«Viviamo in una società fragile, il cui equilibrio finirebbe in pezzi se solo, ad esempio, si eliminassero di colpo i telefoni, la fornitura di elettricità e quella di carburante; al contrario le comunità la cui sussistenza è basata sulla natura continuerebbero a vivere lo stesso. A renderci così precari è proprio l’allontanamento dalla terra».
Pierre Rabhi
«Io appartengo all’umanità che ha trasformato il globo terrestre in un oggetto e ne fa quello che vuole. La Terra, intesa come luogo ma anche come terreno, materia terrestre, non risponde subito alla devastazione che ne facciamo, e che ci sentiamo liberi di fare. Privata della sua proprietà, non ha avvocati, non ha difese, ma la capacità di emettere una condanna. A lungo andare ci punirà per quello che le abbiamo fatto, emetterà un verdetto, definitivo forse, comunque sia inappellabile».
Michelangelo Pistoletto
Queste sono alcune delle dichiarazioni tra le molte significative che Paolo Pileri riporta nel suo interessante e circostanziato libro L’intelligenza del suolo edito da Altra economia, dove spiega in maniera chiara e con dati molto precisi, perché violentare il suolo è un crimine nei confronti dell’umanità tutta.
Una delle poche voci sensate che si levò nel coro di assurdità e falsità durante l’alluvione che si verificò lo scorso marzo in Emilia Romagna, fu proprio quella di Paolo Pileri, professore ordinario di pianificazione e progettazione urbanistica al politecnico di Milano, che riportò tutto alla ragione dicendo sostanzialmente che cementificare e più non posso in una delle aree più fragili e inadeguate da questo punto di vista, non può che inevitabilmente portare disastri.
Altro che UFO, castori, alberi nell’alveo dei fiumi e roba simile.
Quel suolo che per rigenerarsi impiega tempi lunghissimi se asfaltato e cementificato, che muore irrimediabilmente e di cui perdiamo risorse vitali per noi tutti. Un suolo la cui importanza è colpevolmente sconosciuta non solo ai politici ma anche a chiunque ci voglia lucrare per i suoi interessi, fregandosene altamente dei disastri devastanti provocati e quindi del futuro delle prossime generazioni, le quali, private di un suolo sano e fertile, faranno fatica a digerire asfalto e cemento per cercare di sfamarsi.
Un’analisi critica, tagliente quella di Pileri, che non lascia spazio alle scuse o ai compromessi in una situazione già molto compromessa, dove l’azione dovrebbe essere immediata e invece la politica fa esattamente il contrario di quello che si dovrebbe fare urgentemente per fermare il disastro.
Sembra incredibile, ma più la situazione è disastrosa e più si continua imperterriti e in maniera diabolicamente pervicace a fare danni.
Purtroppo è ben difficile agire di fronte alla logica della crescita infinita in un mondo alle risorse finite, dove costruire, cementificare, asfaltare è sinonimo di progresso, di civiltà e non si vede all’orizzonte nessun passo indietro, nessun rallentamento, perché ogni Comune, ogni città vuole costruire, asfaltare all’impazzata, pure se abbiamo milioni di alloggi ed edifici vuoti, pure se abbiamo autostrade deserte. Città che non fanno del loro territorio una ricchezza ma si illudono di fare la ricchezza con la distruzione del territorio stesso, così come cita giustamente Pileri: «Ci illudiamo di essere più forti e invincibili perché abbiamo inventato la città e la tecnologia e così continuiamo a sviluppare incessantemente l’una e l’altra, ma in verità siamo diventati stranieri sulla Terra e non c’è da lamentarsi se la terra si rivolta, cerca di svegliarsi, di farci aprire gli occhi, di dirci che non c’è un pianeta B».
La proposta di Pileri è semplice e pratica: «Tutti vorrebbero una ricetta precisa, un rimedio pratico, veloce, indolore. Magari una tecnologia, visto che oggi tutto viene risolto con la bacchetta magica di un telefonino. Qui no. Qui non ci sono tecnologie e rimedi magici. Qui l’unica risposta siamo noi. Innanzitutto il nostro modo di pensare il suolo e la natura; il nostro modo di intendere e di fare politica. Per me la più convincente delle risposte è fatta da tre parole-manifesto: passione, conoscenza, cura».
Passione, conoscenza, cura che sono praticamente sconosciute ai decisori che seguono purtroppo altri tre parole manifesto: soldi, potere e tornaconto personale. Ecco perché o ci pensano le persone a cui sta veramente a cuore di salvaguardare il territorio e quindi il proprio futuro o siamo spacciati.
E la soluzione è proprio ritornare ad abitare il territorio nella sua accezione più ampia, così da cercare di difenderlo per davvero da speculatori, piromani e cementificatori.
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Facciamo un passo nella direzione di un cambio di paradigma! Partecipa anche tu agli incontri ad Alba Verde!
Sabato 27 gennaio dalle ore 15.00 alle ore 18.00
E’ possibile cambiare vita e lavoro?
Quali paure e difficoltà da affrontare
Servono davvero tanti soldi per farlo?
Esempi pratici di chi ce l’ha fatta
Relatore Paolo Ermani
Incontro a offerta libera e consapevole
Luogo dell’incontro: Alba Verde, Località Montebamboli 25/a, Massa Marittima (Grosseto)
Coordinate: 43.067328,10.793177
Tel 0566/216207
Per partecipare è necessario scrivere alla mail info@paea.it
Previa accordo è possibile organizzare attività per eventuali bambini/e al seguito delle famiglie.