…Macchè principessa o principe azzurro, niente grilli per la testa: solo organi!! Il tuo corpo è il mio corpo, non avrai altro corpo all’infuori del mio che è il corpo senz’anima concepito dalla biologia e sezionato dalla medicina. E poi l’educazione sessuale vera gliela fa Sfera Ebbasta, il cantante più ascoltato fra gli 11 e i 16 anni: sesso e droga, in radio e su You Tube h 24. (1)
Nel Natale 4,0 i bambini mandano una mail a Babbo Natale, che le letterine non le legge più nemmeno lui. Ma tanto non sanno più scrivere, il regalo più grande per la generazione Tik Tok: quattro parole, un emoticon e “copia e incolla” all’infinito perchè ci siamo svenduti la scuola.
E se sono diventati asini, niente paura! Anche Pinocchio fu trasformato in un somaro dagli invidiosi che non volevano che rimanesse nel Paese dei balocchi. D’altronde, il sistema sta lavorando duro, ma proprio duro, per la versione moderna della fiaba di Collodi: non più un fantoccio di legno che sogna di diventare un bambino in carne ed ossa ma il sogno ora è di trasformare tutti i bambini in burattini.
Già, perchè ciò che uccide veramente i bambini non è tanto cancellare le loro facoltà cognitive con una scuola in degrado e videogiochi perenni. Il sistema punta molto più in alto: sterilizzare la loro immaginazione perchè è quello che teme più di ogni altra cosa. Sognare mondi differenti e magari, un domani, provare a realizzarli: l’immaginazione è pericolosa perchè è la facoltà del possibile, dell’altro rispetto all’esistente, con tutta la sua carica utopistica e la sua portata critica rispetto all’ordine costituito.
Oggi nessuno legge più le fiabe ai bambini che offrivano valori e modelli di comportamento attraverso eroi che compivano, con sacrificio e coraggio, un grande gesto per sconfiggere il male e fare trionfare il bene. In tutte le culture del mondo le favole hanno il ruolo di trasmettere, da una generazione all’altra, il senso dell’etica e della morale per predisporre i bambini a una vita sociale giusta.
La fiaba, infatti, – così come il mito, il folclore, l’arte popolare e la morfologia delle religioni –non ha nulla di gratuito frutto di fantasticheria solipsistica, ma conserva archetipi millenari appartenenti al patrimonio immaginifico dell’umanità. Propp ha dimostrato, ad esempio, che la struttura narrativa della fiaba coincide con la struttura dei riti di iniziazione incentrati sulla morte e rinascita simbolica, a dimostrazione della sua origine dal mito.
Il nostro orizzonte culturale si è oramai allontanato dai grandi regimi simbolici che, tuttavia, sono profondamente sedimentati nel sottosuolo della cultura e continuano a scorrere attraverso una pluralità di canali sotterranei pronti a riemergere non appena gliene si dia la possibilità. E’ un universo che noi adulti non sappiamo più decifrare mentre i bambini, ancora immersi nel pensiero magico, conoscono istintivamente il suo alfabeto.
Oggi, però, si stanno rubando pezzi di immaginario storicamente predisposti per una sana crescita: l’immaginario dei bambini di tutto il mondo sta diventando un unicum con storie e cartoni animati che puntano solo all’intrattenimento. Sono episodi di banale vita quotidiana dove tutto accade e finisce nella stessa puntata, all’interno di un infinito presente. Sono episodi, non un racconto, non c’è una prospettiva più ampia che aneli a una dimensione eroica di cambiamento, non contengono più l’idea di un’etica di fondo, di un progetto ideologico, religioso e morale. Non sono una fiaba.
“L’immaturità e l’infantilismo sono le categorie più efficaci per definire l’uomo moderno” scriveva Witold Gombrowicz nella prima metà del XIX secolo. Il segno della modernità non è la crescita del progresso umano ma, al contrario, il rifiuto di crescere. E proprio per questo – perchè il gioco è una cosa seria – si fa tabula rasa del tempo perso nell’immaginazione e nel gioco libero e creativo dell’infanzia.
Mentre i falsi adulti, patetiche caricature di bambinoni affetti da egocentrismo, continuano a giocare, senza limiti d’età, a smontare e rimontare il mondo, ad oscurare il sole, a liberare zanzare geneticamente modificate o a creare pupazzi di metallo e robot parlanti, sognando di portare l’umanità intera a vivere dentro il loro mondo in miniatura.
Venditori di divertimenti e gioie effimere ad una civiltà decisamente immatura che passerà, senza nemmeno un dubbio, dal reale al virtuale per esaudire i capricci finali. I satelliti girano sulle nostre teste, mentre gli internauti fluttuano nello spazio intersiderale e gelido di un cosmo disinfettato da miti, simboli e leggende.
A Natale si mette un albero in ogni casa perchè esso è un mediatore fra la terra e il cielo, fra il visibile e l’invisibile, fra l’ordine materiale e l’ordine immateriale, congiungendo i tre piani del sotterraneo, del terrestre, del celeste. L’albero è radicato alla profondità della terra e distende i suoi rami verso il cielo. Trae dal buio del sottosuolo e dalla luce del sole i nutrimenti per vivere e crescere, elaborandoli in segreto e trasformandoli silenziosamente in foglie, fiori e frutti. Rami e radici crescono simultaneamente. Le radici si espandono in tutte le direzioni esplorando l’oscurità del sotterraneo per attingere a tutte le fonti della vita, solo così i rami in alto possono ampliarsi, moltiplicarsi e conquistare nuovi spazi e nuova luce. Anche quando sembra morto nella sua sterilità invernale, l’albero occulta dentro di sè l’impulso vitale verso le sue cicliche rifioriture.
Albert Einstein ha scritto: “Il mistero è la migliore esperienza che possiamo avere, è’ l’emozione fondamentale che veglia la culla della vera arte e della vera scienza”.
Nonostante il mondo si sia ristretto e tutto sia stato appiattito dalla tecnoscienza che tutto illumina sotto il sole della ragione che scioglie e dissolve ogni mistero, per i bambini il Polo Nord rimane un’avventura, un punto cardinale in direzione dell’incantamento. Loro continuano a rimanere a quelle altezze, tra le stelle, nello spazio profondo.
Non fate i bravi, bambini, sennò l’anno prossimo Babbo Natale non vi porta i doni e arriva l’uomo nero…
Sonia Milone
(1)“Hey troia vieni in camera con la tua amica porca. Quale? Quella dell’altra volta. Faccio paura, sono di spiaggia. Vi faccio una doccia, pina colada. Bevila se sei veramente grezza, sputala. Poi leccala leccala. Limonatevi mentre Gordo recca. Gioco a biliardo, con la mia stecca. Solo con le buche, solo con le stupide. Ste puttane da backstage sono luride. Che simpaticone vogliono un cazzo che non ride. Sono scorcia-troie. Siete facili, vi finisco subito…”