Di Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org
I buoni stanno da una parte sola. Ce lo dicono e ce lo fanno capire da sempre: Ahmadreza Djalali, il medico e ricercatore iraniano nato a Sarāb – nella regione dell’Azerbaigian Orientale – ma naturalizzato svedese (1), ben due anni dopo l’inizio della sua detenzione, accusato dal proprio paese di essere una spia israeliana e quindi condannato a morte, per una pena che ancora non è stata eseguita, è un caso conosciuto e sostenuto non solo in Svezia ed in Italia dove Djalali ha lavorato, ma nell’intero Occidente. Da Amnesty International, fino ai principali media: il suo caso è una delle controprove schiaccianti fornite dalla condotta del regime iraniano oppressivo e traditore della libertà e dei diritti umani. E la Svezia, faro democratico dei popoli progrediti, dal profondo nord illumina la giustizia e concede la cittadinanza pretendendo libertà: quindi da circa sei anni, un cittadino europeo nuovo di zecca è detenuto ingiustamente nelle anguste carceri di un mondo musulmano così lontano, oscuro e dittatoriale.
Proprio in quella Svezia multietnica, multiculturale e tollerante che nell’estate 2023 lasciava bruciare Corani in piazza davanti alle Moschee, causa di proteste e sollevazioni nell’intero Medio Oriente, l’attivista iracheno piromane di libri sacri Salwan Momika, si scoprì poi essere legato al Mossad (2).
Una Svezia desiderosa di entrare finalmente nella NATO, almeno questi si dimostrano i piani di chi la vuole nell’Alleanza Atlantica dal prossimo luglio. Il prezzo per il sì vincolante della Turchia è legato a tante cose, tra cui l’approvazione da parte del Congresso di Washington della vendita ad Ankara di jet da combattimento F-16 (3). Mentre “i legislatori statunitensi hanno bloccato la vendita di jet da combattimento F-16 alla Turchia fino a quando questa non avrà firmato l’adesione della Svezia”(4).
Quindi una Stoccolma sì freddissima, come ogni inverno, ma geopoliticamente torrida da anni: l’orizzonte unipolare è a rischio e altre potenze stanno prendendo il largo, tra i nodi gordiani di Kiev e Tel Aviv, mentre il mondo islamico si sta saldando attorno alla tragedia palestinese.
In questa nuova guerra ibrida, ma alquanto solida e sanguinosa, nel silenzio assoluto dei media, adesso entra in scena “il cattivo” della nostra storia (almeno secondo chi l’ha condannato all’ergastolo). Stiamo parlando di una persona che una volta lavorava, come molti altri impiegati, nella prigione Evin di Teheran: Hamid Noury.
E cosa ci fa in Svezia? Fu arrestato, il 9 novembre 2019, appena sceso dall’aereo ben oltre tre anni dopo “il buono” della nostra storia, il connazionale Ahmadreza Djalali, al contrario di Noury, così famoso e mediatizzato.
Secondo la legge vigente, sia i cittadini svedesi che quelli stranieri possono essere processati per crimini contro il diritto internazionale, anche se commessi all’estero. Sembra addirittura che l’ordine di arresto sia arrivato mentre Noury non era ancora in Svezia; una volta atterrato, è stato immediatamente accusato di aver contribuito all’esecuzione di condanne a morte negli anni ’80 contro quelli che l’Occidente oggi considera “i buoni”, ma che per l’Iran sono i terroristi del MEK (Mojahedin del Popolo Iraniano, partito fuori legge per Teheran) che hanno ucciso più di 17.000 iraniani dal 1981, mentre Hamid Noury era solo un impiegato. Il 19 dicembre 2023, una corte di appello ha confermato l’ergastolo: omicidio e gravi crimini contro il diritto internazionale (5).
Nel silenzio generale, davanti alla sua cella non c’è Amnesty International, non ci sono i movimenti dei diritti civili, né i taccuini e le telecamere dei grandi media democratici. D’altronde Noury è condannato non solo dalla giustizia svedese, ma forse anche dall’ostilità di un certo mondo occidentale che, indifferente, diffida: perchè vuole solo rassicuranti e prescelti eroi buoni.
“Questa sentenza ingiusta e oltraggiosa non pone fine agli sforzi diplomatici dell’Iran per rimpatriare e liberare questo cittadino iraniano, e utilizzeremo tutti i mezzi legali e disponibili”, ha detto il portavoce del Ministero degli Esteri Nasser Kanaani, come riporta l’agenzia Reuters, era il giorno di Natale 2023. E poi ci pensa un portavoce del Ministero degli Esteri svedese: “La situazione di Ahmadreza Djalali viene continuamente sollevata dai rappresentanti di alto livello dell’Iran. La Svezia chiede da tempo che la pena di morte non venga eseguita”. Chiosa Amnesty International: “Djalali potrebbe essere messo a morte per rappresaglia dopo che un tribunale svedese ha confermato in appello la condanna all’ergastolo dell’ex dirigente delle prigioni Hamid Noury per il ruolo avuto nel massacro delle carceri del 1988. Si teme che le autorità iraniane stiano tenendo in ostaggio Djalali per indurre la Svezia a uno scambio di prigionieri”.
Da quello che sappiamo, in Iran, gli avvocati di Djalali “il buono” hanno avuto attenzione ed incontri pubblici con i media. In Svezia, gli avvocati del “cattivo” Noury non hanno mai avuto questa opportunità.
E quindi ci sembra giusto dare voce a chi – dalle nostre parti – voce non ne ha. Soprattutto per cercare di uscire dal teatrino della propaganda, dove ci sono sempre e soltanto buoni e cattivi maestri; tentando di superare i pregiudizi e di squarciare quel silenzio assordante che troppo spesso cancella l’Uomo, ad esclusivo vantaggio della ragion di Stato, contro ogni sentimento e senso di giustizia terrena.
Anche per questo, abbiamo contattato – tramite i suoi legali – Hamid Noury: si trova attualmente nel centro di detenzione di Kronoberg, a Stoccolma. Con lui c’è l’avvocato Heybatollah Najandimanesh, anche professore di diritto internazionale presso l’Università Allameh Tabataba’i di Teheran.
- Signor Noury, prima di tutto, come sta?
“Grazie per avermelo chiesto e per aver voluto ascoltare le mie parole. Come dicono le altre persone in modo abituale, sto bene. Sono qui in isolamento. Sono circa quattro anni e due mesi, in un regime molto restrittivo. Ogni momento che passa, per me, significa essere sono soggetto a torture, soprattutto mentali. Voglio dire che c’è una tortura bianca nei miei confronti. Non ci sono ferite sul mio corpo, ma la mia anima e la mia mente sono distrutte. Qui nella mia cella, hanno distrutto la mia documentazione per la difesa: hanno cancellato tutti i files sul mio tablet. Quindi, non sono riuscito a presentare la mia storia alla mia difesa in fase di appello. Mi hanno anche denudato. Lo fanno per insultarmi e disumanizzarmi. In particolare, lo fanno dopo ogni visita. Come minimo, una volta alla settimana. Sono musulmano. Per la mia cultura e religione, non è bene che un uomo o una donna si facciano vedere nudi dagli altri.
Il mio mondo si riassume nella mia reclusione in isolamento. Non ho alcun collegamento con il mondo al di fuori della mia cella. C’è una televisione ma trasmette solo in svedese. Non posso capire nulla. Non posso chiamare i miei familiari. L’ultima volta che ho parlato con mia moglie è stato il 10 novembre 2023. Dopo il mio arresto, avvenuto il 9 novembre 2019, è la prima volta che un giornalista entra in contatto con me e mi chiede informazioni.”
- Signor Noury, come giudica questa sentenza?
“Non ho ancora ricevuto la sentenza nella mia lingua, il farsi. Ho solo ascoltato la sintesi emessa il 19 dicembre dal giudice. Non sono d’accordo. Si tratta di una sentenza motivata politicamente. Il mio processo, sia in tribunale che in appello, è stato una farsa. Per me era evidente che avrebbero confermato il verdetto del giudizio. Non mi è stata data l’opportunità di difendermi. La mia difesa non è potuto essere autentica.”
- Prof. Najandimanesh, come suo avvocato ma anche come giurista di diritto internazionale, come giudica il verdetto del 19 dicembre 2023 contro Hamid Noury?
“Ho letto sia il verdetto del processo che quello dell’appello. Sono affetti da palesi violazioni del diritto sostanziale e procedurale. Innanzitutto, entrambi i tribunali non hanno affrontato le questioni di diritto in modo autentico. I giudici, a mio avviso, non conoscono il diritto internazionale.
Pertanto, hanno frainteso la giurisdizione generale. In secondo luogo, i verdetti non argomentano in modo adeguato per dimostrare le accuse. In terzo luogo, la difesa ha sollevato buoni argomenti per l’abuso del giusto processo. I giudici non hanno affrontato questo aspetto.
In terzo luogo, la difesa ha sollevato buoni argomenti per l’abuso del giusto processo. I giudici non se ne sono occupati.
Chi ha testimoniato ha semplicemente presentato al pubblico ministero i loro ricordi. È molto ingiusto che qualcuno venga condannato solo in base a ciò che affermano i querelanti. Il pubblico ministero ha l’obbligo di svolgere indagini obiettive, complete e imparziali. Forse ha sentito parlare di un processo relativo ad un cittadino ruandese in Svezia. In questo caso, c’era un accordo di assistenza giudiziaria tra i due governi interessati. C’era anche il Tribunale penale internazionale per il Ruanda (ICTR), istituito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Quindi, il tribunale ha indagato sui suoi presunti crimini in Ruanda. La polizia svedese ha utilizzato le conclusioni dell’ICTR. E l’Iran? Non c’era/è alcun accordo di assistenza giudiziaria tra l’Iran e la Svezia. Non c’era un tribunale internazionale per le accuse denunciate in Iran. I procuratori e i tribunali svedesi hanno violato il principio di innocenza.”
- Prof. Najandimanesh, chi è davvero Hamid Noury e perchè si trova in una prigione svedese?
“Hamid Noury è un cittadino iraniano. Negli anni ’80, lavorava come impiegato nella prigione di Evin, a Teheran, in Iran. In seguito, ha lavorato nel settore privato e non ha svolto più alcun impiego pubblico.
È vittima di una situazione politica. È stato invitato a venire in Svezia da un parente. Non sapeva che c’era una trappola pronta per lui. Il procuratore svedese è stato usato impropriamente da alcune persone ricercate dalla polizia iraniana per atti terroristici.
È stato processato ingiustamente e condannato all’ergastolo.
Durante le date considerate dall’accusa, non c’è stato alcun processo in cui il signor Noury potesse essere condannato per violazione dei requisiti del giusto processo. Il signor Noury ha dichiarato che dal 1981 ci sono stati atti terroristici contro il popolo iraniano. La maggior parte di questi terroristi è stata arrestata e processata dai tribunali competenti. Fin dall’inizio, sono stati istituiti dei comitati per la grazia. Il loro mandato era quello di chiedere alle persone condannate, comprese quelle che erano state condannate alla pena di morte, se si fossero pentite del loro passato e se avessero condannato gli atti e i gruppi terroristici. Se accettavano di essere buoni cittadini e di condannare il terrorismo, sarebbero stati graziati anche se condannati alla pena di morte. La difesa del signor Noury ha presentato i verdetti delle persone che sono state condannate a morte, ma che poi sono state graziate. Non vivono più in Iran ma fuori dall’Iran. Alcuni di loro erano anche tra i testimoni dell’accusa. All’epoca, il signor Noury lavorava nel carcere. I denuncianti hanno inventato una storia sulla quale il pubblico ministero non ha indagato. I tribunali hanno anche presunto che il signor Noury fosse un criminale. E ora lui deve dimostrare di essere innocente.”
- Signor Noury, può raccontarci molto brevemente la sua versione dei fatti?
“Sono qui in custodia come ostaggio. Il governo svedese mi ha preso come ostaggio per un iraniano-svedese. Quest’uomo è stato arrestato in Iran per spionaggio. Io sono stato arrestato il 19 novembre 2019. Il procuratore ha ordinato il mandato di arresto l’8 novembre, mentre non mi trovavo nel territorio della Svezia.
Sono stato accusato per i presunti eventi in Iran nel 1988. Sono stato condannato all’ergastolo solo sulla base delle dichiarazioni orali e dei ricordi dei querelanti e dei testimoni che fanno parte del caso. Il pubblico ministero non ha svolto alcuna indagine in Iran.
Il tribunale mi ha condannato perché non esiste un accordo di cooperazione giudiziaria tra l’Iran e la Svezia. Il tribunale deve provare le accuse oltre ogni ragionevole dubbio.
Non c’è nulla che riguardi la Svezia. Alcune persone hanno compiuto atti terroristici negli anni ’80 in Iran. Hanno ucciso circa 17.000 persone iraniane. Appartenevano a un gruppo che è stato definito terrorista da Stati Uniti, Unione Europea, Regno Unito e altri Stati. Alcune di queste persone sono state arrestate e processate dai tribunali competenti iraniani. Il governo svedese sta difendendo dei terroristi. Mentre il governo ha l’obbligo di non ospitare e sostenere i terroristi. Come le ho detto, queste persone non sono state definite terroriste solo dall’Iran, ma a suo tempo anche da Stati Uniti, Unione Europea, Regno Unito e altri.
Le chiedo di fare una ricerca se c’è stato un processo in Iran nel periodo coperto dall’accusa contro di me.
Ho lavorato nel sistema carcerario iraniano negli anni Ottanta. Non ero un giudice. Non ero un pubblico ministero. Non ero un assistente del procuratore. Ora sono qui in isolamento perché la Svezia aveva bisogno di un ostaggio per fare pressione sul governo iraniano.”
- Prof. Najandimanesh, che peso ha la questione politica dell’ostilità occidentale nei confronti dell’Iran e del mondo musulmano nel caso Noury?
“Secondo la mia idea, questo caso è principalmente motivato da ragioni politiche. L’oggetto del caso e le accuse sono di natura politica.”
- Signor Noury, si sente un detenuto politico?
“Il mio caso è iniziato come un caso politico. Continua ad essere un caso politico. E rimarrà politico. Fa parte della campagna politica dell’Occidente contro la Repubblica islamica dell’Iran. Mi dispiace dire che l’Occidente, compresa la Svezia, sta usando il sistema giudiziario come un meccanismo per ottenere guadagni politici. Sacrificano persino la giustizia per ottenere guadagni politici. Se si legge la sentenza del processo sul mio caso, si legge che il caso è stato avviato nel 2010 a Oxford, nel Regno Unito.”
- Signor Noury, come valuta il sistema giudiziario di un Paese ‘democratico’ come la Svezia?
“Credo che la domanda sia sbagliata. Non posso definire la Svezia come un governo libero e democratico. Se lo è, lo è solo per gli svedesi e non per altre persone. Posso dire che è razzista. Anche il contesto lo dimostra. Non credono nella democrazia. La prova migliore è il mio caso. Mi hanno processato nelle condizioni peggiori. Mi hanno condannato solo sulla base delle accuse fatte dai denuncianti. Non hanno rispettato gli impegni presi nella Convenzione europea sui diritti umani. Il mio processo è solo uno show. Loro stessi hanno preparato l’atto d’accusa. Hanno nominato la difesa. Hanno accettato le memorie orali e scritte dei ricorrenti. Hanno ascoltato i testimoni che in linea di principio erano i querelanti. Non mi hanno permesso di testimoniare. Infine, mi hanno condannato. Come lo chiama questo?”
- Prof. Najandimanesh, come giurista, qual è la sua valutazione del sistema giudiziario e penale svedese?
“Alla luce del caso in questione in cui sono stato coinvolto, posso dire che ci sono grandi carenze nel sistema giudiziario e penale svedese. Credo che in questo sistema ci sia una posizione debole per il principio di innocenza. Hanno tenuto il signor Noury in custodia per più di un anno per formulare l’atto d’accusa. È pericoloso se la polizia trattiene le persone in custodia e poi cerca di raccogliere le cosiddette prove contro di loro. Un’altra lacuna è che il sistema non tiene conto dell’effettiva difesa dell’accusato e nemmeno della sua difesa.
Il detenuto non ha contatti con la sua famiglia. Le autorità non rispettano, per il suo caso, gli standard di trattamento con i detenuti.
Comparando la condotta del sistema giudiziario svedese con gli standard adottati nell’ambito della legislazione sui diritti umani, ritengo che, in questo caso, tali standard siano utilizzati solo contro i detenuti. A mio avviso, questi standard vengono utilizzati solo contro i Paesi non occidentali, come mezzo per promuovere la loro politica. Noi avvocati dobbiamo preoccuparci degli standard“.
- Signor Noury, com’è la sua vita quotidiana in carcere?
“Mi trovo in una condizione molto brutta. Ogni mattina mi sveglio e inizio a pensare a come trascorrere la giornata. È di nuovo notte e penso a come dormire fino al mattino. Sono scollegato dal mondo esterno. La mia famiglia è in Iran. È molto costoso e difficile per loro venire qui. Anche se vengono, a volte non hanno il permesso di farmi visita.
In Iran ho i miei nipoti. Ho mia madre. Mi manca tutta la mia famiglia. Non riescono a farmi visita. Ho 62 anni. Ero responsabile e avevo dei doveri nei riguardi della mia famiglia, che dipendeva da me. Mentre scrivo, piango per mia madre.”
- Prof. Najandimanesh, quali saranno le vostre prossime mosse legali?
“C’è un rimedio nazionale: la Corte Suprema svedese. Il signor Noury farà domanda. Spetta al tribunale decidere se concedere il permesso di fare appello.
Esiste anche un rimedio regionale: la Corte europea dei diritti dell’uomo. Ma questa Corte si occupa solo della presunta violazione dell’equo processo.”
- Signor Noury, sappiamo che ci sono mobilitazioni sia in Iran che in Svezia affinché il suo caso venga trattato in modo diverso e rivisto. Ha un messaggio per coloro che stanno cercando di aiutarla?
“Chiedo alle persone di difendere il giusto processo. Non permettete ai governi, compreso quello svedese, di abusare del processo. L’UE deve monitorare il comportamento dei suoi membri. Vede il chiodo nei Paesi lontani, ma non vede il coltello nella mano dei suoi membri.
Ci sono molte informazioni contro di me sul web e su altri media. Questa è l’egemonia dei media. Chiedo ai giornalisti di cercare la verità. Sono il protagonista del processo qui in Svezia, ma nessuno mi chiede nulla. Nessuno mi ascolta. L’unico che non può difendersi da tutte queste propagande è Hamid Noury. Sono vittima di un processo ingiusto in un Paese che è un importante membro dell’UE.”
- Prof. Najandimanesh, in sintesi, perché un cittadino svedese – ed europeo – dovrebbe interessarsi al caso di Hamid Noury?
“È molto importante che tutti si preoccupino della giustizia. Ma questo non deve essere un pretesto per violare i diritti umani. Tutti noi sosteniamo il diritto di difesa di chiunque si dichiari vittima di una violazione dei diritti umani. Dobbiamo rispettarlo secondo gli standard della legge sui diritti umani. I cittadini svedesi ed europei devono vigilare sui valori e sugli standard adottati nella Convenzione europea sui diritti umani e nelle altre norme. Se non controllano e non custodiscono questi valori, saranno loro stessi le prossime vittime. Il signor Noury è una vittima dell’abuso del giusto processo. Tutti i cittadini interessati devono impegnarsi. Non dico che il signor Noury non debba essere processato. Voglio solo dire – e lo scriva a caratteri cubitali – che il suo processo DEVE ESSERE IMPARZIALE.”
- Signor Noury, la sua situazione sembra molto legata alla carenza di informazione: tanta, troppa gente non conosce il suo caso. Cosa vuol dire al popolo svedese e, più in generale, ai popoli europei e perché dovrebbero interessarsi a un detenuto come lei?
“Chiedo loro di ascoltarmi. Di non giudicarmi. Chiedo loro di rivedere il mio processo come persone ragionevoli. Non c’è stato un processo equo per me.
Voglio chiedere agli svedesi e ai cittadini europei: state pagando le vostre tasse al governo per sostenere il terrorismo? Per violare i requisiti di un processo equo?
Il mio messaggio è: Sono vittima di accuse inventate e di propaganda politica. Sono una persona colpevole perché amo il mio Paese e il mio Stato.
Mi aspetto che il giornalista indipendente venga ad ascoltarmi. Non discriminatemi.”
—
Di Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org
15.01.2024
Jacopo Brogi, Autore e documentarista; freelance United Photo Press. “La realtà ha bisogno di più testimoni. Per mostrarla e per cambiarla.”
NOTE
(2) = https://en.irna.ir/news/85180920/Iran-releases-documents-about-Salwan-Momika-s-links-to-Zionist
(3) = https://tass.com/world/1729551
(5) = https://www.reuters.com/world/swedish-court-upholds-guilty-verdict-iran-executions-case-2023-12-19/