In ricordo di Vincenzo Ruggiero

di Gioacchino Toni

In occasione della recente scomparsa di Vincenzo Ruggiero è doveroso tributargli un ricordo su “Carmilla online”. Chi scrive ha conosciuto e frequentato Vincenzo a Londra nei primi anni Novanta mantenendo nel tempo con lui un rapporto di amicizia. Signorile nei modi come, a volte, soltanto chi è di origini sottoproletarie sa essere, Vincenzo amava intrattenersi con le persone più diverse e farle incontrare tra loro. Frequentarlo significava imbattersi in intellettuali radicali così come in devianti dalla retta via refrattari ad accettare il presente e il futuro loro riservato da questo mondo, oppure in artisti, attori o musicisti fuori moda per scelta o condannati ad esserlo o, ancora, in chi si trovava, a distanza di tempo, a dover fare i conti con un passato turbolento. A cena con lui facilmente tutta questa umanità si mescolava tra le nuvole di fumo delle sue, tante, Nazionali o Gauloises rigorosamente senza filtro. Da lui si imparava soprattutto a infrangere i pregiudizi ed a guardare le cose e le persone da altri punti di vista rispetto a quelli spacciati come unici dal buonsenso comune e dagli accademici accomodanti e riappacificati con il mondo.

Vincenzo Ruggiero rientra sicuramente tra gli studiosi di spicco della sociologia e della criminologia critica contemporanea. A lui si devono imprescindibili studi sulle devianze e sugli aspetti criminali del potere. Autore di una produzione saggistica davvero sterminata, basti osservare l’elenco dei suoi principali lavori riportati dal sito della Middlesex University di Londra ove, oltre a dirigere il Crime and Conflict Research Centre, ha insegnato Sociologia occupandosi in particolare di sistemi penali, violenza politica, movimenti sociali, crimine, conflitto e controllo.

In Vincenzo è difficile distinguere l’intervento accademico da quello militante. Egli è stato tra gli animatori di “Senza Galere” e di “Controinformazione”, insieme ad Ermanno Gallo, ed occuparsi di carcere e carcerazione – non solo politica – su posizioni abolizioniste non è mai stato facile in questo paese. A ricordarlo è lui stesso in un intervento in cui rendeva omaggio allo scomparso Primo Morioni: «Occuparsi di carcere negli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo era come pronunciare una sorta di auto-denuncia; il carcere veniva considerato il luogo per eccellenza nel quale la “sovversione” doveva essere annientata, ma simultaneamente il luogo dove la stessa sovversione poteva divulgarsi. I comitati per la difesa dei detenuti politici venivano presi di mira dagli inquirenti e dai mass media in quanto “agenti esterni e interni” della lotta armata, organismi di trasmissione del dissenso e della rivolta tra militanti in custodia e complici o simpatizzanti in libertà». Così Vincenzo ha elencato ciò che secondo lui (e il sodale Primo) costituiva e costituisce l’universo carcerario:

il carcere è una fabbrica che produce criminalità, una sorta di scuola di avviamento al lavoro extra-legale; il carcere non è rivolto ai detenuti, ma a coloro che esigono continue rassicurazioni in merito all’esemplarità della propria condotta; il carcere è il tributo pagato da chi non riesce a dimostrare che la sua condotta è meno dannosa di quella di coloro che lo condannano; il carcere non è altro che un periodo di riposo violento, una forma di cassa integrazione degradante e non pagata, per chi viene espulso dal ciclo dell’economia criminale in quanto “esuberante”; il carcere, in periodi e sistemi di piena occupazione, seleziona forza lavoro coatta, alla quale affida le mansioni più avvilenti e faticose; è carcere produttivo (si vedano i gulag sovietici); il carcere, in periodi di esuberanza di lavoro, assume funzione distruttiva, deve eliminare il surplus di energie disposte ad occuparsi: è carcere improduttivo che sa soltanto annientare; il carcere, quando inflitto ai minori, è una forma di nonnismo sociale erogato a chi deve “pagare” per diventare come la maggioranza degli adulti; il carcere, quando inflitto alle donne, è un avvertimento affinché non diventino come gli uomini; il carcere, quando inflitto agli stranieri, è un monito rivolto a tutte le persone socialmente vulnerabili: non crediate di poter commettere reati senza possedere status, protettori, alleati e complici nel mondo ufficiale; il carcere traduce in sofferenza la nozione volgare di scambio e commercio: il creditore si appropria del corpo e della mente del debitore, che è incapace di farsi commerciante; il carcere non intende risocializzare, ma soltanto vendicarsi, producendo handicap psico-fisici; il carcere serve ad abbassare le aspettative sociali di chi lo subisce: una volta in libertà, gli ex detenuti accetteranno qualsiasi occupazione e retribuzione; il carcere è l’estensione del mercato del lavoro sommerso, destinato a chi si trova suo malgrado in una “porta girevole” che lo conduce periodicamente dal lavoro mal retribuito al lavoro semi-legittimo, da qui al lavoro extra-legale e, appunto, alla detenzione; il carcere, in quanto crea opportunità di lavoro, è un contributo, una tassa, estorta da chi altrimenti sfuggirebbe al computo fiscale; il carcere eroga servizi in condizione coercitiva a chi quei servizi non ha ricevuto in libertà; il carcere è un deposito di esseri umani, un concentrato di problemi creati da chi non è in grado di risolverli; il carcere è parte dell’industria della sicurezza, troppo remunerativa per concepirne l’abolizione1.

Su “Carmilla online” è stato dato spazio  diverse volte alle analisi da lui prodotte, a partire dal suo articolo I rifugiati politici italiani in Francia, concepito originariamente per un pubblico non italiano, per una rivista di sociologia critica del diritto2 circolante nelle maggiori università del mondo,  tradotto e pubblicato in italiano sulla rivista “Vis-à-vis. Quaderni per l’autonomia di classe” nel 1994 e riproposto da “Carmilla online” nel 20043. Si tratta di un pezzo riguardante l’enormità della situazione dei rifugiati politici in Francia nota in questo paese soprattutto tra i meno giovani militanti della sinistra e pressoché sconosciuta all’estero. L’intenzione dell’autore è stata perciò quella di documentare una storia e denunciare una condizione di cui pochi erano a conoscenza.

Di seguito si riprendono, in ordine meramente cronologico, gli scritti che su “Carmilla online” si sono occupati di alcuni dei suoi tanti libri.

Dopo una serie di conferenze e articoli in cui Ruggiero ha fatto ricorso a testi letterari e artistici al fine di spiegare determinati concetti sociologici, e dopo aver guardato alle stampe di Giovan Battista Piranesi, alle sue “prigioni della mente”, per spiegare l’essenza immateriale del carcere contemporaneo, e ad alcuni scritti di Daniel Defoe per ragionare sulla differenza tra “affari appropriati” e “affari non appropriati” e sulla “legittimità morale” degli affari, lo studioso ha deciso di selezionare alcuni classici della letteratura per ragionare sulle principali questioni concernenti criminalità e controllo sociale, nella convinzione che l’immaginazione letteraria possa davvero fornire contenuti essenziali all’argomentazione razionale.

È da tale convincimento che nasce Crimini dell’immaginazione. Devianza e letteratura (Il Saggiatore, 2005), originale testo in cui alcuni classici della letteratura – di Fëdor Dostoevskij, Albert Camus, Miguel de Cervantes, John Gay, Bertold Brecht, Charles Baudelaire, Jack London, Émile Zola, James Baldwin, Richard Wright, Herman Melville, Thomas Mann, Mark Twain, Victor Hugo, Octave Mirbeau e Alessandro Manzoni – vengono letti sociologicamente, con la convinzione che la finzione possa essere più importante della sociologia, in quanto «la finzione possiede la parola e la parola conquista le idee»4.

Nel volume La violenza politica (Laterza, 2006) l’autore si è invece soffermato sul rapporto tra violenza istituzionale (dall’alto) e violenza anti-istituzionale (dal basso) partendo dagli strumenti concettuali della criminologia, polemizzando con le omissioni di comodo di numerosi studiosi a proposito della “violenza politica”. Ad essere qua affrontate sono le diverse varianti di violenza istituzionale ed anti-istituzionale e le teorie e le definizioni specifiche delle diverse epoche5.

All’inizio del 2023, intervenendo sullo sciopero della fame portato avanti dall’anarchico Alfredo Cospito condannato a forme di reclusione disumane, proprio per non limitare la questione alla sproporzione tra i reati di cui era stato accusato ed a denunciare l’accanimento politico nei suoi confronti, a chi scrive è sembrato utile invitare a una generale riflessione critica sulle concezioni dei delitti e delle pene che sono alla base dei sistemi penali contemporanei riprendendo il volume di Vincenzo Ruggiero, Il delitto, la legge, la pena. La contro-idea abolizionista (Edizioni Gruppo Abele, 2011) recensito su “Carmilla online” una decina di anni prima6.

Nel passare in rassegna, attraverso un approccio abolizionista, a patire dai classici, le concezioni dei delitti e delle pene che sono alla base dei sistemi penali moderni, Vincenzo non si è limitato a realizzare una sorta di distaccata rassegna delle riflessioni che storicamente hanno affrontato la funzione e la filosofia della pena ma ha voluto affrontare la questione con un orientamento critico alternativo al pensiero unico repressivo. Il pensiero abolizionista a cui ha inteso rifarsi emerge così, pagina dopo pagina, oltre che in tutta la sua potenza anche nella sua indispensabilità, soprattutto in un paese in cui, negli ultimi decenni, non di rado, anche quello che si pretendeva “pensiero critico”, evitando accuratamente di farsi coinvolgere in questioni concernenti la giustizia sociale, è parso appiattirsi nell’evocazione di legge ed ordine come soluzione di tutti i mali senza mai porsi il problema di riflettere seriamente sul delitto, sulla legge e sulla pena.

Con Perché i potenti delinquono (Feltrinelli, 2015) Vincenzo ha voluto introdurre all’analisi dello statuto criminale del potere a partire dall’esempio di come i momenti di crisi economica vengano presentati come situazioni eccezionali che richiedono deroghe alle regole ordinarie al fine di ristabilire la normalità allo stesso modo di come i paesi democratici, paladini dei diritti umani, si permettono di interrompere il rispetto di tali diritti, sempre grazie al fine ultimo di ristabilire le condizioni ordinarie. Dunque, la tendenza dei potenti ad arrogarsi il diritto di trasgredire, ignorare, riscrivere le regole, forti della logica che vuole che i loro interessi coincidano con gli interessi dell’intera comunità.

L’approccio proposto da Vincenzo ha voluto capovolgere l’idea di deficit, cara alla criminologia, che tende a leggere gli eventi criminali come atti derivanti da una mancanza di socializzazione, di famiglia, di risorse ecc. Se ciò può essere vero in molti casi, ha sostenuto lo studioso, di certo non lo è per quegli individui, o gruppi sociali, che commettono reati pur essendo ben inseriti socialmente con ambiti familiari funzionanti e disponendo di cospicue risorse. In questo testo, forte del suo approccio legato alla criminologia critica o radicale in cui ci si interessa più del danno sociale che non della definizione ufficiale di criminalità, Vincenzo non si è limitato a guardare soltanto ai fatti ufficialmente giudicati come criminali, ma ha voluto prestare attenzione anche a quei comportamenti che sono socialmente dannosi pur non essendo considerati criminali. In coda alla recensione di questo volume pubblicata su “Carmilla online” il 28 ottobre 2015, l’autore ha risposto anche ad alcune domande che gli sono sottoposte a proposito di tali questioni7.

Le riflessioni proposte da Vincenzo nel libro Violenza politica. Visioni e immaginari (DeriveApprodi, 2021) aiutano a comprendere meglio le dinamiche di alcune forme di rivolta urbana, che ormai da tempo si susseguo su scala internazionale e caratterizzate, al di là dell’elemento scatenante – che può essere l’ennesimo episodio di violenza poliziesca nelle periferie delle grandi città, una pratica di gentrificazione selvaggia nelle metropoli o di distruzione dell’ambiente ecc. – da una logica economica che non esita a soffocare ed eliminare tutto ciò che rallenta il suo cammino. Secondo l’autore, l’analisi della violenza – condotta attraverso prospettive derivate dalla criminologia, dalla teoria sociale, dalle scienze politiche, dalla critica del diritto, dalla letteratura e, più in generale, dalle opere di finzione –, può contribuire a spiegare la formazione e la distribuzione sociale del potere nel corso del tempo. Nell’analizzare la violenza sistemica e istituzionale, i comportamenti delle folle, i tumulti, le sommosse e le rivolte, il terrorismo e la guerra, lo studioso scorge nella violenza politica, oltre che l’origine di alcuni dei pericoli che attraversano la contemporaneità, un potenziale di emancipazione e liberazione8.


  1. Vincenzo Ruggiero, Perché la pena?, in Archivio Primo Moroni, pubblicato originariamente sulla rivista “Come”, 2007.  

  2. “Crime, Law and Social Change”, Vol. 19, n. 1, 1993  

  3. Vincenzo Ruggiero, I rifugiati politici italiani in Francia, in “Carmilla online”, 10 Marzo 2004.  

  4. Vincenzo Ruggiero, Crimini dell’immaginazione. Devianza e letteratura, Il Saggiatore, Milano 2005. Gioacchino Toni, Vincenzo Ruggiero: Devianza e letteratura 1/2, in “Carmilla online”, 24 dicembre 2006 e Gioacchino Toni, Vincenzo Ruggiero: Devianza e letteratura 2/2, in “Carmilla online”, 26 dicembre 2006.  

  5. Vincenzo Ruggiero, La violenza politica, Laterza, 2006. Gioacchino Toni, Vincenzo Ruggiero: Il sogno di Prometeo e l’ignobile carneficina. Un inno agli antieroi, in “Carmilla online”, 14 Settembre 2006.  

  6. Vincenzo Ruggiero, Il delitto, la legge, la pena. La contro-idea abolizionista, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2011. Gioacchino Toni, Vincenzo Ruggiero, Il delitto, la legge, la pena, in “Carmilla online”, 6 gennaio 2012.  

  7. Vincenzo Ruggiero, Perché i potenti delinquono, Feltrinelli, Roma 2015. Gioacchino Toni, L’essenza criminale del potere. V. Ruggiero, Perché i potenti delinquono. Recensione e intervista all’autore, in “Carmilla-online”, 28 ottobre 2015.  

  8. Vincenzo Ruggiero, Violenza politica. Visioni e immaginari, DeriveApprodi, Roma 2021. Gioacchino Toni, Leggere le rivolte metropolitane, in “Carmilla online”, 16 febbraio 2021.  

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