Il corteo contro la presenza della premier a Pordenone l’8 marzo è indetto da decine di realtà territoriali. La partenza è prevista alle 14 da P.tta Cavour. Di seguito l’appello e la lista delle adesioni.
8 marzo 2024, giornata simbolo della lotta per i diritti di genere e della lotta transfemminista, la premier Giorgia Meloni si recherà a Pordenone per la firma dei Fondi di Sviluppo e Coesione (FSC) 2021 – 2027, con la presenza del Ministro per gli Affari europei, politiche di coesione e PNNR Raffaele Fitto e del Ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani.
Una firma che sancirà lo stanziamento di centinaia di milioni di euro che saranno finalizzati, secondo la stessa presentazione del “Fondo di sviluppo e coesione (FSC) e i Piani per lo sviluppo e la coesione (PSC), per “politiche per lo sviluppo e la coesione economica, sociale e territoriale e la rimozione degli squilibri economici e sociali”.
Ma di quale sviluppo parlano? Che tipo di coesione economica sociale e territoriale?
L’8 marzo è la giornata simbolo della lotta ai patriarcati, delle lotte dei generi contro una visione dicotomica della specie umana che sopprime le diversità dall’omologazione del genere maschile.
La Prima Ministra viene a firmare degli accordi per l’erogazione di ingenti risorse economiche con nomi altisonanti e rassicuranti. Troppo spesso statali, europei e le stesse politiche di gestione del bene pubblico hanno dimostrato come la “rimozione degli squilibri economici e sociali” siano solo un miraggio, e la realtà della provincia di Pordenone ne è un ottimo, per quanto non isolato, esempio.
Per questo LOTTO marzo ci saremo anche noi, collettivi transfemministi, donne, soggettività queer e trans, comitati ambientali e abitanti di queste terre. Saremo nelle piazze e nelle vie per ribadire che sui nostri corpi e sui territori che attraversiamo possiamo decidere solo noi.
Come rete dei collettivi del Friuli Venezia Giulia, denunciamo scelte politiche di sostegno esclusivo per donne etero cis bianche, e ipocriti supporti a famiglie binarie ed etero.
Ci è ben chiaro quale sia il mondo che Meloni e i suoi vorrebbero e stanno cercando di plasmare; il governo infatti promuove una politica del bonus a sostituzione dei diritti e del welfare. Decidendo così di supportare solo il 10% della popolazione invece che tutt3 noi. In effetti, chi può usufruire dei bonus e degli sgravi fiscali del governo sono le “mamme lavoratrici”: solo donne che hanno 2, 3, 4 figl3 e che lavorano a tempo indeterminato. In questo modo il governo supporta solo coloro che hanno già il privilegio di un lavoro indeterminato. Lasciando così senza alcun tipo di supporto economico coloro che hanno bisogno di un aiuto concreto. Questo attacco al lavoro produttivo peggiora anche le condizioni in cui viene svolto quello riproduttivo, salariato e non. L’assenza di welfare fa sì che una madre su 5 sia costretta a lasciare il posto di lavoro dopo il primo figlio, non riuscendo a conciliare ritmi familiari e lavorativi. Inoltre, questa politica vuole rendere indissolubile il binomio donna/madre inserendolo nell’ottica capitalista in cui deve produrre non solo figli3, ma anche capitale. Alle persone con un utero viene richiesto di fare figl3, come se fosse l’aspirazione massima a cui ambire.
Subiamo continui attacchi dal governo Meloni (e non solo) per il mero riconoscimento delle famiglie arcobaleno. Una piccola vittoria è stata ottenuta a Padova dove, dopo le politiche omolesbobitransfobiche del governo, il Tribunale ha respinto i ricorsi della Procura, che aveva richiesto di cancellare una delle due madri dai certificati di nascita di oltre 30 bambin3. Questi diritti di base devono essere garantiti e sicuramente non accetteremo la discriminazione di Stato istituzionalizzata. Anche Udine, per la prima volta quest’anno, il comune ha iscritto all’anagrafe un bambino con due mamme. Le famiglie queer devono essere riconosciute nella piena eguaglianza delle famiglie cosiddette “tradizionali”, i tempi di adozione per famiglie queer diminuiti. Non ci fermeremo davanti alle ombre oscure di omolesbobitransfobia che questo governo prova a propinarci.
È sotto gli occhi di tutt3 lo smantellamento del Servizio Sanitario Pubblico a vantaggio dei privati, basti ricordare, lo scorso autunno, la chiusura del reparto di ostetricia e ginecologia di San vito al Tagliamento, la cui ultima primaria ha aperto una clinica privata il giorno dopo la chiusura del reparto. Ricordiamo che negli anni precedenti sono stati chiusi i reparti di ostetricia e ginecologia di Latisana, ridimensionati nei reparti anche Spilimbergo e Maniago. L’azienda sanitaria universitaria del Friuli Occidentale (ASU FC) ci offre un ospedale civile oberato e sotto organico, dove i servizi materno infantili sono sempre più centralizzati, e vasti territori lasciati scoperti dalla medicina territoriale. I presidi ospedalieri esistenti non riescono ad assorbire le richieste, soltanto tra il 2020 il 2022 ci sono state 1530 dimissioni volontarie, la cronica carenza di personale infermieristico, e socio sanitario dimostrano come la privatizzazione di un servizio pubblico essenziale sia stata una precisa volontà politica e non una necessità. Eppure la firma di Meloni a Pordenone è volta a “politiche per lo sviluppo e la coesione economica, sociale e territoriale e la rimozione degli squilibri economici e sociali”.
LOTTO marzo ribadiremo la mancanza di fondi ai Consultori, ai Centri AntiViolenza e alla Case Rifugio che dovrebbero permettere luoghi sicuri per tutte le soggettività. Subiamo continui attacchi dal governo Meloni (e non solo) all’Interruzione Volontaria di Gravidanza, alla libera scelta delle persone con utero e all’autodeterminazione delle persone trans e queer in ambito sanitario. La difficoltà ad accedere alla legge 194, anche a causa degli obiettori di coscienza, è inaccettabile; é nostro diritto avere aborti liberi, gratuiti e sicuri e questo diritto non permetteremo che ci venga tolto. A Trieste i Consultori vengono dimezzati dall’Azienda Sanitaria, mentre la nostra rabbia raddoppia. Troviamo grande incoerenza in queste decisioni politiche in quanto secondo la stessa Missione 6 salute del PNRR il Ministero si impegna a provvedere un Consultorio ogni 100.000 abitanti. Eppure, in una città burattino delle politiche governative nazionali questi diritti vengono distrutti.
Nello stesso capoluogo il polo d’eccellenza per il trattamento dei processi di transizione delle persone transgenere, Centro Specializzato Disforia di Genere, è stato obbligato ad inizio anno a sospendere gli interventi, con liste d’attesa per operazioni chirurgiche già bloccate da anni. Il Consiglio regionale è in grado di offrire solo inutili “rassicurazioni” sul funzionamento dei servizi nonostante i fatti reali dimostrino altro. Questo fatto è l’ennesimo esempio della continua legittimazione della transfobia da parte delle istituzioni, l’importanza della salute della comunità è in contrasto con la direzione che la regione intende prendere a dispetto delle nostre reali esigenze.
Le continue notizie dei femminicidi in Friuli e in tutta Italia sono la dimostrazione che la società patriarcale nella quale viviamo viene sostenuta dalle istituzioni che continuano ad alimentare la violenza sistematica e strutturale sui nostri corpi. Con questo governo i fondi per la prevenzione alla violenza contro le donne sono stati ridotti del 70% (da 17 milioni a 5 milioni). Questi fondi necessari per scardinare tutte quelle norme e comportamenti che producono violenza, vengono invece ridirezionati a misure di repressione a violenza avvenuta. Si pensi al caso di Giulia Cecchettin e alla troppa risonanza lasciata in mano alla figura del suo assassino, figlio sano del patriarcato. La rabbia dell’ennesimo lutto di un’altra sorella ci ha portato ad ondate nelle piazze friulane dove abbiamo gridato insieme perché volevamo che Giulia fosse l’ultima perdita. Il gruppo di CasaPound di Udine, che ha nell’inverno 2023 aperto una sede permanente, ha imbrattato le nostre strade giustificando l’assassino di Giulia. Ci siamo ritrovat3 a denunciare questi eventi ricevendo come risposta l’assordante silenzio delle istituzioni.
Continueremo a richiedere con tutta la voce che abbiamo in gola un’educazione sessuale e affettiva centrata sul consenso e il rispetto. Ci posizioniamo contro le politiche regionali che negli ultimi anni finanziano progetti sulla prevenzione della violenza di genere, come l’opuscolo “anti-stupro” del Comune di Cividale all3 student3, il cui unico scopo è di alimentare la vittimizzazione secondaria: fa sentire le donne e i corpi socializzati al femminile colpevoli nel momento in cui si abbigliano in un qualsiasi modo o camminano per strada. Denunciamo l’ostruzionismo becero sulle carriere alias, vogliamo vedere tutt3 l3 student3 liber3 di mostrarsi nelle loro diverse espressività e supprotiamo l3 student3 nella richiesta di una formazione sulle questioni di genere nelle scuole. Vogliamo un’educazione all’affettività e alla sessualità basata sul consenso e il rispetto e che includa tutti gli orientamenti sessuali.
I riflettori puntati sulla città di Pordenone dovranno denunciare i reali problemi che affliggono le vite delle persone che abitano e vivono il territorio del Friuli-Venezia Giulia. Infatti la lista continua con i problemi ecologici. Denunciamo scelte politiche “pro-vita”, in contrasto paradossale con la sistematica distruzione degli ambienti in cui la vita di tutte le specie deve poter crescere e svilupparsi.
Come collettivi femministi, transfemministi e ambientalisti conosciamo bene la violenza ambientale. Il biocidio e la devastazione ambientale è una delle espressioni della violenza patriarcale contro i corpi delle donne e delle soggettività LGBT*QIA, degli animali non umani, della terra.
Una violenza sistematica, che si fonda in tutti gli ambiti del vivere su logiche di proprietà e sfruttamento del capitalismo estrattivista e del patriarcato in cui i corpi oppressi di animali umani e non e la terra sono al contempo “femminilizzati” e “naturalizzati”. Si sfrutta la terra per soddisfare la crescente domanda di consumo indotta, riproducendo l’idea che lo sviluppo corrisponda alla crescita economica. Una violenza che invisibilizza e criminalizza le lotte per la difesa delle risorse (terra, acqua, aria, boschi,…), per il diritto alla libertà e all’autodeterminazione sui nostri corpi.
Non possiamo non vedere come in diverse parti del mondo si stiano affermando governi reazionari e autoritari che promuovono politiche di dominio sui corpi e sull’ambiente considerati risorse sfruttabili e a disposizione. Allo stesso tempo, non possiamo non vedere come le donne, le soggettività queer e trans e le comunità native siano ovunque in prima fila nella resistenza contro lo sfruttamento neoliberale delle risorse; dalle attiviste Mapuche e Guaranì in america del sud, alle mamme della Terra dei Fuochi a quelle NoPfas, No TAP e NO TAV. Un altro esempio lo troviamo in Rojava, una bioregione del Curdistan occidentale (Nord Siria), dove le donne hanno dato inizio ad un progetto di vita in comune, femminista, ecologista, autodeterminato, bioregionalista, resistente, solidale, aperto. Le donne e le soggettività queer e trans si impegnano ovunque nella sperimentazione di nuove forme di autodeterminazione e autogestione dei territori, di condivisione del lavoro di cura e di riproduzione, di un modello di vita sostenibile e alternativo al modello capitalista antropocentrico e androcentrico.
Una regione come la nostra da sempre ricca di risorse è inginocchiata davanti ai continui progetti di devastazione ambientale che vengono imposti sulle comunità, opere che comprometterebbero il territorio per sempre, peggiorando la salute di tutt3 e permettendo il profitto di pochi. Opere diverse ma accomunate dal supporto incondizionato della politica e delle istituzioni.
Stiamo parlando dell’abbattimento dei tigli dell’ex fiera di Pordenone, dell’inceneritore della Bioman a Maniago e di quello Kronospan a San Vito al Tagliamento. Ma la lista potrebbe continuare a lungo ricordando la colata di cemento prevista dall’autostrada Cimpello Gemona e dalle dighe sul Tagliamento con le annesse casse di espansione, per la quale si erano mobilitate, già diversi anni orsono, le popolazioni locali esprimendo il loro rifiuto a tali opere.
Spostandosi più lontano non si può non ricordare il progetto della Siot e delle sue centrali a gas dalla Carnia al mare Adriatico; o della insensata ovovia a Trieste e delle future piste da sci e infrastrutture condannate da inverni senza neve.
Questo cercando di riassumere solo le future opere, tralasciando quelle già compiute e quelle fortunatamente bloccate dalla popolazione, come l’inceneritore di EcoEridania e l’acciaieria della Danieli. La splendida laguna di Grado, infatti, è stata salvata dalla depredazione capitalistica con le lotte dal basso delle persone che con coraggio e grande preparazione hanno vinto una battaglia contro un colosso dell’acciaio.
Quando parliamo di acciaio il riferimento non può non andare agli oltre 70 conflitti nel pianeta per lo sfruttamento delle risorse naturali. Portiamo forte la lotta per una Palestina libera. Del Genocidio, questo massacro sistematico su base etnica, il nostro governo è complice e carnefice. Infatti, non solo l’Italia ha continuato a vendere armi all’entità sionista dopo il 7 ottobre, ma ha recentemente accettato di essere a guida del comando operativo della missione militare Asfides nel Mar Rosso. Il ruolo dell’Italia è quindi di garantire che il profitto delle rotte commerciali marittime rimanga intatto, supportando il genocidio palestinese.
’8 marzo le lotte transfemministe e ambientali del Friuli Venezia Giulia si uniscono e colgono l’occasione per ribadire la nostra ferma opposizione alla violenza patriarcale, allo sfruttamento dei corpi di tutte le specie e dei territori, al militarismo e alle guerre. Non ci fermeremo, saranno le piazze a difendere la sanità pubblica, il diritto alla salute e all’autodeterminazione, mentre i politici si arroccano nei loro palazzi per distruggere quella stessa rete sociale ed ambientale che proteggiamo, protetti dagli scudi e dai manganelli.
Ci vediamo nelle strade! Tutt3 in P.tta Cavour, 8 marzo, ore 14!
Rete delle lotte transfemministe e ambientali del Friuli Venezia Giulia