Il 27 gennaio ha avuto luogo a Sherbooks Festival la presentazione di Per una politica della dignità – femminismi, migrazioni e colonialità in America Latina (Capovolte), con l’autrice e antropologa Laura Fano Morrissey che ha dialogato con Francesca A. Vianello (docente di Sociologia del diritto, della devianza e del mutamento sociale presso l’Università di Padova) e Maryuri Gonzalez (Adl Cobas).
L’autrice, che ha partecipato a vari progetti di cooperazione e ricerca in America Latina, ha elencato i vari spunti che hanno dato vita al libro, tra i quali un corso di CLACSO (Consejo Latinoamericano de Ciencias Sociales) su politiche pubbliche e giustizia di genere.
Ogni capitolo inizia con una canzone, tra le quali Somos Sur, della rapper cileno-francese Ana Tijoux e in collaborazione con la rapper palestinese Shadia Mansour. I vari capitoli si concentrano su una serie di aspetti tipici dell’America Latina, come l’estrattivismo, il concetto di corpo-territorio, fino alla situazione delle lavoratrici domestiche latinoamericane in Italia come fenomeno della colonialità che si installa nelle nostre case. Il filo conduttore di tutti i capitoli è il tema della cura, che il femminismo ha iniziato a studiare e togliere dal solo spazio domestico.
Un aspetto evidenziato dalla sindacalista venezuelana Maryuri Gonzalez, sono le contraddizioni degli ultimi decenni che si sono instaurate nei processi politici latinoamericani: cosa è “più giusto”, tra restare all’opposizione e portare i propri leader negli spazi di governo? Di fatto, la comune volontà di opporsi all’imperialismo non è stata sufficiente a mantenere una linea comune che fosse di internità ai movimenti sociali. Lo scollamento tra situazione ideale e reale è evidente anche nell’approccio alla tematica dell’estrattivismo e della devastazione dell’ambiente, che nessun governo “progressista” è riuscito a fermare. Emblematico in questo senso è l’esito della nazionalizzazione del petrolio di Chavez nel 2002: i cittadini venezuelani si sono trovati in coda per giorni per fare rifornimento, scaldarsi e mangiare, in un Paese alle prese con la difficoltà ad accedere all’istruzione e alla salute. Sottrarre il reddito petrolifero alle concessioni internazionali è un compito arduo; tuttavia, questa criticità non elimina il problema ambientale.
L’estrattivismo si collega a sua volta al concetto di corpo-territorio: nei confronti delle popolazioni indigene che tentano di resistere alla devastazione è in atto un processo di violenta repressione che per certi versi rimanda al colonialismo storico. Vi è poi una relazione con la tematica femminista, in quanto è possibile riscontrare un impatto differenziato sulla base del genere e una nuova patriarcalizzazione della società. Il tentativo di Fano è quello di applicare il concetto di corpo-territorio alle lavoratrici domestiche, in particolar modo latinoamericane, in Italia.
Come ricordato da Francesca Vianello, docente UNIPD dedita allo studio delle migrazioni femminili, metà del personale impiegato nel lavoro di cura è impiegato irregolarmente: si tratta per la grande maggior parte di donne migranti. Si evidenzia una componente crescente di donne provenienti dall’Africa, soprattutto subsahariana. Riconoscendo ai femminismi latinoamericani il merito di aver enfatizzato la centralità del lavoro di cura all’interno delle società, sia latinoamericane sia nelle società di destinazione dei fenomeni migratori, Vianello cita le lavoratrici domestiche del collettivo madrileno “Territorio Domestico” coordinato da Raffaella Pimentellera, migrante dominicana arrivata in Spagna tra gli anni ’80 e ’90. Questo collettivo è riuscito in un’impresa complicata come sviluppare un attivismo politico sindacale in cui le lavoratrici domestiche sono protagoniste, mettendo in campo la propria soggettività.
Questo successo, di fondamentale importanza per le lavoratrici domestiche e tutte le lavoratrici migranti, è stato possibile poiché si sono create le condizioni affinché queste organizzazioni avessero luogo: come ammesso dalla stessa Gonzalez, spesso sono gli stessi sindacati a non cogliere appieno le esigenze specifiche del lavoro di cura, come la necessità di rompere la solitudine tipica di queste lavoratrici e di far conoscere una realtà sicura di lavoro domestico.